di Enea Dallaglio – partner Mbs Consulting
Quanti lettori di questo giornale sono professionisti, imprenditori, lavoratori autonomi? La maggior parte, immagino. E fino a che punto è vivida, in ognuno, la consapevolezza di quanto le cose per loro più importanti (il benessere dei famigliari, la realizzazione dei piccoli e grandi progetti di una vita) dipendano dalle loro personali capacità di lavoro? Conosciamo bene il vissuto che nelle persone impegnate nel business accompagna il pensiero delle proprie responsabilità: tutto ciò che ho creato, il tenore di vita futuro dei miei cari dipendono dalle mie scelte, dalla mia capacità di garantire la continuità del reddito.
Ora permettetemi ancora una domanda: per quanto ne sappiate, esiste nel mercato assicurativo italiano un prodotto che offra risposta a questo bisogno? Se siete assicuratori probabilmente risponderete di sì. Ma rivolgiamo la stessa domanda ai potenziali clienti, cinque milioni e mezzo di imprenditori e professionisti che quel bisogno lo vivono in prima persona. Risponderanno che quel prodotto non esiste, o non ne hanno mai sentito parlare.
L’esempio che vi ho proposto serve a mostrare la distanza tra il mondo dei bisogni di protezione e quello dei prodotti assicurativi tradizionali. I bisogni hanno a che fare con i nostri valori a rischio, i beni affettivi e patrimoniali che temiamo di perdere, e mal sopportano le distinzioni tecniche tra le cause del rischio, gli eventi dannosi classificati nei tradizionali rami assicurativi. Essi sono soggettivi, vivono nella mente dei clienti. E non di tutti i clienti, ma solamente di specifici profili. Questo è il punto: finché gli assicuratori disegneranno prodotti come insiemi di garanzie e condizioni contrattuali, la distanza tra i due mondi resterà incolmabile ed essi falliranno nel tentativo di sollecitare la domanda. Se vorranno aprire un ciclo di crescita, le compagnie dovranno riconfigurare le loro proposizioni di offerta.
Molti segnali indicano che questa rivoluzione è stata avviata. Anzitutto la normativa gioca un ruolo favorevole: l’Idd, la recente direttiva europea sulla distribuzione assicurativa, impone alle imprese di disegnare i prodotti per market target. La stessa competizione sta poi spingendo in questa direzione. Le imprese assicurative hanno iniziato a differenziare le strategie di offerta: Allianz ha lanciato prodotti a struttura modulare per il mass market; Reale Mutua ha proposto soluzioni per aree di bisogno del welfare familiare; Generali ha lanciato una soluzione articolata per profili familiari e stili di vita; UnipolSai ha puntato sull’integrazione delle coperture con servizi tecnologici. Ma il segnale più recente di innovazione viene dalla bancassurance. I maggiori gruppi bancari, a partire da Intesa Sanpaolo , si sono resi conto che la protezione può divenire per essi la principale area di espansione e di redditività. Certo non è facile: si tratta di integrare l’assicurazione danni nella cultura e nel core business della banca, e di potenziare le capacità di offerta delle reti; ma anche di innovare l’offerta, distinguendola da quella assicurativa tradizionale.
Intesa Sanpaolo e Unicredit hanno fatto la scelta dei prodotti modulari per supportare la consulenza allo sportello e disegnare soluzioni personalizzate. Si è dunque aperta una fase di innovazione? Grazie alla spinta delle banche il mercato assicurativo avvierà un nuovo ciclo di espansione? È presto per dirlo. Quella dei prodotti modulari rischia infatti di essere una rivoluzione che si ferma a metà strada. Il prodotto modulare permette di confezionare soluzioni su misura; ma se metterete il cliente di fronte a un ricco menu di garanzie assicurative non solleciterete le sue emozioni. Per sviluppare un’offerta market maker nelle assicurazioni di protezione occorrono tre ulteriori passaggi. Primo: strutturare l’offerta per bisogni. Le imprese hanno standardizzato le garanzie assicurative ma sono prive di una tassonomia dei bisogni. Con centinaia di indagini quantitative e qualitative Innovation Team, il laboratorio di ricerca di Mbs Consulting, ha identificato 42 bisogni principali di protezione. Ovviamente è solo un punto di riferimento, visto che ogni segmentazione dei market target produce varianti nel modo di classificare i bisogni. Ma quel che conta è che la loro definizione corrisponda alla percezione dei clienti.
Secondo: profilare i clienti secondo criteri comportamentali, superando i tradizionali schemi di segmentazione patrimoniale. Il bisogno è soggettivo, la sua percezione e la sua intensità dipendono dallo stile di vita personale, e variano con l’evoluzione del ciclo di vita del cliente. La profilazione per disegnare i prodotti è dunque dinamica. Molte imprese non hanno idea di quanto potrebbero rendere precisa l’individuazione dei bisogni dei clienti collegando, con modelli inferenziali, i risultati delle ricerche comportamentali con le informazioni del loro database. Terzo: costruire prodotti espressivi, che si rivolgano a qualcuno in particolare e narrino una storia in cui sia possibile riconoscersi. I prodotti onnicomprensivi offrono gli ingredienti per costruire una soluzione, ma non definiscono un valore per il cliente. Per farlo devono rappresentare il bisogno nel modo in cui è percepito dal cliente. Il contenuto tecnico, le garanzie assicurative, saranno il passo successivo. (riproduzione riservata)
Fonte: