Il colosso accusato di vendere segretamente dati sugli utenti agli inserzionisti
Intanto Big G e YouTube ricevono multa di 170 milioni di dollari per aver raccolto informazioni su minorenni
di Francesco Bertolino
Google avrebbe segretamente utilizzato pagine web nascoste per fornire agli inserzionisti dati personali di ignari utenti. Se confermata, la rivelazione del Financial Times rischia di alimentare i dubbi sulla compatibilità fra il modello di business di Big G e il rispetto della privacy degli utenti. Il quotidiano inglese fa riferimento a una ricerca inviata all’Antitrust irlandese da Brave, un concorrente del motore di ricerca più diffuso al mondo, che accusa il colosso americano di «sfruttare i dati personali senza sufficiente controllo o riguardo per la protezione dei dati stessi». L’autorità di Dublino sta investigando se Google abbia sfruttato a fini pubblicitari dati sensibili degli utenti, quali etnia, stato di salute e idee politiche. Lo studio potrebbe non solo confermare le accuse a Mountain View, ma aggravarle. Secondo Brave, Google avrebbe associato agli utenti un software, noto come tracker, in grado di registrare le loro ricerche e la loro attività su internet. Tramite un pagina web nascosta, poi, il tracker sarebbe stato poi messo a disposizione degli inserzionisti iscritti ad Authorized Buyers (l’ex DoubleClick), la maggior casa d’aste pubblicitaria al mondo, con cui Google vende spazi pubblicitari su internet. In questo modo, secondo la ricerca, le società-clienti di Authorized Buyers hanno potuto combinare le informazioni sugli utenti con lo storico delle loro ricerche su Google, aggiustando la mira del marketing. Su commissione di Brave l’esperimento è stato replicato su centinaia di utenti da Victory Medium, società di consulenza tecnologica. Con eguale esito. Un portavoce di Google ha detto che la società non ha avuto accesso al documento depositato da Brave e, in ogni caso, sta cooperando all’inchiesta sulle sue attività pubblicitarie. «Non offriamo annunci personalizzati né li proponiamo agli inserzionisti senza il consenso dell’utente».
Sempre ieri, intanto, Google la sua controllata YouTube hanno accettato di pagare 170 milioni di dollari alle autorità americane che le avevano accusate di aver violato la privacy di utenti minorenni. Secondo la Federal Trade Commission, YouTube ha raccolto informazioni su minorenni senza il consenso dei genitori per poi venderle agli inserzionisti per pubblicità mirate guadagnando milioni di dollari.
Come di consueto, il mercato ha ignorato le grane sulla privacy e premiato Google in borsa (+0,7% a un’ora dalla chiusura). Segno che le sanzioni potrebbero non bastare a redimere le big tech. (riproduzione riservata)
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