Alla fine del 2017, il totale degli iscritti alla previdenza complementare è pari a circa 7,6 milioni, in crescita del 6,1% rispetto all’anno precedente, per un totale di circa 8,3 milioni di posizioni in essere (inclusive di posizioni doppie o multiple, che fanno capo allo stesso iscritto). E’ quanto si legge nella Relazione annuale della Covip.
I contributi per singolo iscritto ammontano mediamente a 2.620 euro nell’arco dell’anno, ma il numero delle posizioni sulle quali nel corso dell’anno non sono confluiti versamenti è pari a 2,1 milioni, in crescita del 14% rispetto al 2016: il 23,5% del totale degli iscritti alla previdenza complementare (1,8 milioni) non ha effettuato contribuzioni nel 2017.
Alla fine del 2017, i fondi pensione in Italia sono 415: si tratta di 35 fondi negoziali, 43 fondi aperti, 77 piani individuali pensionistici (Pip), 259 fondi preesistenti e Fondinps. Rispetto al 2016, si è registrata una riduzione di 37 unità, di cui 35 fondi preesistenti.
Gli iscritti ai Pip “nuovi”, si legge nella Relazione della Covip, si attestano a quasi 3 milioni (+7,6% rispetto al 2016), quasi 2,8 milioni quelli ai fondi negoziali (+7,8%, con una crescita determinata principalmente dalle nuove adesioni contrattuali), oltre 1,3 milioni quelli ai fondi aperti (+9,2%, confermando l’andamento dinamico del 2016) e 610.000 quelli ai fondi preesistenti. Considerate nell’insieme, le nuove adesioni nell’anno sono state 679.000, valore in linea con quello dell’anno precedente.
Gli uomini sono il 62,3% degli iscritti alla previdenza complementare, a fronte del 57,7% di donne, mentre in termini di distribuzione per età e per area geografica di residenza, la maggior parte degli iscritti si concentra nelle fasce d’età centrali (35-54 anni, 56,3%) e al Nord (56,8%).
A fine 2017 le risorse accumulate dalle forme pensionistiche complementari si attestano a 162,3 miliardi di euro, in aumento del 7,3% rispetto all’anno precedente: un ammontare pari al 9,5% del Pil e al 3,7% delle attività finanziarie delle famiglie italiane.
Nel 2017 i contributi raccolti sono pari a 14,9 miliardi di euro, di cui quasi tre quarti confluiscono nelle forme previdenziali di nuova istituzione. I contributi destinati ai fondi aperti e ai Pip sono cresciuti di circa il 9%, mentre l’incremento nei fondi negoziali è stato pari soltanto al 3,5%, in quanto il forte aumento delle iscrizioni conseguenti all’introduzione dell’adesione contrattuale si è tradotto in un aumento modesto dei flussi contributivi.
Le voci di uscita per la gestione previdenziale ammontano a 7,6 miliardi di euro. Le prestazioni pensionistiche sono state erogate in capitale per 2,6 miliardi di euro e in rendita per circa 700 milioni di euro. I riscatti sono pari a quasi 2,2 miliardi di euro, mentre le anticipazioni, pari a oltre 2 miliardi di euro, sono in linea con il valore elevato del 2016. La gran parte delle anticipazioni rientra nella fattispecie non connessa a cause specifiche (ossia a cause diverse dalle spese sanitarie o per acquisto o ristrutturazione della prima casa).
I rendimenti sono stati in media positivi per tutte le tipologie di forma pensionistica e di comparto, beneficiando principalmente dell’andamento favorevole dei corsi azionari nei principali mercati mondiali.
In particolare, i fondi pensione negoziali e i fondi aperti hanno reso in media rispettivamente il 2,6% e il 3,3%. Per i Pip “nuovi” di ramo III, il rendimento medio è stato del 2,2% e per le gestioni separate di ramo I l’1,9%. Nello stesso periodo il Tfr si è rivalutato, al netto delle tasse, dell’1,7%. Anche nel 2017 i comparti azionari hanno realizzato guadagni superiori, pari al 5,9% nei fondi negoziali, al 7,2% nei fondi aperti e al 3,2% nei Pil di ramo III.
Nel periodo dal 2008 al 2017, comprensivo di fasi di accentuata turbolenza dei mercati finanziari, il rendimento netto medio annuo composto dei fondi pensione negoziali è stato del 3,3%, quello dei fondi aperti del 3%, dei Pip del 2,8% per le gestioni di ramo I e del 2,2% per quelle di ramo III, sempre superiore rispetto alla rivalutazione del Tfr, che è stata pari al 2,1%.
A livello di costi, i Pip sono i prodotti più onerosi: su un orizzonte temporale di dieci anni, l’indicatore sintetico dei costi è in media del 2,2% (1,9% per le gestioni separate di ramo I e 2,3% per le gestioni di ramo III), mentre si conferma la minore onerosità dei fondi pensione negoziali (0,4%) e fondi pensione aperti (1,3%).