Parla Molesini, ad di Fideuram: finché i tassi restano ai livelli attuali, l’azionario continuerà ad andare bene. E come dice Buffett, non bisogna mai stare a bordo campo ad aspettare
di Andrea Cabrini
Fideuram chiude l’anno con uno sprint nella raccolta (a ottobre +1,5 miliardi), e si prepara al 2020 con un focus sui mercati privati, sul ritorno dei pir e sulla internazionalizzazione. Alla fine di un altro mese record per le borse, Paolo Molesini ad di Fideuram, Intesa Sanpaolo Private Banking e presidente di Assoreti, ha analizzato con Class Cnbc i trend emersi nel risparmio in questi ultimi mesi e anticipato le sue strategie per il prossimo anno.
Domanda. Molesini, le Borse macinano un record al giorno. Voi vi fidate o avete iniziato a frenare sulle azioni?
Risposta. Non abbiamo ridotto i rischi. Continuiamo a navigare a vista, ma finché i tassi restano su questi livelli sono un enorme contributo per tutto il mercato azionario. Perché se non ci sono delle vere alternative di investimento l’equity rimane la cosa più conveniente.
D. Però in pochi si fidano a entrare sui massimi. E il prossimo anno l’agenda politica è delicata: dal voto negli Usa alla Brexit.
R. Ci sono sempre dei momenti topici, e ci sarà sempre una buona scusa per non investire. Ma da sempre, chi non ha investito ha perso. Come dice Warren Buffett, entrare e uscire dai mercati, o stare ad aspettare ai bordi del campo è il peggior errore dell’investitore.
D. Regole d’oro. Ma come fare i conti con i tassi negativi, che spiazzano gli investitori?
R. È vero. Questo mercato disorienta il nostro cliente. La parte portante di un portafoglio, la parte obbligazionaria, ormai non rende più nulla. Cambiare strutturalmente le asset allocation necessita tempo, ma quello che vediamo in questo momento è un ritorno importante sul risparmio gestito e questo è molto positivo. Noi abbiamo raccolto oltre 7 miliardi e la chiusura dell’anno è addirittura migliore rispetto alle previsioni.
D. Intanto nei portafogli cresce la liquidità. Quali sono le alternative?
R. Abbiamo lanciato un prodotto sui mercati privati che sta dando buone soddisfazioni. Però ci vorrà tempo prima di girare grandi quantità di denaro. È normale che quando entrano delle nuove somme importanti rimangano liquide, e noi stessi le vogliamo tenere liquide e investire con una certa prudenza.
D. Quali sono pro e contro di investire sui mercati privati? A chi lo consigliate?
R. I vantaggi sono che rendono sensibilmente di più. Lo svantaggio è che il prodotto non è liquido. Quando dico sensibilmente di più vuol dire tra il 10 e un po’ meno del 20 per cento. Poco liquido vuol dire che per 8-10 anni l’investimento non può essere liquidato. Chiaramente quindi bisogna fare attenzione di venderlo solo su una porzione del portafoglio, in modo che il cliente possa sempre disporre dell’altra parte. La novità su questo prodotto è che può essere utilizzato come collaterale del finanziamento.
D. Ma è un prodotto solo per super ricchi ?
R. Bisogna avere qualche risparmio. Ma 15 anni fa lo compravano gli Agnelli. Oggi lo compra il farmacista.
D. Resterà nel 2020 uno dei vostri cavalli di battaglia?
R. Lo rimarrà fino al 2030.
D. Come vedete i nuovi Pir. Dopo lo stop dello scorso anno credete davvero che potrà ripartire la raccolta?
R. Secondo me sì. Se ritorniamo alle ipotesi originarie abbiamo visto che il Pir è uno strumento ideale per aiutare i clienti ad allungare l’orizzonte temporale. Credo che avremo delle grandi soddisfazioni noi, ma soprattutto i nostri clienti.
D. Dopo tanti piani e tante parole, il 2020 sarà l’anno delle fusioni nell’industria del risparmio ?
R. Io credo che il consolidamento debba avvenire perché ormai operatori che gestiscono meno di 10 miliardi fanno fatica. Poi noi siamo un business di persone, e mettere d’accordo le persone è spesso una cosa complicata. Però dovrà avvenire.
D. E voi come volete giocare questa partita?
R. Per quanto ci riguarda da inizio anno siamo cresciuti di 26 miliardi. Sono le dimensioni di una banca media. Da parte dei clienti si avverte il bisogno di andare verso gli operatori più importanti, ed è naturale. Intanto, però, noi stiamo guardando soprattutto all’estero. Abbiamo avuto l’autorizzazione poche settimane fa per la nostra filiale in Argentina, dove abbiamo all’incirca un 1% di quota. Che per essere appena arrivati è un risultato molto importante. Facciamo leva sulla comunità italiana che lì è molto significativa.
D. E dopo l’Argentina?
R. Stiamo iniziando a lavorare con il Middle East. È un mercato molto più complesso, dove ci sono pochi clienti, ma straordinariamente importanti, e c’è un grande amore per il nostro Paese.
D. Infine che piani avete per il recruiting il prossimo anno ?
R. Il nostro vero prodotto è il tempo delle nostre persone. Continuiamo e continueremo a investire in formazione sulle nostre persone perché più li informiamo più sono in grado di offrire un prodotto qualificato al nostro cliente. Questa settimana in Cattolica abbiamo certificato 400 banker.
D. Ma è vero che avete ripreso un po’ tutti a strapparvi di mano a tutti i costi i migliori consulenti ?
R. Non direi. Purtroppo c’è un elemento inevitabile: le reti fanno molta fatica a prendere persone che partono da zero. Per forza di cose siamo costretti a prendere dal mercato. (riproduzione riservata)
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