In un contesto in cui proliferano obbligazioni con rendimenti negativi e le banche centrali inondano il mercato di liquidità, le azioni che remunerano con generosità gli azionisti appaiono un’isola felice. I titoli che offrono oltre il 4%
di Roberta Castellarin e Paola Valentini

Il colosso bancario Intesa Sanpaolo offre oggi un rendimento grazie alla cedola (dividend yield) dell’8%. Un ritorno di circa nove volte quello del Btp decennale, che attualmente frutta lo 0,91%. Certo, investire in azioni comporta dei rischi. Ma in un mondo alla rovescia inondato da anni di liquidità, con abbondanza di titoli obbligazionari investment grade che offrono rendimenti negativi a chi ci mette i risparmi, la parola d’ordine sui mercati è Tina, ossia «There is no alternative» (Non c’è alternativa), come spiega qui sotto Vafa Ahmadi, Head of Global Thematic Equities di Crp Am (Amundi). D’altronde gli investitori si trovano messi all’angolo. Le banche centrali fanno loro concorrenza nell’acquisto dei bond ad alto rating, facendo precipitare i rendimenti, costringendoli a guardare alla parte più rischiosa dei mercati obbligazionari per avere un ritorno positivo. Come quella dell’high yield. Ma con il rischio di trovarsi i titoli di una società zombie in portafoglio. Così vengono infatti definite, in gergo finanziario, quelle aziende che avrebbero fatto default in tempi normali di politica monetaria, ma restano in piedi grazie alla generosità delle banche centrali. La caccia al rendimento ad ogni costo comporta quindi molti rischi. Come ha ricordato anche di recente il Fondo monetario internazionale.
In questo contesto, proprio alle cedole di Piazza Affari si può guardare per trovare un ritorno interessante. Certo, la stagione della distribuzione dei dividendi a valere sui bilanci 2019 si aprirà nella primavera 2020 ed è quindi ancora lontana. Ma già da ora si può prendere posizione anche perché alcune hanno annunciato e magari già pagato l’acconto. A partire da Eni, che il 25 settembre ha pagato agli azionisti 0,43 euro per azione, la metà dell’obiettivo già previsto di 0,86 euro per l’intero 2019, in aumento rispetto agli 0,83 euro sui conti 2018 (quando il primo acconto era stato di 0,42 euro), in linea con l’impegno del gruppo per una politica di remunerazione progressiva legata alla crescita degli utili e del flusso di cassa disponibile. Un importo che si traduce in un dividend yield (ovvero il rendimento del dividendo dato dal rapporto tra cedola unitaria attesa per il 2019 e il prezzo attuale del titolo) del 6,1%.
Si tratta di un risultato reso possibile dai conti. Nei nove mesi del 2019 il colosso petrolifero guidato dall’ad Claudio Descalzi ha avuto un calo dell’utile netto (-45% a 2,03 miliardi) ma con un flusso di cassa in crescita (9,4 miliardi, +5%) capace di finanziare il dividendo 2019. Assieme a Eni le società per le quali l’acconto è ormai una prassi consolidata comprendono anche Banca Mediolanum , Snam e Terna , che solitamente lo pagano tra novembre e gennaio. Anche Enel lo darà a inizio 2020. Una pattuglia che quest’anno si è ampliata con due new entry di rilievo: Piaggio e Poste. La casa motociclistica di Pontedera ha dato per la prima volta l’interim della cedola, sulla scorta di conti in netto miglioramento. Il gruppo guidato dall’ad e presidente Roberto Colaninno ha chiuso il primo semestre con un utile netto in crescita del 29,6% a 34,6 milioni. Per seguire le scelte delle «altre società internazionali del settore due ruote, anche con l’obiettivo di ottimizzare la gestione dei flussi di cassa considerata la stagionalità del business, il cda del gruppo ha approvato un importo sul dividendo ordinario 2019 di 5,5 centesimi di euro per azione», ha spiegato la società, che a sua volta ha pagato questo importo il 25 settembre, lo stesso giorno di Eni. Il dividend yield totale di Piaggio è del 4,1%.
Dal canto suo Poste (dividend yield del 4,2%) ha chiuso il semestre con un utile netto in aumento del 3,9% a 763 milioni e ricavi a 5,521 miliardi, +1,7%, battendo le attese degli analisti. «Al fine di allinearci alle migliori pratiche di mercato, abbiamo deciso di riconoscere un acconto sul dividendo», ha spiegato l’ad del gruppo, Matteo Del Fante. L’importo (di cui ancora non è stato reso noto l’ammontare) sarà pagato il 20 novembre prossimo, con data stacco il 18 novembre 2019.
