In legge di Bilancio 10 miliardi per il reddito di cittadinanza, la revisione della Fornero della quale beneficeranno in 400mila e la chiusura delle cartelle Equitalia fino a 100mila euro
di Andrea Pira
Mao Zedong, del quale il ministro Giovanni Tria era estimatore in gioventù, sosteneva che il nemico andasse fiaccato con mille punture di spillo. L’insegnamento del Grande Timoniere si è però rivoltato contro il titolare del Tesoro, sfinito lui stesso dal continuo pungolare della maggioranza che sostiene l’esecutivo per strappare al «Cerbero» dei conti pubblici quanto più deficit possibile per realizzare in manovra il contratto di governo. Alla fine di una estenuante giornata di trattative Tria ha ceduto alle pressioni dei colleghi: il rapporto deficit-pil sarà al 2,4%. Uno schiaffo anche per l’Unione europea che aveva paventato un rischio bocciatura della manovra se si fosse sforato il limite del 2%. Un successo per i parlamentari grilli accorsi a festeggiare davanti a Palazzo Chigi, al grido di non temere «né i mercati né lo spread». Ma il ministro non si dimetterà, decisione sulla quale avrebbe influito una telefonata del Capo dello Stato, Sergio Mattarella.
L’esito è stato frutto di una serie di continue concessioni e rialzi. Cartina tornasole delle divergenze in seno al governo è stata la notizia della mancata partecipazione del ministro alla riunione politica del pomeriggio con il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte e i suoi due vice Matteo Salvini e Luigi Di Maio dalla quale era stato fatto trapelare ottimismo sulla possibilità di un compromesso. Il ministro era invece presente alla seconda riunione, presentando coperture per il reddito di cittadinanza, vessillo dei 5 Stelle, ma, secondo quanto filtrato, non dando sufficienti garanzie sulla riforma della legge Fornero. La coperta d’altra parte era corta.
Il punto di partenza del Tesoro, deficit all’1,6%, avrebbe garantito di disinnescare l’aumento degli aumenti dell’Iva per 12,4 miliardi di euro, ma poco altro. Alla fine, però ha dovuto capitolare. Ad annunciarlo è stato Salvini, «pienamente soddisfatto» degli obiettivi raggiunti: l’Iva non aumenterà, ci sarà il superamento della legge Fornero; «tasse abbassate al 15% per più di un milione di lavoratori, chiusura delle cartelle Equitalia fino a 100mila euro, investimenti per strade, scuole e comuni».
I pentastellati possono invece presentare al loro elettorato 10 miliardi strappati per avviare il reddito di cittadinanza a 6,5 milioni di persone (non quindi i 5 milioni in povertà assoluta censiti dall’Istat), che Di Maio vuole erogare a partire da marzo, e la riforma dei centri per l’impiego. Ottengono anche l’aumento a 780 euro delle pensioni minime, dette ormai «di cittadinanza», che intendono finanziare con il taglio degli assegni più alti. A ciò si aggiungeranno gli 1,5 miliardi destinati al fondo per risarcire i risparmiatori colpiti dalle risoluzioni bancarie degli scorsi anni. Tutte misure che figuravano anche nella bozza del Piano nazionale per le riforme circolata nel pomeriggio, ma definita da fonti del governo «largamente superata».
Nel testo si metteva l’accento sulla riduzione del debito pubblico, a prescindere dalle norme dalle regole di bilancio europee. Ma si prospettava una discesa più graduale rispetto all’aggiustamento di 0,6 punti percentuali l’anno, che comporterebbe «un’eccessiva stretta fiscale». Alla riduzione potrebbero contribuire «direttamente o indirettamente» i proventi del riordino delle concessioni. Il governo studia l’ipotesi. Parte di quelle di competenza delle amministrazioni locali potrebbero afferire al Fondo di ammortamento del debito, assieme ai proventi di dismissioni immobiliari e alienazioni di quote delle partecipate, mantenendo come obiettivo annuo, lo 0,3% del pil. Altra priorità è il rilancio degli investimenti pubblici, che il Tesoro non nasconde di voler riportare a livelli pre-crisi e che quest’anno sono invece calati all’1,9% del pil.
La bozza contiene anche un capitolo banche. Oltre al ristoro per i risparmiatori annunciato da Di Maio, nel Piano nazionale di riforme si legge che sarà valutata l’introduzione di una nuova Gacs, la garanzia sulla cartolarizzazione delle sofferenze, verificandone anche la possibile estensione ai crediti classificati come inadempienze probabili. (riproduzione riservata)
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