Cir allo scontro coi Pir. Dopo il successo registrato dai Piani individuali di risparmio, un nuovo acronimo ha iniziato ad aleggiare tra i corridoi del ministero dell’economia. Si tratta dei Cir, ovvero Conti individuali di risparmio, uno strumento allo studio del governo per cercare di riequilibrare il peso del debito pubblico nelle mani degli italiani attraverso il ricorso alla leva fiscale. Secondo le rilevazioni della Banca d’Italia, infatti, su un totale di oltre 2.300 miliardi di debito pubblico, la quota in mano a investitori non residenti si aggira attorno al 31% (in gran parte banche e fondi d’investimento).
Mentre famiglie e imprese italiane detengono appena il 5% del debito pubblico italiano. Ecco dunque l’idea di creare dei conti titoli destinati ai cittadini residenti nel Paese, che saranno alimentati da Btp di nuova emissione capaci di generare un rendimento praticamente esentasse per i sottoscrittori. «La struttura è definita», ha spiegato Armando Siri, sottosegretario alle Infrastrutture e promotore dell’iniziativa. «È previsto un tetto pro-capite di 3 mila euro all’anno e una detrazione a fini Irpef del 23% sulle somme investite. Mentre i rendimenti saranno detassati». Tutto questo, nelle intenzioni dell’esecutivo, dovrebbe consentire di raccogliere capitali per 15 miliardi di euro già dal primo anno con cui andare a finanziare gli interventi di incremento della spesa pubblica ipotizzati dal governo. La partita, tuttavia, è ancora tutta da giocare. Vuoi per lo scetticismo mostrato da alcune frange del ministero dell’economia che non vedrebbero di buon occhio i nuovi strumenti a causa di una possibile incompatibilità con le leggi sugli aiuti di Stato. Vuoi anche per il rischio di una possibile bocciatura sul fronte europeo del nuovo strumento finanziario. Sta di fatto, che per il loro varo dei Cir si dovrà attendere, con buone probabilità, una manovra ad hoc durante l’esame della legge di Bilancio di fronte a camera e senato.
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