Un paper sul Pir realizzato da Deloitte, Nctm e JeMe Bocconi studenti fa il punto sul successo dei piani, ma avverte che ora ci potrà essere un rischio bolla finanziaria sui titoli Pir compliant. Il Mise critica le commissioni e si sofferma su luci e ombre dello strumento. Mentre Eurizon lavora sugli Eltif
di Roberta Castellarin
Un paper sui Pir (Piani individuali di risparmio) realizzato da Deloitte, Nctm e JeMe Bocconi studenti fa il punto sul successo dei piani, ma avverte che ora ci potrà essere un rischio bolla finanziaria sui titoli Pir compliant. Il Mise punta il dito sulle commissioni, ma pensa agli investitori istituzionali. Mentre Eurizon mette in evidenza come l’incidenza dei Pir sulla raccolta globale dell’industria del risparmio gestito sia salita da circa il 10% del 2017 al 28% dei primi nove mesi del 2018
Lo studio realizzato da JeMe Bocconi (Junior Enterprise di studenti dell’Università Commerciale L. Bocconi) su iniziativa di Nctm Studio Legale e Deloitte ricorda che la raccolta di risparmio confluita sui Pir a solo poco più di un anno dalla loro introduzione ha superato tutte le aspettative del Ministero dell’Economia. Dopo pochi mesi dall’introduzione sono stati lanciati sul mercato 70 prodotti, con forti aspettative di crescita futura. Da gennaio 2017 a fine giugno 2018 si sono registrati poco meno di 19 miliardi di masse in gestione e una raccolta di 14,4 miliardi, con una previsione di 67,9 miliardi di raccolta nei primi cinque anni di vita dei Pir. Un simile flusso di denaro, confluito in così poco tempo nel mercato delle Pmi, ha visto una crescita generale del valore degli strumenti finanziari di queste aziende.
In assenza di un aumento delle quotazioni di pmi esiste “il rischio concreto” di una bolla speculativa sulle società a piccola e media capitalizzazione quotate a Piazza Affari. “Qualora questa crescita nei volumi e nella liquidità degli indici” che sono influenzati dai Pir “non fosse supportata da una corrispondente quotazione di un numero adeguato di pmi, e dato che l’attuale bacino di imprese è limitato, vi sarebbe il rischio concreto che si formi una bolla speculativa delle Mid e Small Cap”. Un fenomeno, si legge nello studio, “dovuto alle innumerevoli risorse investite nei mercati, troppo piccolo sotto molti aspetti, che hanno reagito al successo dei Pir con un aumento sregolato delle valutazioni”.
La crescita delle società quotate “risulta fondamentale per permettere il corretto funzionamento di indici di mercato come, ad esempio, l’Aim”. Per stimolare un numero di quotazioni “effettivamente sufficiente” a rimuovere il rischio bolla lo studio suggerisce l’introduzione di “incentivi alla quotazione”. Lo studio, analizzando l’andamento dell’indice Ftse Italia Pir pmi All, evidenziava un aumento medio dei prezzi del 40% tra gennaio e ottobre 2017.
“Il successo e la validità dei Pir sono indubbi, ma qualche ombra c’è. Sul segmento non quotato è andato poco così come su quello primario e l’industria ha un po’ anticipato il ritorno fiscale a se stessa in termini di commissioni: su questo fronte si poteva avere un atteggiamento più cauto”. È quanto ha sostenuto Stefano Firpo, direttore generale del Ministero dello Sviluppo Economico nel corso di una tavola rotonda dedicata ai Pir in occasione della presentazione del Paper.
“I Pir sono uno strumento importante per canalizzare un po’ di risparmio verso il Corporate Italia e creare più liquidità sul mercato italiano. Questo ha un effetto positivo perchè rende i processi di quotazione più efficaci, ci sono quindi tante luci. Qualche ombra però rimane. Non ci aspettiamo da questo strumento una capacità curativa più ampia di quella che ha perchè la strada per aprire il mercato alle imprese è ancora lunghissima”. Il dirigente ha ricordato che è già stato fatto tanto in questa direzione: dalla riforma dei mini bond all’apertura del segmento del private debt, ma la competitività del mercato finanziario italiano e’ ancora indietro rispetto ad altri Paesi.
“Quello dei Pir è un cantiere che rimarrà aperto a lungo. Si tratta”, avverte l’esperto del Mise, “di uno strumento che deve rimanere di mercato e non va snaturato e in più si incastona in modo complesso all’interno della legislazione sugli aiuti di Stato. Il risultato è il frutto di una interlocuzione complessa con la commissione Ue, quindi attenzione a non metterci le mani complicandone il profilo”, aggiunge. Ci sono ancora due ambiti su cui occorre lavorare in maniera più approfondita. “I Pir istituzionali sono ancora una missione mancata nel nostro sistema a cui bisogna porre rimedio”, spiega Firpo.
Massimo Mazzini, direttore marketing e sviluppo commerciale di Eurizon, ha messo in evidenza come l’incidenza dei Pir sulla raccolta globale dell’industria del risparmio gestito sia salita da circa il 10% del 2017 al 28% dei primi nove mesi del 2018, sebbene quest’anno la raccolta dei Pir a settembre sia scesa a 3,5 miliardi di euro rispetto ai circa 11 miliardi del 2017. “Quest’anno” ha spiegato, “la raccolta è più difficile per via di questa incertezza che c’è in Italia ma anche a livello globale ma i Pir dimostrano una maggiore resilienza rispetto ad altri prodotti del risparmio gestito” in quanto beneficiano del “vantaggio fiscale” riconosciuto a chi li tiene in portafoglio per cinque anni.
“Come Eurizon, e come industria del risparmio gestito, stiamo lavorando su un’evoluzione dello strumento per ovviare alla caratteristica della liquidabilità dei fondi comuni. In Eurizon stiamo studiando dei fondi chiusi, gli Eltif, che permetteranno di finanziare le pmi mantenendo l’investimento su un orizzonte coerente con l’asset. La differenza tra il fondo Ucits e l’Eltif è la modalità di distribuzione, il secondo richiede una maggiore preparazione da parte dell’investitore”, ha concluso Mazzini.
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