di Roberto Miliacca
Il cambio di legislatura, inevitabilmente, ha imposto un colpo di freno a molti settori sui quali era in fase di definizione una regolamentazione di tipo secondario. Uno di questi settori è quello sanitario: a un anno di distanza dall’entrata in vigore della legge Gelli-Bianco (legge n. 24/2017) di riforma del sistema di responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie, stava infatti prendendo forma l’articolata fase dell’esecuzione. Dei sette decreti di attuazione, però, ne sono stati emanati solo tre, cioè quelli di competenza del ministero della salute, come quello che ha istituito il sistema nazionale Linee guida presso l’Istituto superiore di sanità. Ne restano da varare quattro, uno peraltro sempre di competenza della sanità, ed è quello che dovrebbe definire le modalità di gestione del fondo di garanzia delle vittime di casi di malpractice medica. Gli altri tre, di competenza del Mise, riguardano invece le assicurazioni, e uno è particolarmente atteso per la sua delicatezza, perché deve determinare i requisiti minimi delle polizze assicurative per le strutture sanitarie e sociosanitarie pubbliche e private e per gli esercenti le professioni sanitarie, prevedendo l’individuazione di classi di rischio a cui far corrispondere massimali differenziati. Gli avvocati che seguono il settore, e che Affari Legali ha sentito questa settimana, stanno seguendo con attenzione lo sviluppo della normativa, visto che il contenzioso per malpractice sanitaria non è affatto in calo, nonostante la previsione del ricorso agli accertamenti tecnici preventivi (Atp) che dovrebbero aiutare a definire, in via transattiva, molte controversie. Il meccanismo però non starebbe funzionando del tutto, e la giurisprudenza sta sopperendo agli aspetti in chiaroscuro della normativa. L’ennesimo work in progress.
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