di Roberta Castellarin
La ricchezza delle famiglie italiane in rapporto al reddito disponibile resta consistente, ma il tasso di risparmio continua a calare, registrando valori inferiori alla media dell’area euro. Questo dato emerge dal Rapporto Consob sulle scelte di investimento delle famiglie italiane per il 2018 pubblicato oggi dall’Authority di borsa. L’indagine rivela infatti che la ricchezza netta delle famiglie italiane rimane stabile sui livelli del 2012 attestandosi a 9 volte il reddito disponibile, mentre il dato medio per i paesi dell’area euro è 8 volte il reddito disponibile.
Il tasso di risparmio lordo (rispetto al reddito disponibile) continua a calare e ad attestarsi al di sotto della media dell’area euro: a fine 2017 risultava pari al 9,7%, a fronte dell’11,8% della media dell’Eurozona (nel 2004 aveva raggiunto il 15%, superando la media area euro di un punto percentuale). La crisi del 2007-2008 ha segnato un punto di caduta, che sembrava destinato al recupero tra il 2012 e il 2014, rivelatosi poi solo temporaneo. Meno di un italiano su due tiene una pianificazione finanziaria e risparmia in modo regolare. Alla fine del 2017, il 29% delle famiglie possiede almeno un’attività finanziaria.
Con riferimento alle scelte di portafoglio, Italia ed Eurozona continuano a registrare il tradizionale divario nel peso della componente assicurativa e previdenziale, che nel contesto domestico rimane più contenuto anche se in crescita. A pesare di più nella composizione di portafoglio sono i fondi comuni e i titoli di Stato italiani (dopo i depositi bancari e postali). Per quanto riguarda il livello di indebitamento, le famiglie italiane continuano ad essere più virtuose, registrando a fine 2017 un rapporto debito/pil pari al 40% a fronte di poco meno del 60% per la media dell’area euro.
Per quanto riguarda l’inclusione finanziaria, la diffusione di alcuni prodotti e servizi bancari (conto corrente, carta di credito e carta di debito) vede l’Italia in linea con la media dell’area euro, grazie all’incremento registrato nel periodo 2011-2017. In alcuni casi rimane un più accentuato gap di genere, che vede ad esempio carte di credito e di debito meno diffuso tra le donne, mentre si sta riassorbendo il gap per livello di istruzione e per livello di reddito.
Sono meno incoraggianti i dati relativi alla familiarità con gli strumenti di pagamento digitali, che vedono le famiglie italiane meno abituate a utilizzare il telefono mobile o internet per i pagamenti (poco più del 20% versus il 45% in Eurozona) e maggiormente polarizzate in funzione di genere, reddito, livello di istruzione e occupazione.
Il Rapporto è articolato in più sezioni. La prima sezione illustra i macro-trend di ricchezza e risparmio delle famiglie; la seconda delinea le caratteristiche socio demografiche e attitudini individuali del campione; la terza esplora competenze finanziarie e attitudine verso il rischio dei decisori finanziari; la quarta sezione è dedicata alle abitudini di financial control (pianificazione finanziaria, gestione del budget familiare, indebitamento e risparmio); la quinta e la sesta indagano, rispettivamente, le scelte d’investimento più diffuse e la domanda di consulenza finanziaria da parte degli individui intervistati. Il Focus del Rapporto 2018 è dedicato alla “theory of planned behaviour” e alle intenzioni di accrescere la cultura finanziaria e di monitorare il bilancio familiare.
Infatti secondo Consob per migliorare il rapporto degli italiani con la finanza è importante agire anche sulle attitudini. Rispetto alle rilevazioni precedenti, l’indagine Consob rileva alcuni tratti individuali che possono svolgere un ruolo nell’attitudine degli individui verso le decisioni economico-finanziarie. In particolare, sulla base delle auto-valutazioni degli intervistati è possibile affermare che il 36% ha una elevata preferenza per le informazioni in formato numerico; il 40% si definisce molto incline ad attività cognitive impegnative; il 47% ha un livello elevato di auto-efficacia (relativa alle percezioni della propria capacità di gestire gli eventi in modo efficace per il raggiungimento dell’obiettivo prefissato); il 24% mostrerebbe un’elevata capacità di auto-controllo. Tali tratti, insieme ad ansia finanziaria, propensione verso l’ottimismo (elevato per 28% del campione) e la fiducia negli altri (elevata per il 30% del campione) si associano a certe caratteristiche socio-demografiche nonché a conoscenze e comportamenti finanziari.
