L’affermazione di una responsabilità ex art. 2043 c.c. dell’ente richiede la precisa individuazione e contestazione del comportamento colposo ad esso rimproverabile.
Tale responsabilità non può essere riconosciuta sulla base di un criterio oggettivo, consistente nell’individuazione da parte della legge nazionale e regionale di un generale compito di controllo e gestione del randagismo in capo a detto ente.
È il danneggiato che deve dimostrare la sussistenza e i contenuti della condotta obbligatoria esigibile dalla controparte, oltre alla relativa omissione, nonché il nesso causale tra l’evento dannoso e la mancata osservanza di tale condotta.
Applicando i principi generali in tema di responsabilità per colpa di cui all’art. 2043 c.c., non è sufficiente – per affermare la responsabilità in caso di danni provocati da un animale randagio – individuare semplicemente l’ente preposto alla cattura dei randagi e alla custodia degli stessi.
Non può infatti essere materialmente esigibile dalla P.A. un controllo del territorio tanto capillare e tempestivo da impedire in termini assoluti la possibilità che un animale randagio si trovi effettivamente sul territorio.
Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 3, 14/05/2018 n. 11591