Per fronteggiare la sempre maggiore concorrenza dei grandi gruppi bancari, l’incertezza dei mercati e l’impatto della Mifid II, le reti cambiano l’offerta. Ecco su cosa puntano oggi
di Roberta Castellarin e Paola Valentini
L’alleanza tra Poste e Intesa non soltanto ha infranto un muro, quello che per anni ha tenuto separati mondo bancario e canale postale, ma rappresenta un’operazione che rischia di dare molto filo da torcere ai vari operatori dell’industria italiana dell’asset management, quindi banche e reti di consulenti e private banker. Con questo accordo, di fatto, il gruppo guidato da Matteo Del Fante apre le porte della sua capillare rete ai fondi di Intesa Sanpaolo . Il ceo della banca, Carlo Messina, è riuscito a mettere a segno un importante risultato a suo favore, perché la potenza di fuoco degli uffici postali permetterà di collocare non soltanto i fondi della sgr di gruppo Eurizon, ma anche mutui e prestiti. È soprattutto sul fronte del risparmio gestito che si giocherà la partita più importante. Non a caso nel giorno dell’annuncio dell’accordo (l’11 aprile), il titolo Anima in borsa è arrivato a perdere oltre il 4% perché il gruppo guidato dall’ad Marco Carreri è già da alcuni anni partner delle Poste, che tra l’altro ha anche il 10% del capitale di Anima . Quest’ultima gestisce alcuni fondi a marchio BancoPosta collocati dagli uffici postali, oltre ad avere di recente acquisito la delega di alcuni mandati assicurativi. Ma Anima non ha mai collocato i suoi fondi tramite la rete delle Poste. Impresa che invece oggi è riuscita a Messina. Che con questa mossa dà una spinta ulteriore al business di Eurizon su cui il gruppo punta molto per i margini che il risparmio gestito può assicurare.
Il tandem Poste-Intesa rischia quindi di causare effetti rilevanti sulle strategie dei concorrenti. I quali oltretutto devono fare i conti quest’anno con mercati più incerti e più volatili dopo una fase molto positiva durante la quale la raccolta ha raggiunto livelli record. Ma il 2018 si è aperto diversamente. E questo sta spingendo molti gruppi a rivedere le proprie strategie.
Il Credem , ad esempio, ha deciso di mettere a punto una nuova organizzazione nel wealth management per avere un controllo più diretto sulle quattro reti del gruppo (si veda box).
Eloquente è anche il caso di Banca Mediolanum che ha registrato un rallentamento della raccolta netta a inizio 2018 a causa della direttiva Mifid II. «Con la normativa, dobbiamo far vedere al cliente tutti i costi dell’investimento, tra l’altro noi abbiamo deciso di essere più realisti del re e il più trasparenti possibile, ma ciò ha rallentato la raccolta. L’altro motivo del rallentamento deriva dalla nostra strategia improntata quest’anno sui piani di accumulo. Al nostro cliente che ha una prospettiva di investimento di lungo periodo consigliamo di entrare nell’azionario un poco alla volta, con passaggi dai fondi monetari a quelli azionari. In tal modo, se il mercato scende, abbassiamo il costo medio di entrata», ha spiegato l’ad di Banca Mediolanum Massimo Doris.
Dal canto suo Ennio Doris, presidente del gruppo, ha sottolineato che la strategia del gruppo di puntare sui piani di accumulo consentirà al cliente di affrontare eventuali crisi o correzione dei mercati «Non sappiamo se la correzione avverrà quest’anno o l’anno prossimo o quando succederà, ma sicuramente succederà e i fondi obbligazionari difficilmente potranno rendere ancora come negli ultimi anni. Anzi, è possibile che il cliente debba affrontare perdite in conto capitale se saliranno i tassi. Anche l’azionario sale da anni e quindi prima o poi correggerà, per poi riprendere il cammino di crescita. Se il cliente investisse tutto subito potrebbe avere un risultato modesto dei propri fondi a fronte dei costi evidenziati anche grazie alla Mifid. D’altra parte, attraverso i piani di accumulo il cliente ha la flessibilità per comprare quando il mercato corregge e vendere quando sale».
Lo scorso anno il gruppo aveva puntato molto sui Pir, i piani di risparmio esentasse, che avevano riscosso molto successo con una raccolta totale per l’intera industria di 10,9 miliardi di euro. Ma quest’anno sembrano aver perso un po’ di slancio. Come sottolinea Equita : «Alla luce delle indicazioni delle principali case ci aspettiamo un rallentamento della raccolta dei Pir nei primi tre mesi dell’anno. Secondo noi il rallentamento è imputabile a vari fattori tra cui la performance negativa dell’indice Ftse Mid cap nel primo trimestre (-2%, ma era -5% a inizio febbraio, ndr), l’aumento della volatilità sui mercati azionari, una certa stanchezza delle reti, che dopo aver spinto i Pir per tutto il 2017 probabilmente stanno fisiologicamente spostando l’attenzione su altri prodotti». Non a caso proprio Mediolanum , che a fine 2017 era il leader dei Pir col 23% di quota di mercato, ha scelto ora di spostare l’attenzione sui pac. Nei primi tre mesi del 2018 sono stati quasi 42 mila i nuovi pac attivati, che si confrontano con i circa 11.500 dello stesso periodo dell’anno scorso.
Dal canto suo, la scelta di Banca Generali è quella di puntare su nuovi prodotti a rischio contenuto. E se nei primi tre mesi dell’anno il gruppo guidato da Gian Maria Mosssa ha affrontato il ritorno della volatilità sui mercati proponendo le polizze tradizionali, ora il testimone passa alla nuova sicav lussemburghese Lux Im.
Entrano intanto nuovi operatori come Mediobanca Private Banking che si è appena rafforzata con i super banker Jacopo Gerosa e Claudia Mazzola. Nei prossimi tre anni la divisione del gruppo Mediobanca , guidata da Angelo Viganò, punta a reclutare 30 consulenti e a un incremento di 6 miliardi degli asset. Gerosa proviene dalla sede londinese di Citigroup dove ha lavorato per sei anni, partecipando alla partenza del progetto di private banking sul mercato italiano di Citi servendo la clientela con patrimonio liquido oltre i 25 milioni. Citi infatti segue da Londra il mercato italiano dei super ricchi. Gerosa ha iniziato la sua carriera in Jp Morgan e poi ha lavorato come banker anche in Credit Suisse. È specializzata sui clienti del segmento più alto anche Mazzola che arriva da Bnp Paribas Private Banking. (riproduzione riservata)
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