Per la Cassazione chi sta sul mezzo deve essere sempre in grado di ridurre i rischi
Pedone indisciplinato? L’autista risponde lo stesso
di Ilaria Li Vigni
Chi guida un veicolo deve prevedere anche comportamenti indisciplinati dei pedoni ed essere in grado di annullarne le conseguenze, salvo ovviamente casi estremi. Lo ha affermato la Corte di cassazione penale sez. IV, con sentenza n. 52071, depositata il 30 dicembre 2019, che sopraggiunge mentre è ancora vasta la eco sulle responsabilità per la morte delle due giovani, investite a Roma alla fine del 2019.
Anche in questo caso trattasi di un investimento di pedoni che stavano occupando la strada in modo irregolare. La Corte, in particolare, era stata chiamata a decidere su un caso in cui un automobilista aveva investito mortalmente un pedone che camminava, in ore serali, lungo una strada extraurbana piuttosto stretta, sprovvista di marciapiede e illuminazione, e, quindi, con visibilità molto limitata, accanto a un’altra persona e nello stesso senso di marcia dell’autovettura, anziché in fila e sul lato opposto della carreggiata come stabilito dall’articolo 190 Codice della strada. Ha ritenuto, tuttavia, che il comportamento imprudente del pedone non sia stata la sola causa dell’incidente, in quanto l’evento poteva essere evitato adottando una guida accorta, confermando la correttezza della condanna per omicidio colposo.
La Corte ha, infatti, ribadito il concetto di «obbligo di attenzione», cui sono tenuti tutti gli utenti della strada, che si sostanzia, essenzialmente, in tre punti:
1. obbligo di ispezionare la strada dove si procede o che si sta per impegnare;
2. obbligo di mantenere un costante controllo del veicolo in rapporto alle condizioni della strada e del traffico;
3. obbligo di prevedere tutte le situazioni che la comune esperienza comprende, in modo da non costituire intralcio o pericolo per gli altri utenti della strada, in particolare per i pedoni.
Si tratta – si legge in sentenza – «di obblighi comportamentali posti a carico del conducente anche per la prevenzione di eventuali comportamenti irregolari dello stesso pedone, vuoi genericamente imprudenti (tipico il caso del pedone che si attarda nell’attraversamento, quando il semaforo, divenuto verde, ormai consente la marcia degli automobilisti), vuoi in violazione degli obblighi comportamentali specifici, dettati dall’art. 190 del Codice della strada».
La sentenza chiarisce, inoltre, che per considerare non colpevole un automobilista che investe un pedone «occorre che la condotta del pedone si configuri, per i suoi caratteri, una vera e propria causa eccezionale, atipica, non prevista né prevedibile, che sia stata da sola a produrre l’evento». Ovvero quando «il conducente del veicolo investitore (nella cui condotta non sia ovviamente ravvisabile alcun profilo di colpa, vuoi generica vuoi specifica) si sia trovato, per motivi estranei a ogni suo obbligo di diligenza, nella oggettiva impossibilità di “avvistare” il pedone e di osservarne, comunque, tempestivamente i movimenti, attuati in modo rapido, inatteso, imprevedibile».
In relazione all’attenuante speciale, introdotta dalla legge 41/2016 per i casi di concorso di colpa – il cui effetto è una diminuzione fino alla metà della pena – la Cassazione ne ha escluso l’applicabilità ai fatti precedenti al 25 marzo 2016, compiendo il seguente ragionamento.
La nuova diminuente è riferita al reato di omicidio stradale, ovvero una fattispecie autonoma di reato e non più, come in passato, un’aggravante dell’omicidio colposo. La precedente e la nuova normativa – in presenza di una violazione «generica» del Codice della strada – prevedevano la medesima pena, ovvero la reclusione da 2 a 7 anni. Tuttavia, la disciplina previgente è da ritenersi più favorevole, dato che non operava alcun «blocco» delle attenuanti, e il giudice, in virtù della regola generale sul bilanciamento delle circostanze, stabilita dall’articolo 69 cp, poteva applicare la pena «base» prevista per il reato di omicidio colposo, che nel minimo è di sei mesi. Questo il motivo del rigetto: la nuova attenuante è il «frutto di una scelta di politica criminale volta a temperare il più rigoroso trattamento sanzionatorio della novella che ha introdotto le norme in tema di omicidio stradale».
Importante ricordare, infatti, che l’articolo 590-quater cp, oggi, vieta la concessione delle attenuanti in regime di equivalenza o prevalenza rispetto alle aggravanti dell’omicidio stradale e delle lesioni stradali, e che la diminuzione per il concorso di colpa comunque opera sulla pena prevista per la fattispecie aggravata.
Ciò significa – tradotto in termini aritmetici – che, in caso di guida sotto l’effetto di alcol o droghe che ha determinato la morte di un utente della strada, il concorso di colpa non potrà comunque far scendere la pena sotto sei anni di carcere, cui si aggiunge la revoca della patente, con divieto di ottenerla nuovamente prima che siano decorsi almeno 15 anni.
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