La commissione affari economici ritocca Solvency II. Le misure di riduzione della volatilità per le compagnie scatteranno già con uno spread di 240 punti. L’ok è atteso per i bilanci 2019
di Anna Messia
Almeno nel settore assicurativo l’Italia è riuscita a far sentire la sua voce in Europa. Non quanto avrebbe voluto, ma con una manovra a sorpresa è stato cancellato qualche squilibrio nella regolamentazione Solvency II che finora ha danneggiato le assicurazioni italiane. Il paradosso è stato che le compagnie che operano in Paesi con minor debito pubblico arrivassero addirittura a beneficiare degli aumenti dello spread sui titoli di Stato italiani, mentre le assicurazioni italiane non sono riuscite a proteggersi adeguatamente.
Una stortura di Solvency II corretta in parte nei giorni scorsi grazie in particolare alla tenacia del presidente della commissione affari economici (Econ), Roberto Gualtieri che non si è dato per vinto davanti al rifiuto della Commissione di rimettere mano con decisione alla normativa Solvency II e che aveva scelto di rinviare tutto al 2020, quando è stata fissata la revisione della direttiva. Gualtieri ha colto la palla al balzo del provvedimento votato nei giorni scorsi sulla riforma della supervisione finanziaria e delle autorità per banche (Eba), mercati (Esma) e assicurazioni ( Eiopa) all’interno del quale è stato introdotto un emendamento che consente alle assicurazioni italiane di coprirsi meglio dalle oscillazioni dello spread.
Nella pratica la soglia di attivazione del volatility adjustment è stata abbassata da 100 a 85 punti. Si tratta dello strumento pensato con lo scopo di ridurre gli effetti della volatilità sui requisiti di capitale delle assicurazioni ma che, in più occasioni, ha dimostrato di non funzionare per la sua eccessiva rigidità. Da metà dello scorso anno, quando lo spread era tornato di nuovo sopra 320 punti, il volatility adjustment è scattato per le assicurazioni della Penisola soltanto in tre occasioni. Un’arma spuntata che ha paradossalmente avvantaggiato le altre assicurazioni europee rispetto alle italiane.
Per rendersene conto basta guardare i dati sul 2017 pubblicati dall’Eiopa da cui risulta che, grazie al volatility adjustment, le imprese italiane hanno visto salire il proprio Solvency ratio di appena 3 punti percentuali (da una media del 236 al 241%) a dispetto dei 26 punti della Danimarca (dal 263% al 289%) o ai 17 punti della Germania (dal 328 al 345%). Inefficienze segnalate più volte dalle imprese italiane e pure dall’Ivass, l’istituto di controllo delle assicurazioni, che aveva evidenziato le divergenze già nel 2016, tutte a danno delle compagnie tricolore: l’uso delle misure transitorie e di aggiustamento di Solvency II aveva alzato di bel 113 punti percentuali il coefficiente di solvibilità delle imprese tedesche e di 107 punti quello delle compagnie del Regno Unito mentre in Italia la manovra aveva dato effetti positivi per appena 10 punti, scrivevano dall’Istituto.
Squilibrio che è stato in parte compensato con l’intervento approvato la scorsa settimana sia in Commissione sia nel consiglio europeo. Se l’abbassamento della soglia di attivazione da 100 a 85 fosse stato applicato già nel 2018, il volatility adjustment sarebbe scattato in altre quattro occasioni, a settembre e a dicembre 2018 ma anche a gennaio e a febbraio scorso, con un effetto positivo su sistema stimato in un aumento del Solvency II di circa 25 punti percentuali. E pure per il futuro l’ombrello protettivo sembra decisamente più ampio. Se fino ad ora il volatility adjustment è scattato quando lo spread era vicino ai 270-280 punti, ora potrà essere attivato con valori più bassi, pari a circa 240-250 punti.
Certo, restano i rigidi paletti temporali, che vincolano l’utilizzo dello strumento ai valori dello spread di fine mese, ma quello approvato resta un intervento correttivo importante per il sistema come spiega Gualtieri a MF-Milano Finanza, che ha ricevuto il supporto del vicepresidente della commissione Valdis Dombrovskis e della presidenza romena dell’Ecofin per la cooperazione. «Riconoscendo alle compagnie assicurative una maggiore copertura dalle oscillazioni dello spread, questa misura agevolerà naturalmente le stesse a mettere a disposizione nuove risorse per gli investimenti di lungo periodo, con una maggiore certezza rispetto al passato», dice il presidente Econ, aggiungendo che «l’abbassamento della soglia di attivazione per questo fattore di correzione è un importante passo in avanti, anche se è solo il primo».
Resta infatti la necessità di una riforma ancora più ampia, «che metta strutturalmente in sicurezza il nostro sistema dalle oscillazioni finanziarie e che renda Solvency più vicina alle istanze dell’economia reale», conclude Gualtieri. Intanto si parte con un primo scudo che dovrebbe essere pronto per i bilanci 2019: il via libera europeo alla direttiva è atteso per giugno, dopo l’approvazione del Parlamento in seduta plenaria e l’ok dei servizi giuridici poi i singoli Stati avranno sei mesi per il recepimento. Giusto in tempo per la fine dell’anno. (riproduzione riservata)
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