I soci della merchant danno il via libera al nuovo accordo di consultazione. Il sindacato blinda il 19,8% e durerà fino al 31 dicembre 2021. Gli aderenti potranno comprare o vendere azioni in ogni momento, ma non avranno la facoltà di presentare una lista per il board
di Luca Gualtieri
Il legame tra Mediobanca e i suoi azionisti storici non si scioglierà per i prossimi tre anni, anche se sarà meno stretto che in passato. Ieri l’assemblea dei pattisti ha dato luce verde al nuovo strumento che regolerà la governance della merchant fino al 31 dicembre 2021. Come previsto, si tratterà di un accordo di consultazione che consentirà agli aderenti di vendere e acquistare azioni senza preventiva autorizzazione. Un modo cioè per avere le mani libere e movimentare le quote in assenza dei vincoli del passato. L’unico impegno richiesto è quello di «non porre in essere operazioni che facciamo sorgere obblighi di opa», spiega il testo. All’accordo parteciperanno tutti i soci riuniti nel patto in scadenza, con le eccezioni della Financiere du Perguet di Vincent Bolloré e della Italmobiliare della famiglia Pesenti, che hanno dato disdetta alla fine di settembre. Unicredit (primo azionista all’8,40%) ha confermato la propria presenza e sarà quindi il perno della nuova governance assieme al gruppo Mediolanum (3,28%) e all’Edizione della famiglia Benetton (2,10%). Complessivamente i 14 aderenti blinderanno il 19,82% del capitale della banca di Piazzetta Cuccia.
Ma vediamo più di dettaglio come funzionerà la nuova governance. A differenza del patto in scadenza il nuovo accordo non prevede una soglia minima al di sotto della quale scatterebbe automaticamente lo scioglimento e il termine per dare la disdetta formale è fissato nel settembre 2021.
Per quanto riguarda i rapporti con il vertice della banca, il documento punta a preservare l’indipendenza del board: «Qualora il consiglio di amministrazione della banca depositi una lista», spiega il testo dell’accordo, «nessun partecipante avrà la facoltà di presentare una propria lista, ferma restando la piena libertà di voto nell’assemblea dei soci della banca. Nell’ipotesi in cui, per qualsivoglia ragione», precisa l’accordo, «il consiglio uscente non presenti la propria lista, il presidente» del patto «convocherà senza ritardo l’assemblea dei partecipanti per predisporre una lista che dovrà essere approvata con la maggioranza dei tre quarti delle azioni». Ma c’è anche una terza ipotesi: «Qualora il consiglio uscente non presentasse la propria lista e l’assemblea dei partecipanti non fosse in grado di approvare la lista con la maggioranza richiesta, ogni partecipante o gruppo di partecipanti avrà la facoltà di presentare una propria lista», ma resta «la piena libertà di voto nell’assemblea dei soci della banca». Il nuovo assetto di governance potrebbe incontrare il gradimento del top management visto che garantirà l’indipendenza e la centralità del consiglio di amministrazione. Del resto il progressivo allentamento del legame con i soci storici parte da lontano e potrebbe sfociare in una naturale trasformazione in public company. Lo stesso amministratore delegato Alberto Nagel vede da tempo in una public company il punto di arrivo di Piazzetta Cuccia e il dialogo avuto in questi anni con gli investitori istituzionali è un perno di questa strategia. (riproduzione riservata)
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