di Luca Gualtieri
Come molti indizi suggerivano, una parte della quota Unicredit in Mediobanca è finita a Leonardo Del Vecchio. Comprando dal accelerated bookbuilding sull’8,4% di Piazzetta Cuccia, Delfin (attraverso Natixis) è balzata dal 7,5% a una soglia molto vicina al 10%. Una mossa che conferma le ipotesi della vigilia: in deal di questo genere infatti il valore delle azioni incorpora solitamente uno sconto attorno al 5-6% per tenere conto del rischio di prezzo, mentre nel caso di Unicredit lo sconto è stato appena del 2% a 10,57 euro. Segno che le banche collocatrici avrebbero già avuto in mano un pesante pre-impegno di acquisto. Il restante 6% del capitale sarebbe finito almeno temporaneamente a istituzionali esteri tra cui BlackRock, Norges Bank, Ubs e Morgan Stanley che avrebbero acquisito piccoli pacchetti dal valore di tre/quattro milioni di euro a testa. Anche perché Delfin o soggetti ultimately owned da Delfin non potranno comunque superare il 10% senza il via libera preliminare della Bce. Se Del Vecchio abbia già presentato regolare richiesta a Francoforte o meno resta un segreto ben custodito sul quale Consob non si è peritata finora di fare chiarezza. Certo è che, con gli ultimi acquisti, il presidente esecutivo di EssilorLuxottica è diventato di gran lunga il primo azionista di Mediobanca davanti a Vincent Bollorè (6,73%, quota destinata ad assottigliarsi ulteriormente), BlackRock (4,98%) e Mediolanum (3,28%). Un peso specifico che gli permetterebbe già oggi di condizionare la vita sociale della merchant, a fronte dello sfaldamento dell’accordo di consultazione siglato alla fine dello scorso anno. Al patto light infatti, oltre a Unicredit, partecipavano tutti i soci riuniti nel vecchio patto di sindacato, con le eccezioni della Financiere du Perguet di Bolloré e della Italmobiliare della famiglia Pesenti, che hanno dato disdetta nel 2018. Ma questa fragile barriera non esiste più. Se insomma già oggi Del Vecchio è il perno della governance di Piazzetta Cuccia, per serrare ulteriormente la presa potrebbe salire verso il 20% o forse perfino oltre mantenendosi comunque al di sotto della soglia di opa. Del resto, chi potrebbe fermarlo? In linea teorica Mediobanca potrebbe costruire un’operazione straordinaria in chiave difensiva (ad esempio, suggerisce un analista, una fusione con Mediolanum) ma, con un robusto pacchetto di azioni in mano, Del Vecchio potrebbe bloccarla in assemblea. Oltretutto per qualsiasi investitore una controscalata rischierebbe di rivelarsi molto costosa: basti pensare che, dal blitz di metà settembre, il titolo ha guadagnato oltre il 15% portandosi ai massimi degli ultimi dieci anni. E il rally potrebbe continuare. Resta da capire se altre grandi banche italiane accetteranno un profondo rimescolamento degli equilibri sull’asse MediobancaGenerali o se, spinte da considerazioni di natura industriale e istituzionale, sceglieranno di uscire allo scoperto. (riproduzione riservata)
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