di Lucia Prete
“Per i difetti della costruzione derivanti da vizi ed inidoneità del suolo, anche quando gli stessi siano eventualmente ascrivibili alla imperfetta od erronea progettazione fornitagli dal committente, l’appaltatore risponde anche solo per difetto dell’ordinaria diligenza”. Così la Cassazione nella sentenza sez. II civ., 12-6-2018, n. 15321.
Nell’ipotesi di specie la ditta appaltatrice cui era stata commissionata la costruzione di un immobile era stata ritenuta corresponsabile per i danni da questo riportati in seguito alla mancata previsione dell’innalzamento della falda acquifera sottostante l’edificio al tempo dell’esecuzione del fabbricato.
La Cassazione precisa che all’appaltatore è richiesto l’impiego delle conoscenze e dei mezzi idonei per l’esecuzione della propria obbligazione consistente nella realizzazione dell’opera esente da vizi e difformità.
Secondo i giudici di legittimità la presunzione di responsabilità stabilita dal legislatore in capo all’appaltatore per la rovina e i difetti degli immobili deve essere superata dimostrando che la causa dei difetti sia riconducibile ad un fatto fortuito non prevedibile dall’appaltatore.
La sentenza in esame mette in evidenza che rispondono, assieme all’appaltatore, anche i soggetti (progettista, direttore dei lavori), che partecipando a vario titolo all’esecuzione della costruzione, abbiano concorso a determinare i difetti dell’opera.
La Cassazione ritiene che l’indagine relativa alle caratteristiche geologiche del terreno su cui deve sorgere la costruzione rientri tra i compiti dell’appaltatore, in quanto l’esecuzione a regola d’arte di una costruzione richiede necessariamente che il progetto sia compatibile con la natura e la consistenza del suolo edificatorio.
Secondo la sentenza nelle ipotesi di difetti delle costruzioni che dipendono dalla inidoneità del suolo l’appaltatore “può andare esente da responsabilità solamente laddove nel caso concreto le condizioni geologiche non risultino accertabili con l’ausilio di strumenti, conoscenze e procedure “normali” avuto riguardo alla specifica natura e alle peculiarità dell’attività esercitata”.
La sentenza ritiene, inoltre, che “ l’appaltatore, dovendo assolvere al proprio dovere di osservare i criteri generali della tecnica relativi al particolare lavoro affidatogli, è obbligato a controllare, nei limiti delle sue cognizioni, la bontà del progetto o delle istruzioni impartite dal committente e, ove queste siano palesemente errate, può andare esente da responsabilità soltanto se dimostri di aver manifestato il proprio dissenso e di essere stato indotto ad eseguirle, quale nudus minister, per le insistenze del committente ed a rischio di quest’ultimo. Pertanto, in mancanza di tale prova, l’appaltatore è tenuto, a titolo di responsabilità contrattuale, derivante dalla sua obbligazione di risultato, all’intera garanzia per le imperfezioni o i vizi dell’opera senza poter invocare l’eventuale concorso di colpa del progettista o del committente, né l’efficacia esimente di eventuali errori nelle istruzioni impartite dal direttore dei lavori”.
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