Quasi l’80% dei capi famiglia pensa che per rispondere ai bisogni sociali del nucleo familiare sia necessario non limitarsi al solo utilizzo delle prestazioni di welfare pubblico, in quanto quest’ultimo risulta essere in progressiva contrazione e peggioramento. Il 72,4% dei cosiddetti caregiver, inoltre, è convinto che l’esplorazione di altri sistemi di welfare rappresenti una modalità per ottenere risposte maggiormente adeguate. Questi alcuni dei dati contenuti nel Sesto Rapporto “Un Neo-Welfare per la Famiglia. Cooperare per costruire un welfare integrato”, presentato oggi, a Milano, dal Gruppo Assimoco, da oltre quaranta anni Compagnia di riferimento del Mondo Cooperativo. In una Welfare Society, ossia una società fondata su principi di sussidiarietà circolare e di rete, inoltre, si manifesta un utilizzo “reale” dei diversi tipi di welfare da parte delle famiglie italiane: accanto al welfare pubblico, acquisisce importanza il welfare familiare e interfamiliare, il welfare assicurativo e quello di territorio.
Numeri alla mano, dall’indagine commissionata a Ermeneia, Studi e Strategie di Sistema, il welfare pubblico, viene privilegiato dal 50,7% dei caregiver, ma viene riconosciuto, subito dopo, il ruolo importante del welfare familiare e interfamiliare cioè la capacità di copertura dei bisogni che risulta legata ai servizi e al livello di reddito e al patrimonio della famiglia insieme al welfare fornito dalle altre generazioni: l’utilizzo reale di queste tipologie di welfare varia tra il 22,5% e il 29,7% degli intervistati. Tra il 18,5% e il 37,8% delle famiglie inoltre, utilizza il welfare assicurativo in tutti i suoi aspetti(copertura dei beni posseduti, del rischio salute, degli infortuni, della vita, della pensione integrativa, dei piani di accumulo di capitale). Al quarto posto viene collocato il welfare di territorio, su cui convergono il welfare di volontariato, il welfare di vicinato, il welfare che deriva da cooperative, associazioni o gruppi spontanei di famiglie e il welfare aziendale o di categoria: in tal caso il livello di utilizzo reale è compreso tra il 12,5% e il 18,2% degli intervistati.
L’indagine del Gruppo Assimoco, che l’8 maggio sarà presentata nella Sala Capitolare, presso il Chiostro del Convento di Santa Maria, Sopra Minerva, presso il Senato della Repubblica, a Roma, mette in evidenza che in una condizione “ideale”, per rispondere in maniera efficace alle proprie esigenze di welfare, ciascun caregiver vorrebbe in media far ricorso a 2,2 tipologie di welfare, ma nei fatti alcuni di essi desidererebbero averne a disposizione molti di più. Nel dettaglio, una sola tipologia viene scelta dal 44,0%; due tipologie dal 19,4%; tre tipologie dal 19,5%; quattro o cinque tipologie dall’11,2% e 6 o più tipologie dal 6,0%.
In ogni caso la combinazione “ideale” mette sempre al primo posto il welfare pubblico, ma vorrebbe ricorrere maggiormente al welfare assicurativo in tutte le sue articolazioni: come le coperture sanitarie (al secondo posto), quelle pensionistiche (al terzo posto) e quelle relative alla copertura dei beni posseduti (al quarto posto). E infine intenderebbe utilizzare la “forza” di copertura della famiglia grazie alla relativa capacità di produrre reddito e al possesso di un buon patrimonio (quinto posto).
Per poter usufruire in maniera ottimale delle singole tipologie di welfare servono risorse, soprattutto in termini di tempo. Tant’è che per il 78,5% dei capifamiglia intervistati sarebbe importante avere a disposizione un aiuto qualificato, in grado di assistere il caregiver nella scelta delle diverse tipologie di welfare e nella relativa “combinazione”, tenuto conto anche dei bisogni, delle priorità e delle risorse economiche disponibili da parte della famiglia. In questo panorama, inoltre, va allargandosi il movimento delle società benefit, che diventano tra le protagoniste della Welfare Society. “Quando parliamo di welfare integrato, gli attori in scena sono tanti e includono, “oltre allo Stato e agli enti del Terzo settore”, anche le aziende che si occupano di costruire un’offerta dedicata alla protezione e alla tutela dei cittadini, e le aziende che sentono di volere far qualcosa per la società. Il riferimento va alle B Corp, organizzazioni che hanno ottenuto una certificazione di eccellenza in quanto soddisfano i più alti standard al mondo di performance sociale, ambientale ed economica. Le aziende italiane certificate sono oltre 80 e di questo gruppo fa parte anche Assimoco, prima Compagnia di Assicurazione in Italia a ottenere questa certificazione”, ha sottolineato Ruggero Frecchiami, Direttore Generale del Gruppo Assimoco.
“Il 14,2% dei caregiver intervistati conosce o almeno ha sentito parlare di B Corp e il 40,8% di questi ultimi afferma chepotersi assicurare con una compagnia che risulti “Certificata B Corp”, tramite una verifica periodica dell’applicazione effettiva delle regole internazionalmente definite a tale proposito, aumenterebbe ulteriormente la tranquillità e il benessere della famiglia”, ha affermato Nadio Delai, presidente di Ermeneia, Studi e Strategie di Sistema, che ha curato il Rapporto 2019 sul Neo-Welfare di Assimoco.
“L’Italia riveste un ruolo importante nel mondo delle B Corp tanto da essere il secondo Paese europeo in relazione al numero di B Corp certificate, grazie a 76 B Corp pari a circa il 15% delle 500 aziende certificate presenti in Europa”, ha spiegato Matteo Pedrini, professore associato di Corporate Strategy presso la Facoltà di Economia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore e responsabile delle attività di ricerca di ALTIS-Alta Scuola Impresa e Società della medesima università, che ha curato il capitolo “Le società benefit a supporto del neo-welfare: natura, benefici e prospettive”, del Rapporto Assimoco.