Ma scorrendo la classifica elaborata da MF-Milano Finanza (sulla base dei dati Factset sul consenso degli analisti) ci sono titoli che ai prezzi attuali rendono oltre il 9%. È il caso di Banca Farmafactoring (9,5%), la cui politica finora si è dimostrata generosa verso gli azionisti. Nel 2018 la società attiva nel factoring dei crediti verso la pubblica amministrazione ha distribuito il 100% dell’utile dell’anno. E nel piano industriale al 2023 la banca guidata dall’ad Emanuele Belingheri ha confermato «l’obiettivo di autofinanziare la crescita e di girare agli azionisti il capitale in eccesso oltre il 15% del total capital». Sempre nel comparto delle banche, si conferma appunto al top di rendimento Intesa Sanpaolo , che supera l’8%. Anche per l’istituto guidato dal ceo Carlo Messina una solida e sostenibile creazione e distribuzione di valore restano una priorità. L’utile netto dei primi sei mesi, pari a 2,26 miliardi di euro (+4%), è il miglior risultato dal 2008. Per il 2019 «confermiamo, allo stesso tempo, un pay out (quota dell’utile distribuito, ndr) dell’80% e siamo pertanto in linea con l’impegno di premiare i nostri azionisti con un significativo dividendo», ha affermato Messina. Per il 2018 la banca ha pagato 3,4 miliardi di dividendi, sulla base dell’obiettivo del piano d’impresa 2018-2019 di un pay out nell’anno dell’85%.
Nel frattempo anche Generali ha ribadito gli impegni del prossimo triennio, che prevedono una crescita degli utili per azione tra il 6 e l’8% e un obiettivo di payout tra il 55 e il 65%. Nel semestre la compagnia guidata dal ceo Philippe Donnet ha realizzato un utile netto di 1,8 miliardi, +34,6%. Alla quotazione attuale di 18,3 euro e con una stima di dividendo di 0,85 euro il suo rendimento è del 5,2%. Al pari del Leone di Trieste, la controllata Banca Generali presta molta attenzione ai profili di remunerazione dei soci e in occasione dei conti del primo semestre, che sono stati i migliori per il gruppo con utili per 132,8 milioni (+43%). L’istituto guidato dall’ad Gian Maria Mossa ha ribadito che la sua politica di dividendi 2018-2021 si fonda su un pay out tra il 70 e l’80%, con un limite minimo per azione pari a 1,25 euro nel rispetto del tetto del 100% dell’utile consolidato dell’anno. Il rendimento del titolo è del 4,9% sulla base di una cedola attesa di 1,39 euro.
Sempre nel risparmio gestito Azimut si mette in evidenza con un dividend yield del 6,9%. Il gruppo presieduto da Pietro Giuliani ha registrato nei primi sei mesi del 2019 il miglior risultato della sua storia in termini di ricavi (486 milioni, +29% sul primo semestre 2018) e il secondo miglior utile netto semestrale di sempre (171 milioni, 136%). E per fine anno punta al record di utili a 300 milioni. Nel settore spicca anche Banca Mediolanum , il cui ad Massimo Doris ha anche aperto alla possibilità di una cedola straordinaria. Per ora il consenso resta orientato su un importo ordinario stimato a 0,42 euro, che si traduce in uno yield del 5,5%, quindi anche considerando la sola cedola ordinaria il rendimento resta interessante.
Un altro titolo nel mirino è Fca Chrysler (rendimento atteso del 5%). Il gruppo quest’anno è tornato a distribuire una cedola dopo 10 anni di assenza, avendo anche azzerato il debito. Ad aprile il gruppo ha pagato un monte circa del 20% dell’utile 2018, come prevede la policy aziendale. A ciò si era aggiunto un dividendo straordinario di 1,3 euro per azione derivante dalla vendita di Magneti Marelli.
Accanto a Fca che lo ha fatto quest’anno, si sta ampliando la pattuglia delle società che potrebbero riaffacciarsi al dividendo nel 2020. L’ad del gruppo Saipem , Stefano Cao, ha aperto alla possibilità che il gruppo riprenda a remunerare gli azionisti dopo i conti positivi dei primi nove mesi che hanno visto un utile netto di 44 milioni, a fronte della perdita per 357 milioni dello stesso periodo 2018. «Porterò il tema del dividendo in cda e poi al voto dell’assemblea dei soci che approverà il bilancio 2019», ha detto il manager. La società non stacca dividendo dal 2013. E anche Mondadori ha annunciato il ritorno alla cedola nel 2020 dopo anni di assenza. (riproduzione riservata)
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