Anche la previdenza si attrezza in vista dell’uscita definitiva del Regno Unito dall’Ue dopo la fine del periodo di transizione. Ecco tutti gli effetti
di Carlo Giuro

Tra i diversi impatti che la Brexit produrrà c’è anche quello sul sistema previdenziale. Il 30 gennaio si è conclusa la procedura di ratifica dell’Accordo di recesso del Regno Unito dall’Ue e si è aperto un periodo di transizione fino al 31 dicembre 2020 (salvo un’eventuale proroga) durante il quale la normativa europea continuerà ad applicarsi al Regno Unito come se quest’ultimo fosse ancora uno Stato membro. Partendo dalla previdenza di base l’Inps con una recente circolare ha chiarito come nell’ambito di prestazioni pensionistiche, famigliari, di disoccupazione, malattia, maternità e paternità, legislazione applicabile, distacchi di lavoratori all’estero e recuperi di contributi, sono garantiti i benefici dovuti per periodi fino al 31 dicembre 2020, sia nel caso di domande presentate prima di tale data e in corso di trattazione, che successivamente, se riferite a situazioni che si sono verificate prima di tale data. Al fine di garantire il proseguimento dell’attività amministrativa, per lo scambio di informazioni con il Regno Unito, continuano a essere utilizzate le attuali modalità, con particolare riferimento al sistema elettronico di dati sulla sicurezza sociale (Electronic Exchange of Social Security Information). Per quel che riguarda i fondi pensione, così come spiega il Mef, non troveranno applicazione le disposizioni che erano contenute nel decreto dello scorso 25 marzo che aveva predisposto il quadro in caso di hard Brexit, vale a dire le misure transitorie nazionali per garantire la continuità operativa di intermediari e mercati anche in caso di recesso del Regno Unito in assenza di accordo. Sul fronte del settore della previdenza complementare, in base a quanto ora previsto nell’accordo tra Ue e Regno Unito per i servizi bancari, finanziari e assicurativi, è prorogato di diritto l’attuale regime di mutuo riconoscimento delle autorizzazioni e del sistema di vigilanza (il cosiddetto regime di passaporto) ed è assicurata la continuità operativa e dei rapporti tra infrastrutture dei mercati finanziari (di trading e post-trading), intermediari e clienti da e verso il Regno Unito, nonché la tutela di depositanti e investitori. Al termine del periodo di transizione se nel frattempo non saranno stati raggiunti accordi differenti con l’Ue, alle entità del Regno Unito che dovessero operare nel territorio dell’Unione e, quindi, anche in Italia, si applicherà la normativa relativa ai soggetti di Paesi terzi. Analogamente, in assenza di accordi differenti, alle entità della Ue che dovessero operare nel Regno Unito verrà prevista la normativa che disciplina l’operatività extra-Ue. Una decisione circa una possibile proroga del periodo di transizione dovrà essere assunta congiuntamente dall’Unione europea e dal Regno Unito entro il 30 giugno prossimo. (riproduzione riservata)

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