In generale, la propensione a “mettersi in gioco con ragionamenti complessi e con i numeri” si associa a competenze finanziarie più elevate e comportamenti più corretti in termini di pianificazione, budgeting e investimento, mentre l’ansia finanziaria mostra un’associazione negativa. Le conoscenze finanziarie degli italiani rimangono basse, anche se gli investitori sono più bravi di chi non investe.
In merito alle competenze di calcolo, strumento indispensabile per l’accrescimento della cultura finanziaria, solo il 23% degli intervistati mostra di avere familiarità con il concetto di probabilità. Le conoscenze finanziarie delle famiglie italiane rimangono contenute: le nozioni di base (inflazione, relazione rischio/rendimento, diversificazione, mutui, interesse composto) sono comprese da circa il 50% degli intervistati, mentre per i concetti più avanzati (relazione prezzo/tassi di interesse delle obbligazioni e rischiosità delle azioni) si registrano meno del 20% di risposte corrette. Però gli investitori rispondono meglio: ad esempio, alle domande su inflazione e relazione rischio/rendimento rispondono correttamente 7 investitori su 10, a fronte di 5 non investitori su 10.
I dati rivelano, inoltre, un disallineamento fra conoscenze finanziarie reali e conoscenze percepite, che interessa circa il 30% degli intervistati. La propensione all’overconfidence (ossia a sopravvalutare le proprie conoscenze finanziarie) è meno frequente tra gli individui con maggiori conoscenze finanziarie. Il quadro delle conoscenze finanziarie si completa con la cosiddetta risk literacy: posti di fronte alla domanda di ordinare alcuni strumenti finanziari (azioni, fondi azionari, derivati, obbligazioni non finanziarie) in funzione del livello di rischio, solo il 10% campione è in grado di ordinare correttamente le alternative di investimento per livello di rischio.
Meno di un italiano su due tiene una pianificazione finanziaria e risparmia in modo regolare. Questi comportamenti sono più frequenti al crescere delle conoscenze finanziarie e in presenza di alcune attitudini personali (ad esempio, propensione all’uso di informazioni numeriche, auto-efficacia, auto-controllo, abilità di calcolo); viceversa, l’ansia finanziaria (ossia la propensione a provare disagio nella gestione delle proprie finanze) è correlata negativamente.
La maggior parte delle famiglie italiane si caratterizza per una capacità ancora contenuta di pianificazione e monitoraggio delle scelte finanziarie (cosiddetto financial control): il 40% circa degli intervistati non tiene un bilancio familiare; il 70% delle famiglie dichiara di controllare le spese, ma solo il 30% ne tiene traccia scritta; solo un terzo degli intervistati dichiara di avere un piano finanziario e di controllarne gli esiti.
Le famiglie intervistate risparmiano in modo regolare (soprattutto per motivi precauzionali) in meno del 40% dei casi e in modo occasionale nel 36% dei casi; il 25% non accantona nulla, soprattutto per vincoli di bilancio. In generale, il risparmio regolare è più frequente tra i soggetti più abbienti; rilevano tuttavia anche le conoscenze finanziarie e le competenze percepite, l’abitudine a pianificare e talune inclinazioni.
Gli investimenti etici e socialmente responsabili (SRI) sono ancora poco conosciuti e poco attrattivi: più del 60% degli intervistati, infatti, dichiara di non averne mai sentito parlare e meno di un terzo manifesta interesse dopo essere stato informato degli elementi che in astratto li qualificano.
I comportamenti nel processo di investimento mostrano ancora numerose criticità. La maggior parte degli intervistati dichiara di assumere le informazioni utili per l’investimento dal funzionario di banca. Solo il 25% degli intervistati fa riferimento al prospetto finanziario. La maggioranza del campione ricorre ai consigli di amici e parenti (cosiddetta consulenza informale), poco più del 20% si affida alla consulenza professionale o delega un esperto, il 28% sceglie in autonomia. Il 40% non monitora i propri investimenti.
Più del 50% degli intervistati non è in grado di definire in cosa consista il servizio di consulenza in materia di investimenti; nella scelta del consulente contano la fiducia e l’indicazione dell’istituto bancario di riferimento. Circa l’80% degli investitori è convinto che la consulenza sia gratuita ovvero non è in grado di dire se essa venga remunerata, mentre il 48% circa non è disposto a pagare per il servizio.
Fonte: