«È stato certamente un anno positivo per la crescente attenzione verso la protezione dati sia in Europa che fuori. Non è più considerata, come accadeva in passato, una materia per specialisti o ‘di nicchia’, ma si comincia finalmente a capire che proteggere i dati significa preservare le nostre libertà nel senso più alto: in campo economico, sociale e politico», dice ad Affari Legali Giuseppe Busia, segretario generale del Garante per la protezione dei dati personali. «Credo che ad esempio il caso di Cambridge Analitica o i tanti data breach che hanno coinvolto migliaia di clienti di grandi gruppi, abbiano fatto suonare la sveglia sia per le grandi imprese che per molti cittadini».
Domanda. Certo, considerando i grandi numeri il fenomeno viene rilevato. Ma siamo certi che si percepisca l’impatto nella vita di tutti i giorni?
L’Italia è particolarmente vulnerabile agli attacchi informatici. Occupa, infatti, il venticinquesimo posto nella classifica dei 28 paesi dell’Unione europea, che individua il livello di competenze digitali posseduti da cittadini e imprese. Con la sempre maggiore digitalizzazione della società diviene più insidiosa la minaccia di cyber attacchi: in proiezione, nel 2030, tale minaccia potrebbe pesare in misura pari all’1,2% del pil mondiale. Ma ciò che preoccupa maggiormente è che, per la prima volta, i rischi derivanti dal cyber crimine superano i benefici derivanti dalla digitalizzazione.
Premi Inail più cari nell’edilizia. Dal 1° gennaio, infatti, l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro è esclusa dalla speciale riduzione del settore edile (ex lege n. 341/1995), restando in vita solo per i contributi dovuti all’Inps. Di conseguenza non è più possibile applicare lo sconto dell’11,5% ai premi dovuti per gli operai con orario di lavoro di 40 ore settimanali. I datori di lavoro che ne hanno diritto per il 2018, ultimo anno di beneficio, hanno tempo fino al 16 maggio per inviare all’Inail, via Pec, la prevista autocertificazione (Inail, circolare n. 1/2019).
L’intervista/ Alessandro Castellano
Parla il nuovo capo delle attività italiane del gruppo svizzero: “Abbiamo scelto di operare qui come facciamo sui grandi mercati. E vogliamo scalare posizioni”
Alessandro Castellano mostra l’entusiasmo del beginner. Dopo una carriera spesa in gran parte all’estero, e in modo particolare a Londra, la scorsa estate è stato chiamato da Mario Greco a guidare le attività italiane del colosso assicurativo svizzero Zurich.
Quota 100 ha rappresentato, al di là del costo che purtroppo misureremo appieno negli anni, una formidabile arma di distrazione di massa. Ha trasmesso l’illusione che il primo pilastro del sistema previdenziale, quello pubblico o delle Casse di categoria, possa godere di una seconda inaspettata giovinezza. A dispetto dell’andamento demografico e del rapporto via via sempre più sbilanciato tra lavoratori e pensionati. Così nella penombra del dibattito pubblico è finita ingiustamente la previdenza integrativa. Quasi fosse, la necessità di costruirsi una pensione di scorta, una conseguenza della neghittosità dell’Inps, dell’eccessiva prudenza delle Casse, non una drammatica realtà. «Eppure proprio quota 100 — dice Maurizio Agazzi, direttore di Cometa, il fondo negoziale dei metalmeccanici, il più grande d’Italia (11 miliardi amministrati) — dimostra quanto sia indispensabile, ritirandosi prima e riducendo il periodo contributivo, ricorrere alla previdenza integrativa». Sì, ma se anche la comunicazione istituzionale insiste con lo slogan «senza penalizzazioni» è difficile che maturi una maggiore sensibilità tra i cittadini. O no? «Anche per l’Ape, l’anticipo pensionistico introdotto del 2017 — replica Agazzi — si diceva che non comportasse alcuna penalizzazione ma non era vero, qualcosa in più sui tassi d’interesse poi si doveva pagare. Purtroppo non è ancora chiaro un concetto: se si smette prima si prende di meno. Punto».
Con i mercati sotto la bufera, nel 2018, sono in molti ad aver riaperto l’ombrello delle polizze vita. Non è un caso se nel 2018, calcola l’Ania, l’associazione di categoria delle imprese assicuratrici, la raccolta premi del comparto vita è tornata sopra quota 100 miliardi: in ripresa del 3,5% dopo le contrazioni registrate nel 2017, e con un aumento del 5,4% per i premi del ramo I.
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- Rischio flop per la class action. Nonostante la nuova legge allarghi sia la platea dei potenziali ricorrenti, sia il ventaglio degli illeciti contestabili, con tutta probabilità le azioni collettive non aumenteranno. E la strada per ottenere i risarcimenti diventerà più lunga e complicata rispetto a oggi. Le ragioni? In primo luogo la riforma approvata la scorsa settimana e fortemente voluta dal M5S non cambia le regole che i tribunali dovranno applicare per dare il via libera alle future azioni di classe: i filtri di ammissibilità che finora hanno bloccato la maggior parte delle class action. Inoltre, le nuove procedure per quantificare e liquidare i pagamenti in caso di vittoria rischiano di allungare i tempi e di generare contenzioso. Con la nuova legge, la sentenza con cui il tribunale accoglierà l’azione di classe sarà, infatti, solo dichiarativa: accerterà le responsabiltà ma non chiuderà (come invece succede oggi) il procedimento, dando il via ai pagamenti o fissando i criteri di calcolo per i risarcimenti.
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