I due grandi soci chiedono maggiore sprint nel piano
di Giuseppe Stadio Caputo
Il Leone ruggisce e alcuni soci fanno sentire la loro voce sul nuovo piano industriale 2019-2021 delle Generali in cantiere e che l’amministratore delegato Philippe Donnet presenterà a Milano il 21 novembre. Secondo quanto risulta a MF-Milano Finanza, Francesco Gaetano Caltagirone e Leonardo Del Vecchio hanno chiesto più spinta propulsiva nel prossimo futuro, con il ricorso eventualmente anche a un aumento di capitale per presidiare meglio i mercati europei e rafforzare la quota di mercato.
Così si sarebbero espressi durante il vertice svoltosi a Milano nella sede di Mediobanca mercoledì 12, il costruttore-editore romano, azionista con il 4% (prossimo a salire al 5 e poi al 7%) e il re degli occhiali (con il 3,1%), non seguiti in ciò dagli altri presenti: Alberto Nagel, ad di Mediobanca (13,2%) e Lorenzo Pellicioli, ad di Dea Capital (1,5%). Non c’era nessun rappresentante di Edizione (3,25%): il gruppo Benetton, dopo il crollo del Ponte Morandi, ha rivisto completamente le strategie concentrandosi su Autostrade (e torri) anche per non distrarre risorse, riponendo in un cassetto il vecchio proposito di aumentare la quota al 5% e avere un ruolo proattivo accanto agli altri soci italiani.
«Il nuovo piano non prevede una crescita per linee esterne», aveva detto Donnet all’assemblea del 19 aprile. «Sarà un piano di profonda trasformazione», aveva aggiunto il manager francese arrivato il 17 marzo 2016 alla guida della compagnia al posto di Mario Greco, uscito due mesi prima. Il 23 novembre di quell’anno aveva presentato il piano di riorganizzazione e taglio di costi con l’obiettivo di aumento della redditività del 15% entro il 2019 e assicurare un’adeguata remunerazione agli stakeholders.
La bozza del progetto presentata ai grandi azionisti non è piaciuta a due dei privati maggiori e più rappresentativi. Mediobanca e Dea Capital non si sarebbero espressi più di tanto. Nagel è un sostenitore di Donnet che riscuote il sostegno anche di Jean Pierre Mustier, senza che l’ad di Unicredit sia allineato con Nagel, e Pellicioli finora è stato un suo alleato nelle scelte e decisioni su Trieste, come fu chiaro dal ruolo svolto nella primavera-estate 2012 quando fu dimissionato Giovanni Perissinotto.
Non è un piano ambizioso e sfidante, questa sarebbe la motivazione alla base delle osservazioni di Caltagirone e Del Vecchio, serve più grinta. Il timore dei due imprenditori è che Generali possa nuovamente finire nel mirino di qualche player, come nel 2017 quando Intesa Sanpaolo avviò uno studio di fattibilità per un’opas arenatasi qualche mese dopo. Per questo i target devono diventare più ambiziosi e per raggiungerli il Leone potrebbe anche ricorrere a un aumento di capitale.
L’ultima operazione, gratuita, è avvenuta a maggio 2007 mentre dal 2017 la compagnia ha realizzato un piano di ottimizzazione della presenza internazionale uscendo dai mercati meno profittevoli, combinato con mirate acquisizioni strategiche dove allocare la liquidità incassata. Così nel 2017 è stata completa la vendita della partecipazione in Guatemala, del portafoglio danni in run-off della filiale inglese, mentre quest’anno sono state cedute le attività in Olanda, Panama, Colombia, la società irlandese Generali Paneurope e l’89,9% di Generali Leben.
Con quest’ultima operazione è stato chiuso il turnaround strategico in Germania, che resta un paese-chiave per il Leone. E sarebbe proprio la Germania uno dei mercati dove i soci italiani spingono per nuove acquisizioni. Donnet ha dovuto gestire Trieste in un contesto di tassi-zero spremendo il tasso delle efficienze. Così ha proceduto alla razionalizzazione della macchina operativa, al rafforzamento delle capacità tecniche fino all’innovazione di prodotto.
Uno dei driver è la sfida del risparmio gestito e l’innovazione con la priorità del digitale senza trascurare la figura dell’agente, che rimane centrale. Dopo aver escluso operazioni straordinarie all’assemblea di aprile, durante la presentazione della semestrale in estate, il ceo ha riaperto a possibili operazioni di m&a che portino a una diversificazione geografica o di prodotto con particolare riguardo all’area P&C e all’asset management. In questo ambito andrà ritagliata una posizione strategica per Banca Generali , dove si alternano ipotesi di crescita diretta e possibili combinazioni. (riproduzione riservata)
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