È strana l’insistenza delle cronache sul mancato inoltro entro i prescritti termini di richieste da parte di Leonardo Del Vecchio per l’assemblea di Mediobanca che si terrà il 28 ottobre, come da tradizione che intende ricordare, come aveva voluto Enrico Cuccia, che la fascista «marcia su Roma» non era un giorno di festa per l’istituto ma un giorno di intenso lavoro. Non si capisce però di quali richieste si tratti, dal momento che per le modifiche statutarie per le quali si suppone che l’azionista Del Vecchio, il quale ha acquisito il 7% circa dell’istituto, potrebbe eventualmente agire, occorre la convocazione di un’assemblea straordinaria, la quale non si realizza con un «fiat», occorrendo una serie di passaggi, ivi inclusa una valutazione dell’Organo di Vigilanza e, non per ultimo, l’aggregazione del quorum necessario sia per la costituzione sia per la deliberazione.
Alcune cronache, dopo avere ricordato che la principale di queste modifiche riguarderebbe la soppressione della norma che assegna la carica di amministratore delegato a uno dei dirigenti dell’istituto eletti nel consiglio di amministrazione – una norma invero non più sostenibile – ipotizzano che Del Vecchio e la sua Delfin intenderebbero arrivare al 10% del capitale di Mediobanca e forse anche oltre e pongono il problema di come si potrebbero acquisire i titoli in questione senza impatti sulla loro quotazione trattandosi di un importo rilevante, considerato anche il livello del flottante.
Siamo alla fantaeconomia oppure un progetto del genere sussiste, anche se ha bisogno evidentemente di tempo e di convergenze, a partire dal rapporto con quello che è il primo azionista con circa l’8%, ossia Unicredit? Posto dunque che non sembrerebbero prevedibili decisioni nel brevissimo termine, è ovvio che se invece effettivamente Del Vecchio avesse questa intenzione, allora con la sua attuazione si potrebbero produrre effetti a catena, potendosi modificare, nel relativo azionariato, nelle quantità e nei personaggi, la catena Unicredit-Mediobanca-Generali. Un punto nodale del sistema finanziario subirebbe una rilevante innovazione.
Però, di pari passo con il diffondersi di indiscrezioni, comunque con la rappresentazione di intenzioni vere o infondate, per promuovere un’operazione di questo tipo o similare occorrerebbe agire in tempi brevi e con trasparenza per non dare vita magari involontariamente all’apertura di un campo di battaglia con l’intervento di altri possibili soggetti magari esteri, dotati di mezzi adeguati e che non abbiano le stesse intenzioni di Del Vecchio, ma ben altre. Sia chiaro: non deve affatto stupire una competizione in questo campo, pur dovendosi sempre avere presenti i doveri di tutela della stabilità aziendale e di sistema nonché di protezione del risparmio. Smuovere le acque può essere benefico. Sono trascorsi i tempi delle scatole cinesi, degli assetti azionari piramidali e pure dei rigidi patti di sindacato. Bisogna tuttavia ricordare l’importanza del mantenimento dell’autonomia e dei centri decisionali in Italia di un intermediario qual è Generali, di cui Mediobanca è azionista di maggioranza relativa.
Ciò non significa che debbano perpetuarsi assetti e comportamenti decisionali che mostrano di non reggere più all’evoluzione dei tempi. Da questo punto di vista, posta l’esigenza di fugare i rischi profilati, la decisione di Del Vecchio è interessante, ma è ora che su essa sia fatta chiarezza da parte dei soggetti potenzialmente coinvolti, anche soltanto per smentire, se così dovesse essere, quanto viene riportato dalle cronache. O viceversa per fornire le necessarie informazioni al mercato.
Del resto, se continuasse questo contesto di indiscrezioni o di cronache che potrebbero risultare poco o punto fondate, anche la Consob potrebbe intervenire per la informativa in questione. Soprattutto sarebbe più che legittimo attendersi una dichiarazione da parte di Unicredit in qualità di primo azionista dell’istituto di Piazzetta Cuccia.
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