Il rendimento lordo 2018 delle gestioni separate si è attestato al 3,26%, che si traduce in un risultato netto medio del 2-2,5% a seconda dei contratti. E le compagnie assicurative prevedono una tendenza simile per i prossimi anni
di Roberta Castellarin e Paola Valentini
Gesav, la storica gestione separata di Generali istituita (prima sul mercato italiano) nel 1979, con oltre 40 miliardi di euro gestiti, ha registrato nel 2018 un tasso di rivalutazione lordo del 3,44%. A questa gestione è ancora possibile accedere con i prodotti oggi in collocamento dal Leone di Trieste e fornisce un buona fotografia di che cosa rappresentano le gestioni separate legate alle polizze Vita per i risparmiatori italiani, tradizionalmente poco propensi a correre rischi sui mercati finanziari. Si tratta di prodotti che hanno raggiunto riserve per 500 miliardi di euro, circa il 10% della ricchezza finanziaria delle famiglie italiane, su totale Vita di oltre 650 miliardi (in base agli ultimi dati Ania). «Grazie a Gesav in tutti questi anni i risparmi dei nostri clienti sono stati tutelati e protetti attraversando indenni tutte le crisi economiche e finanziarie degli ultimi 30 anni e riconoscendo sempre interessanti rendimenti», dicono da Generali .
L’ultimo esempio è quello del 2018, anno in cui le gestioni separate delle polizze Vita di ramo I hanno tenuto la rotta mentre i mercati, sia azionari sia obbligazionari, hanno dovuto fronteggiare una forte volatilità. Come emerge dai dati raccolti da MF-Milano Finanza tra oltre 40 compagnie assicurative attive in Italia per un totale di più di 200 gestioni separate, nel 2018 il loro rendimento medio lordo si è attestato attorno al 3,26% a fronte del 3% del 2017. Certo, solo una parte di questo guadagno viene retrocesso agli investitori, in una percentuale che varia a seconda del contratto. Ma si tratta comunque di un ritorno competitivo in una fase di rendimenti risicati dei bond. L’analisi è stata condotta sia sulle gestioni separate che chiudono l’esercizio al 31 dicembre sia su quelle con i rendiconti che non coincidono con l’anno solare (al 30 settembre, al 31 ottobre o al 30 novembre). E anche allargando lo sguardo agli ultimi anni, i risultati medi, pur in presenza di un drastico calo dei tassi sui mercati, sono stati piuttosto costanti grazie alla possibilità per le gestioni separate di contabilizzare i titoli al costo storico (o valore di carico) e non al valore di mercato. Ciò permette ai rendimenti di non essere influenzati dalle oscillazioni dei prezzi dei titoli, in quanto le compagnie non sono tenute a fare il cosiddetto mark-to-market. Ciò ha fatto da scudo nelle fasi di forte volatilità dello spread. E in futuro l’invidiabile caratteristica di non essere esposti alle perdite di valore in caso di rialzo del costo del denaro, contrariamente all’investimento diretto in obbligazioni, proteggerà i portafogli quando cominceranno a salire i tassi. Anche nel confronto con le azioni i risultati hanno mostrato una minore oscillazione.
Sfida nel lungo termine. Da un confronto realizzato da Ania emerge che, fatto 100 un investimento effettuato nel 1982 in una gestione separata (considerando i rendimenti medi lordi), a fine 2018 il valore dell’investimento sarebbe stato di 1.702, pari a un rendimento medio annuo dell’8,4% (4,9% in termini reali) con una volatilità annualizzata del 5,5%. Lo stesso investimento in azioni italiane, nell’ipotesi di completo reinvestimento dei dividendi, avrebbe raggiunto nello stesso arco temporale il valore di 2.190, con una performance media annua di poco superiore al 9% ma con una volatilità annualizzata però molto superiore a quella delle gestioni separate (28,7%). In sostanza, il rendimento è rappresentato dai flussi cedolari più eventuali plusvalenze (o minusvalenze) registrate in caso di vendita di titoli. Una volta assegnate alla gestione, infatti, le attività possono uscirne solo per realizzo. Il rendimento della gestione separata è determinato quindi come il rapporto tra la somma di cedole, dividendi e realizzi rispetto alla giacenza media delle attività nel periodo di osservazione (generalmente annuale).
Quanto arriva al cliente. Il rendimento è attribuito al sottoscrittore in una determinata percentuale (in media attorno all’80%) oppure al netto di una misura fissa (che si attesta mediamente sull’1%), a seconda delle condizioni della polizza. In ogni caso alla fine il risultato non cambia molto. La performance al netto di questi costi trattenuti dalla compagnia (e delle tasse) si aggira attorno al 2-2,5%.
