Pensioni – L’incidenza dei cittadini ultra-65enni salirà dal 22 fino al 30% nel 2040
L’agenzia sottolinea che il Paese ha già ora un’elevata spesa previdenziale. Solo Atene è messa peggio di Roma
di Francesco Ninfole
Oggi l’Italia impiega circa il 15% del pil per le pensioni lorde, un terzo della spesa totale del Paese al netto degli interessi sul debito. Ma la cifra potrebbe ulteriormente salire nei prossimi anni, soprattutto a causa della forte riduzione delle persone in età lavorativa, che si sta verificando con una velocità maggiore rispetto agli altri Paesi europei. Ci sarà poi da considerare l’effetto di Quota 100, che dà un aiuto a chi va oggi in pensione ma indebolisce la solidità dei conti pubblici, con un aggravio di 18 miliardi (1,2% del pil) per il triennio 2019-2021. Queste considerazioni sono contenute in un report di Moody’s, che a ottobre ha considerato il fenomeno dell’invecchiamento anche nel declassamento del debito italiano a Baa3. «La recente decisione del governo di modificare importanti aspetti delle precedenti riforme pensionistiche aggiungerà pressioni sulla spesa pubblica in un Paese già fortemente indebitato», ha osservato l’agenzia. Anche l’Ocse ha criticato nei giorni scorsi Quota 100.
L’Italia ha un’età mediana di 46 anni, la terza più alta nel mondo (il Giappone è a 48 anni). Il dato è di gran lunga maggiore di quello di Francia (41 anni e mezzo) e Regno Unito (40 anni e mezzo). Per Moody’s il valore italiano aumenterà ancora per l’aumento dell’aspettativa di vita e per il basso tasso di fertilità. Così le persone con oltre 65 anni saranno oltre il 30% della popolazione nel 2040 (dall’attuale 22%), mentre quelle in età lavorativa, ovvero tra 15 e 64 anni, si ridurranno del 13%, cioè di 5 milioni. Di conseguenza il rapporto tra le due categorie salirà dal 33 al 53%. In altri termini, per ogni persona oltre 65 anni ce ne saranno solo due in età lavorativa, mentre oggi ce ne sono tre. Gli effetti saranno anche per la crescita: l’invecchiamento è valutato anche nelle stime della Commissione Ue, che prevede per l’Italia un aumento del pil medio dello 0,5% nei prossimi 20 anni. Nell’ultimo aggiornamento Bruxelles ha utilizzato stime più prudenti su occupazione e aumento della produttività: la spesa pensionistica è ora prevista in aumento del 3% di pil fino al 2040 (quindi attorno al 18%), prima di considerare gli effetti di Quota 100. Il Fondo Monetario Internazionale è ancora più pessimista e si attende una spesa per pensioni al 20% del pil nel 2030, anche per effetto delle prospettive sull’immigrazione. Già oggi la Grecia è l’unico Paese in Europa con una maggiore spesa pensionistica rispetto all’Italia (si veda grafico in pagina). Se non ci saranno tagli di pari importo in altri ambiti, l’effetto si farà sentire poi sul debito pubblico. Moody’s ha aggiunto che «non c’è una chiara evidenza empirica» sulle conseguenze positive dei pensionamenti anticipati per Quota 100: non è detto si trasformino in altrettanti posti di lavoro per i giovani, a maggior ragione in una fase di rallentamento economico.
L’invecchiamento dunque si farà sentire su crescita, spesa e debito. Inoltre il bilancio delle Regioni sarà colpito dai maggiori costi della sanità. Invece secondo Moody’s non ci saranno effetti così chiari nel settore privato, dove saranno svantaggiati i comparti con elevata esposizione alle spese discrezionali. Nel settore finanziario gli elevati tassi di risparmio degli anziani potranno causare una minore domanda di credito, ma anche una crescita dei depositi per le banche e della richiesta di polizze vita per le assicurazioni. (riproduzione riservata)
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