Il contenuto delle norme tecniche dell’organismo di autoregolamentazione del Cndcec
Pagine a cura di Luciano De Angelis
Per ogni cliente il professionista sarà tenuto a individuare il rischio inerente e specifico. Il rischio effettivo del cliente e delle prestazioni è determinato sulla base della media ponderata dei primi due rischi. È quanto prevedono le nuove norme tecniche redatte dall’organismo di autoregolamentazione del Cndcec e avallate dal Comitato di sicurezza finanziaria.
Il ruolo degli organi di autoregolamentazione. Il ruolo degli organi di autoregolamentazione nasce dall’art. 3, punto 5 della quarta direttiva recepito dall’art. 11 dal dlgs 90/2017 che modifica il dlgs 231/07. Essi, in estrema sintesi, hanno il compito di «adattare» la normativa antiriciclaggio (da sempre pensata per gli istituti bancari e finanziari) alle specificità tecniche del mondo dei professionisti. Ai sensi dell’art. 11, comma 2 del dlgs 231/2017 gli organi di autoregolamentazione sono infatti «responsabili dell’elaborazione e dell’aggiornamento delle regole tecniche, adottate in attuazione del presente decreto, previo parere del Comitato di sicurezza finanziaria, in materia di procedure e metodologie di analisi e valutazione del rischio di riciclaggio cui i professionisti sono esposti nell’esercizio della propria attività, di controlli interni, di adeguata verifica, anche semplificata della clientela e di conservazione e, anche attraverso le loro articolazioni territoriali, garantiscono l’adozione di misure idonee a sanzionarne l’inosservanza…». Ciascuno degli ordini professionali interessati dagli adempimenti agli obblighi antiriciclaggio (notai, dottori commercialisti, avvocati e consulenti del lavoro) è quindi chiamato in causa per redigere le proprie regole tecniche, a cui, nel mese di ottobre, ha provveduto il Consiglio nazionale del notariato e ora il Consiglio nazionale dei dottori commercialisti.
Rischio di sanzioni se le regole tecniche non vengono seguite. La mancata, non corretta o incompleta applicazione di tali disposizioni da parte degli iscritti, a cui sostanzialmente il Cndcec concede sei mesi di tempo per conoscere, recepire e concretamente applicare, potrebbe dar adito a specifiche sanzioni per gli iscritti a fronte di verifiche da parte della Gdf. In tal senso peraltro, sembra orientato anche il Consiglio nazionale del notariato che nel recentissimo studio n. 1/2018, recante «Le Regole tecniche elaborate dagli organismi di autoregolamentazione nella rete delle fonti del diritto», ha ritenuto che nella gerarchia delle fonti del diritto dette regole tecniche si pongano sullo stesso piano di quelle primarie, poiché esse risultano integrative della norma primaria e non sono quindi né assimilabili a norme regolamentari subordinate né a «soft law». Ne deriva che (qualora tale interpretazione risulti sostenibile) l’inadempimento alle norme tecniche integrative degli articoli sull’espletamento dell’adeguata verifica e conservazione (dall’art. 17 all’art. 34 del dlgs 231/07), potrebbero essere passibili di sanzioni ai sensi degli artt. 56 e 57 dello stesso decreto.
Le prestazioni professionali rilevanti. Con riguardo alle definizioni, contenute nell’art. 1 del dlgs 231/07, di prestazione professionale e occasionale, le regole tecniche stabiliscono il confine delle prestazioni professionali rilevanti ai fini antiriciclaggio.
Viene previsto, in proposito, che per le prestazioni professionali continuative, che hanno «una certa durata», come indicato all’art. 1, comma 2, lett. gg), che si articolano necessariamente in molteplici singole attività e comportano l’instaurazione di un rapporto continuativo con il cliente, l’adeguata verifica deve essere effettuata. Ciò non vale sempre per le c.d. prestazioni professionali occasionali, vale a dire le operazioni non riconducibili a un rapporto continuativo in essere, ivi comprese quelle a esecuzione istantanea che comportino la movimentazione o la trasmissione di mezzi di pagamento o il compimento di atti negoziali a contenuto patrimoniale. Queste ultime, infatti, (si pensi alla redazione di un contratto di affitto spot, alla consulenza per un piccolo finanziamento artigiano ecc.) rilevano solo se i mezzi di pagamento trasmessi o movimentati sono di importo pari o superiore a 15 mila euro.
Il rischio non significativo. Passando ora ad analizzare le specifiche norme del Cndcec, si evidenzia che le prestazioni professionali vengono suddivise in 40 categorie. Le prime 24 vengono ragionevolmente considerate come a rischio riciclaggio non significativo. Ciò non esclude che anche per esse una analisi del rischio, seppur non formalizzata dovrà essere effettuata, tuttavia, salvo situazioni particolari di rischio (in cui si potrebbe ipotizzare una adeguata verifica per esempio semplificata) il professionista potrà limitarsi ad acquisire e conservare copia della lettera di incarico professionale, l’eventuale delibera di nomina assembleare e in alcune situazioni, del documento del cliente.
Rischio inerente, specifico ed effettivo. Per ulteriori 16 tipologie di prestazioni, invece, l’analisi del rischio e l’adeguata verifica dovranno essere effettuate, così come la conservazione della documentazione. A riguardo, in primis, l’organismo di autoregolamentazione individua specifiche classi di rischio direttamente «inerente» alla tipologia di prestazione (si veda tabella). In altri termini, si ritiene che una parte del rischio di riciclaggio e di finanziamento al terrorismo «inerisca» direttamente al tipo di prestazione posta in essere dal professionista, che potrà risultare: poco significativo, abbastanza significativo, molto significativo. Questa tipologia di rischio inciderà con parametrazione pari al 30% sul rischio effettivo del cliente.
Il rischio specifico, di contro, viene calcolato sulla base delle previsioni dell’art. 17 del dlgs 231/07 in relazione a 4 criteri generali connessi al cliente (natura giuridica, prevalente attività svolta, comportamento tenuto al momento del conferimento dell’incarico e area geografica di residenza del cliente) e 6 connessi alla prestazione professionale (tipologia, modalità di svolgimento, ammontare dell’operazione, frequenza e volume delle operazioni/durata della prestazione, ragionevolezza, area geografica di destinazione). Per ogni criterio generale, il professionista sarà tenuto a esprimere un punteggio e la media di tali punteggi andrà a determinare il c.d. rischio specifico. Il rischio specifico, a sua volta, potrà essere non significativo, poco significativo, abbastanza significativo o molto significativo.
Il rischio specifico inciderà sul rischio effettivo con «ponderazione» al 70%. Dalla tabella a doppia entrata (che è costruita, in ogni casella, con la somma dei valori ponderati per ciascuna riga/colonna di rischio) che correla il rischio inerente con il rischio specifico andrà a individuarsi il rischio effettivo da cui scaturirà il tipo di adeguata verifica a cui assoggettare il cliente.
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