di Andrea Giacobini
2 marzo 2017. La tempesta scatenatasi su Intesa Sanpaolo in seguito alla mancata aggregazione con le Generali si era placata da non molto e Carlo Messina, ceo della banca italiana, era a New York, all’Hotel St. Regis sulla Quinta Strada, per ricevere il premio per la corporate social responsibility assegnato della Foreign Policy Association. A consegnargli il prestigioso riconoscimento, dedicato ai manager del settore finanziario che si distinguono nel campo della responsabilità sociale d’impresa, era Laurence (Larry) Fink, numero uno di BlackRock, il gigante a stelle e strisce dell’asset management che proprio di Intesa è azionista con poco meno del 5%.

È passato più di un anno. Il Leone di Trieste è rimasto fra i progetti prima esaminati e poi scartati da Messina, ma in compenso il legame con BlackRock si prepara a fare un salto di qualità perché il titano americano sta per sedersi su uno strapuntino del 10-30% di Eurizon Capital sgr. La fabbrica prodotti di fondi di Intesa guidata da Tommaso Corcos nel 2017 ha segnato un utile netto pro-forma di 511,1 milioni, in aumento del 38,9% rispetto al 2016. Con un patrimonio in gestione di 313,6 miliardi, in espansione dell’8,2% rispetto all’anno precedente, che ha beneficiato di una raccolta fondi positiva per 19 miliardi sui 12 mesi, posizionando Eurizon per il quinto anno consecutivo al vertice della classifica in Italia degli asset manager, la società ha realizzato un margine da commissioni di 718,3 milioni, in incremento del 26,7%.
Numeri ottimi per l’Italia ma minuscoli rispetto a quelli di un gigante come BlackRock. Che nel quarto trimestre 2017 ha visto i suoi asset gestiti salire del 22% a 6.288 miliardi di dollari superando la soglia psicologica dei 6 mila miliardi. Negli ultimi tre mesi dello scorso anno la Roccia Nera ha messo a segno profitti netti per 2,3 miliardi, in rialzo del 171% rispetto agli 851 milioni dello stesso periodo dell’anno precedente. Il fatturato è stato di 3,4 miliardi di dollari, in rialzo del 20% e meglio dei 3,32 miliardi attesi dagli analisti. Gli afflussi netti di capitale sono stati pari a 102,9 miliardi di dollari e più della metà dei fondi entrati tra ottobre e dicembre, ovvero 54,8 miliardi, sono finiti nella divisione degli Etf iShares. Nell’intero anno BlackRock ha messo a segno un fatturato di 12,5 miliardi, in rialzo del 12% rispetto al 2016, e l’utile è salito del 57% a 4,97 miliardi.

Che senso ha dunque che un gigante entri nella casa di un player di dimensioni ben inferiori e dalla porta di servizio? Gli analisti ipotizzano che il deal Eurizon-BlackRock sia in realtà prodromico alla nascita di un player globale dell’asset management o comunque di un colosso europeo, sulla falsariga del francese Amundi, che è diventato il primo gestore continentale dopo l’acquisizione di Pioneer da Unicredit . In particolare, per Equita sim il valore di Eurizon potrebbe essere nell’ordine di 3,8 miliardi di euro e l’acquisto di almeno il 10% del capitale da parte della Roccia Nera potrebbe portare una plusvalenza di 400-500 milioni di euro alla controllante Intesa . Anche per gli analisti di Mediobanca , che su Intesa ha un giudizio neutrale, la vendita di un pezzo di Eurizon potrà avere un effetto benefico sui dividendi della grande banca italiana e favorirà la nascita di un big player del risparmio gestito. E allora lo scenario futuro, al di là delle motivazioni di Messina di volersi assicurare una buon fetta di utile 2018 grazie alla plusvalenza legata alla cessione, potrebbe spiegare perché BlackRock oggi si accontenti di una posizione defilata per assumerne una ben più consistente in un’ottica di aggregazione tra l’asset management e il wealth management di Intesa , rappresentato da quella Fideuram Ispb che già oggi è il primo collocatore di fondi BlackRock in Italia.
La Penisola, alla pari di Germania, Francia e Svizzera, è peraltro ritenuta dal gigante americano uno dei quattro priority markets della regione Emea e in quello tricolore la Roccia Nera, quinto gestore in classifica, ha il 4% del mercato retail e il 3% degli istituzionali con asset totali pari a 1500 miliardi di dollari. E giova ricordare, sempre per gli scenari futuri, che sul lato della distribuzione BlackRock è già presente in modo significativo in Italia attraverso una partecipazione aggregata del 6,2% in Azimut Holding.
Resta il fatto che, seppur importante, la partita italiana è solo una bandierina sull’immensa carta geografica del gigante guidato da Larry Fink. Capo di un gruppo nato nel 1988 in piena deregulation, i cui intrecci con la politica sono all’ordine del giorno, con un’offerta di oltre 4 mila fondi, presente con 84 uffici in 71 città del pianeta, BlackRock è uno dei veri poteri forti del mondo assieme ai Fang (Facebook , Amazon , Netflix e Google). Dal 2012 a oggi gli asset totali sono cresciuti del 66%, grazie anche alla nascita sei anni fa di Aladdin, che ha fatto diventare la Roccia Nera il primo gestore globale.
La piattaforma di risk management, che porta il nome del protagonista della favola araba con la lampada magica ma che in realtà è l’acronimo di Asset liability and debt derivatives investment network, supervisiona gli asset di oltre 170 fondi pensione, banche, compagnie assicurative e così via: in particolare del 20% dei 200 asset manager più importanti, del 23% dei 100 maggiori fondi pensione americani e del 17% dei 250 più rilevanti gruppi assicurativi. Un recente report dell’Office of Financial Research, braccio del Tesoro Usa, sottolinea come gli asset manager che forniscono servizi di pricing ad altri asset manager stiano creando interconnessioni e dipendenze che aumentano la loro rilevanza nei mercati finanziari. Ma un lungo articolo a proposito di Aladdin comparso recentemente sull’Economist ha segnalato che un ecosistema dominato da una singola linea di pensiero invece non è sano, perché il fatto che troppi investitori si basino su un unico modello crea un’ortodossia malsana, che rischia di incrementare la volatilità dei mercati. (riproduzione riservata)
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