Per avere un termine di paragone, il rendimento lordo delle gestioni separate è stato di norma in passato superiore a quello dei titoli di Stato, al tasso di rivalutazione del Tfr e all’inflazione. In particolare, in base agli ultimi dati dell’Ania, l’associazione delle compagnie assicurative presieduta da Maria Bianca Farina, nel quinquennio 2013-2017 il risultato medio è stato del 3,5% a fronte dell’1,8% registrato dai titoli di Stato (paniere di titoli con vita residua superiore a un anno) e dalla rivalutazione del Tfr e dello 0,5% dell’inflazione. E anche il 2018 è in linea.
I guadagni peraltro si consolidano anno dopo anno, quindi i risultati ottenuti dalla gestione separata vengono in pratica bloccati, fermi restando la garanzia del capitale e il rendimento minimo garantito (quest’ultimo però rappresenta una variabile sempre meno presente nei contratti). Se fino a pochi anni fa si trovavano rendimenti minimi che in media viaggiavano attorno al 2-2,5%, oggi la situazione dei mercati è tale per cui le compagnie non possono più permettersi di garantire questi ritorni. Tanto che dal 1° gennaio 2016 l’Ivass ha tolto l’obbligo per le imprese di assicurazione di rispettare un livello di tasso massimo garantibile. Le nuove polizze in commercio sono quindi molto meno generose di quelle di una volta perché le obbligazioni hanno visto nel frattempo un netto calo dei tassi. C’è stato quindi un ridimensionamento rispetto alle performance registrate dalle gestione separate negli anni 80, ma bisogna considerare che allora i titoli di Stato (che restano l’investimento prevalente di queste polizze) erano arrivati a rendere oltre il 10%, ma l’inflazione era tra il 5 e il 10% mentre oggi è attorno all’1%. D’altronde ora i tassi sono molto più bassi, mettendo in non poche difficoltà i gestori assicurativi che hanno iniziato ad ampliare il bacino di investimento puntando sulle obbligazioni societarie, sui fondi o addirittura su asset alternativi. Per tenere testa ai tassi bassi alcune compagnie hanno scelto di fondere le gestioni separate della casa in modo da abbassare i costi e ottenere maggiore efficienza operativa.
Un fisco leggero. Le polizze di ramo I sono esenti dall’imposta di bollo che colpisce con aliquota dello 0,2% quasi tutti gli strumenti finanziari. Ma questo non è l’unico vantaggio che presentano. Le gestioni separate investono buona parte dei portafogli in titoli di Stato che sono soggetti all’imposta sul capital gain con l’aliquota ridotta del 12,5% anziché del 26%. Inoltre la tassazione dei capital gain delle polizze Vita è differita al momento del disinvestimento e questo offre un extra-rendimento in un’ottica di 5-10 anni. Altro punto di forza di questo tipo di contratti è l’impignorabilità e l’insequestrabilità dei capitali e l’esenzione dall’imposta di successione, che sono i classici vantaggi di tutti i prodotti assicurativi Vita. L’esenzione dell’imposta di successione è importante alla luce del timore (che ogni tanto riemerge) di un possibile inasprimento della tassazione delle eredità. Infine la presenza della copertura «caso morte» rappresenta un elemento di protezione in più.
Occhio però ai costi. Come rovescio della medaglia, le polizze tradizionali presentano costi iniziali (i cosiddetti caricamenti) che possono essere piuttosto salati e arrivare anche al 5%. Altro punto da considerare è il riscatto prima della scadenza, che può essere penalizzante soprattutto se chiesto durante i primi anni del contratto. Da sottolineare inoltre come si accennava, che non tutto il rendimento viene retrocesso al cliente, bensì la compagnia trattiene una quota a copertura dei costi di gestione. Tra gli elementi da considerare c’è anche la nuova normativa entrata in vigore quest’anno per le polizze assicurative che prevede la facoltà di sospendere la pubblicazione su quotidiani a diffusione nazionale dei rendiconti annui relativi alle gestioni separate. Una scelta che non va in direzione di una maggior trasparenza, visto che l’unico modo per avere un aggiornamento dei risultati è andare a cercare i dati nei siti internet delle compagnie, operazione non sempre così agevole.
In ogni caso dalla ricognizione effettuata da MF-Milano Finanza su oltre 200 gestioni separate emerge che sono oltre 40 quelle con un risultato lordo superiore al 4%. Va però segnalato che alcune di queste linee non sono più accessibili a nuovi investitori. Infatti la rassegna di rendimenti riportata in queste pagine riguarda gestioni separate collegate a polizze oggi in collocamento (rivalutabili, miste o previdenziali) ma anche gestioni a cui sono agganciate polizze non più in commercio. Alcune gestioni storiche continuano a essere aperte a nuove sottoscrizioni, mentre altre sono state chiuse negli anni.
Raccolta in aumento. Proprio sul fronte della raccolta nel 2018 in Italia la nuova produzione di polizze Vita (di compagnie italiane ed extra-Ue), ha raggiunto 85,4 miliardi di euro di premi, in crescita del 3,8% rispetto al 2017, quando la contrazione era stata del 5,2%. Il risultato è stato trainato proprio dal ramo I, che ha mantenuto anche l’anno scorso il ruolo di protagonista nel comparto Vita, con un’incidenza sul totale new business salita al 65%, tre punti percentuali in più rispetto al 2017. A fronte di un ammontare premi pari a 55,6 miliardi, il ramo I ha registrato un +8,4% sul 2017.
Poche in vetrina. Nonostante siano apprezzate dagli investitori, le compagnie e i gruppi di bancassurance oggi preferiscono venderle in abbinata con le unit linked nei prodotti multiramo. Le ragioni di questa disaffezione da parte di chi le produce e le propone possono essere in parte legate al profilo commissionale più basso rispetto a quello di multiramo e unit linked e, in parte, al fatto che, proprio a causa della garanzia sui premi netti versati rivalutati, questi prodotti pesano sui bilanci delle compagnie per l’elevato assorbimento di capitale richiesto da Solvency II. Senza dimenticare che offrire una garanzia del capitale e rendimenti stabili nel tempo in un’epoca di normalizzazione delle politiche monetarie è una sfida non da poco per chi deve gestirle. Motivi per i quali nelle vetrine di assicurazioni e banche le polizze Vita tradizionali non sono nella maggioranza dei casi in primo piano. Cercare prodotti tradizionali puri è quindi più difficile che in passato e in alcuni casi le polizze vita di Ramo I proposte sono rivolte a target specifici di clientela.
Al di là delle scelte commerciali di gruppi bancari e assicurativi, un’idea di quanto possano rendere d’ora in poi le polizze tradizionali al netto dei costi è fornita dal Kid (Key Information Document), il documento informativo della lunghezza massima di tre pagine che contiene gli scenari di quanto (al netto dei costi) il sottoscrittore può aspettarsi al momento del rimborso. In pratica, queste simulazioni permettono di avere una stima delle performance in base a quattro diverse situazioni di mercato (favorevole, moderata, sfavorevole e di stress) e alla durata di investimento più appropriata al prodotto finanziario. Non solo; il Kid, oltre agli scenari di performance, dà una proiezione delle commissioni a carico del risparmiatore esprimendole non soltanto in percentuale ma anche in valore assoluto. Un elemento in più per valutare l’investimento, dato che in questo modo balza subito agli occhi quanta parte del capitale investito può essere assorbito dai costi. MF-Milano Finanza ha analizzato un campione dei Kid delle polizze vita che investono in gestioni separate senza fare parte di prodotti misti.
Scenari a confronto. Nel caso di Generali One, che ha un orizzonte temporale raccomandato di 10 anni e investe proprio nella gestione Gesav, lo scenario favorevole prevede un rimborso al netto dei costi di 12,276 euro per 10 mila euro investiti, ossia un rendimento medio annuo del 2,07%. Nello scenario moderato il rimborso si attesta a 11.524 euro (1,43% annuo) e in quello sfavorevole a 10.909 (0,87% annuo). Per quanto riguarda i costi, il totale è 1.750 euro, ossia un impatto sul rendimento per anno dell’1,73%.
Passando a Reale Mutua, qui si trova Protezione Reale, soluzione d’investimento a premio unico che offre la garanzia del capitale iniziale. Per chi investe 10 mila euro lo scenario favorevole prevede dopo dieci anni un possibile rendimento al netto dei costi di 12.372 euro, ossia un rendimento medio annuo del 2,15%. In uno scenario moderato il possibile rimborso al netto dei costi si attesta a 11.594 euro (1,49%). In uno scenario sfavorevole dopo dieci anni il possibile rimborso netto diventa di 10.833 euro (0,8% annuo). I costi totali in questo caso risultano contenuti e si attestano a 693 euro, con un impatto sul rendimento dello 0,73%.
Dal canto suo il prodotto Serie Rivaluta Silver di Helvetia Vita prevede nello scenario favorevole un rimborso al netto dei costi dopo 10 anni pari a 12.213 euro (2,02%). Nello scenario moderato il possibile rimborso si attesta a 11.909 euro (1,76%). Invece nel caso sfavorevole il potenziale rimborso si attesta a 11.521 euro. I costi totali? Ammontano a 2.097 euro, che equivale a un impatto sul rendimento per anno dell’1,66%.
Intanto Sara Vita propone Money Up (orizzonte temporale consigliato di cinque anni) che nello scenario favorevole prevede un rimborso al netto dei costi di 11.922 euro, che equivale a un rendimento medio per ogni anno del 3,58%. Nello scenario moderato il possibile rimborso si attesta a 10.782 euro con un rendimento medio annuo dell’1,52%. Nello scenario sfavorevole il possibile rimborso al netto dei costi è di 10.249 euro, che equivale a un rendimento dello 0,49%. (riproduzione riservata)
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