di Luciano Mondellini
Il mercato automobilistico italiano potrebbe chiudere il 2020 con un crollo delle immatricolazioni del 60% rispetto all’anno scorso. Con una ricaduta che potrebbe essere fatale per molti concessionari. Questi i punti su cui si è focalizzata la lettera che Adolfo De Stefani Cosentino, il presidente di Federauto (Federazione Italiana Concessionari Auto), ha inviato ieri al presidente del Consiglio Giuseppe Conte con la richiesta di alcune modifiche sostanziali al decreto Cura Italia. L’obiettivo è supportare le concessionarie nel periodo critico di blocco dell’attività.
Considerando che nei primi mesi di quest’anno le immatricolazioni di nuove auto in Italia sono calate del 7% (a 319 mila vetture) rispetto allo stesso periodo del 2019, ciò significa non solo che, come è facile prevedere, Federauto si attende un marzo da tregenda sul fronte delle immatricolazioni, ma anche che il resto dell’anno non riuscirà nemmeno a mitigare l’impatto del coronavirus sul settore automobilistico italiano. In questo quadro il primo punto fermo di questo bollettino di guerra si avrà il prossimo 1° aprile, quando il ministero delle Infrasttrutture e Trasporti pubblicherà i dati sulle vendite di marzo, risultato che quasi certamente farà segnare un record negativo per il mercato italiano. Per dare un’idea di quanto grave potrebbe essere la situazione si pensi al crollo verificatosi in Cina a febbraio, nel mese in cui il coronavirus ha picchiato più forte sulla Repubblica Popolare. Le immatricolazioni sono crollate dell’80% in quello che è considerato il maggior mercato automobilistico al mondo. Le vendite globali di auto, nonostante la popolazione in forte aumento nei paesi in via di sviluppo, non sono cresciute secondo le stime fatte dai produttori asiatici compresi i giapponesi. Di qui quindi la richiesta di Federauto di aiutare il settore automotive nella gestione del personale, nel recupero di liquidità delle imprese e nell’organizzazione degli stock di veicoli che oltre a creare un immobilizzo patrimoniale pongono necessità finanziarie. (riproduzione riservata)
Fonte: