Il punto di forza della blockchain doveva essere proprio la sicurezza, a prova di ladro digitale.
Invece, secondo alcune ricerche raccolte dal Mit di Boston, aumenterebbe il numero dei “buchi di sicurezza” nelle crittovalute e negli smart contract.
L’idea alla base della blockchain è che ognuno degli attori che partecipa a una di queste catene, siano essere crittovalute come i BitCoin o gli Ethereum, oppure che fa parte di una piattaforma di smart contracts, “possiede” una versione di tutte le transazioni e autenticazioni fatta in maniera crittata. In questo modo nessuno può barare e falsificare ad esempio il proprio portafoglio di bitcoin aggiungendone di nuovi senza averne diritto, oppure cambiando le obbligazioni o i parametri di un contratto smart. Fino ad oggi, almeno.
Ethereum Classic, una delle crittovalute basate su blockchain, è stata infatti attaccata da gruppi di hacker che sono riusciti a prendere il controllo di più della metà della potenza di calcolo della piattaforma e a iniziare a riscrivere la sequenza delle transazioni economiche creando doppi impieghi degli stessi gettoni virtuali. In questo modo si sono appropriati di circa 1,1 milioni di dollari.
I casi di attacchi di questo genere a vari exchange i portali dove è possibile convertire le crittovalute tra di loro e creare le quotazioni che ne assegnano il valore si sono susseguiti negli ultimi mesi. Finora, riporta la Technology Review del Mit di Boston, gli hacker avrebbero rubato fino a due miliardi di dollari di crittovalute dagli inizi del 2017.
Il problema è che più è complesso un sistema di blockchain, più modi ci sono per commettere errori durante la sua creazione.