di Enrico Sbandi
L’Italia è in vetta per fidelizzazione degli utenti di servizi di car sharing, con prospettive di ulteriore crescita nei prossimi 12 mesi, sebbene sia l’ultima, fra i grandi Paesi d’Europa, ad averli adottati. è quanto emerge da uno specifico studio realizzato da AlixPartners, presentato lo scorso 20 marzo a #FORUMAutomotive, a Milano. E non è tutto: già oggi il 61% degli utenti italiani dichiara di aver rinviato o addirittura evitato l’acquisto di un nuovo veicolo grazie all’utilizzo di servizi di smart mobility; risultati simili si osservano anche in altri Paesi, ma in Europa la media è leggermente più bassa, tra il 50 e il 60%.
Lo studio, sviluppato su dati 2016, la base più recente disponibile, rileva che gli utenti di car sharing in Europa hanno raggiunto i 4,5 milioni, con Germania e Italia (nel nostro Paese ben 1,1 milioni) leader in questo settore, di cui insieme rappresentano il 60% degli utenti, rispettivamente con il 40 e il 20%.

Il trend europeo indica che gli utenti nel 2020 saranno 8 milioni. Il tasso di fidelizzazione degli italiani emerge dalle rilevazioni statistiche che fanno parte della ricerca, dalle quali risulta che il 35% degli intervistati, selezionati nelle aree metropolitane in cui sono operativi servizi di car sharing, indica questa soluzione di mobilità come la più recente utilizzata in alternativa al mezzo privato, percentuale più alta rispetto a tutti i Paesi presi in esame dallo studio (oltre l’Italia, Germania, Inghilterra e Francia). Fra i requisiti del servizio, gli utenti mettono ai primi posti i costi, la trasparenza dei prezzi e la disponibilità, che si rivelano per questo leve fondamentali per vedere aumentare ulteriormente la diffusione di queste forme di mobilità, soprattutto nelle aree metropolitane.

«La mobilità condivisa sta trasformando il modo in cui le persone di tutto il mondo utilizzano i veicoli», spiega Giacomo Mori, managing director AlixPartners. «Si passa dalla proprietà alla disponibilità di un’auto, fenomeno che incide sia nelle scelte private che livello aziendale, un campo nel quale sta prendendo piede la condivisione fra i dipendenti delle auto in flotta, da impiegare per le esigenze aziendali, ma anche per soddisfare il bisogno di mobilità privata oltre gli orari di lavoro».

Secondo gli esperti di AlixPartners, sono tendenze destinate a consolidarsi, determinando un impatto crescente sulla quantità di veicoli personali: si calcola che un’auto condivisa oppure noleggiata a breve termine toglie dalla strada 9 veicoli di proprietà. Sia l’industria automobilistica tradizionale, sia i nuovi operatori devono adattarsi in fretta per stare al passo con le aspettative e le inclinazioni dei consumatori.

Il fenomeno è comune e, come accennato, sono i tedeschi a presentare al momento i numeri più rilevanti in Europa. Non altrettanto avviene negli Stati Uniti, a quanto evidenzia lo studio: dal 2013 al 2017 l’utilizzo dei servizi di car sharing nelle grandi città degli Usa è diminuito del 20% e la curva di sviluppo di questa forma di mobilità è destinata a restare piatta anche nei prossimi 12 mesi, mentre in corrispondenza crescono i servizi di ride sharing (il senso più ampio della mobilità condivisa, quella attuata con l’ausilio della connettività e realizzata con servizi come Uber e Lyft, promosso dalla General Motors e molto usato negli States, che vantano rispettivamente il 94% e 81% di notorietà nelle rispettive aree di influenza). L’overview mondiale offerta dalla ricerca evidenzia anche le tendenze in atto in Oriente: in Cina la mobilità condivisa presenta buone prospettive di crescita, dove si prevede che sia le attività di car sharing che quelle di ride sharing saranno protagoniste di una crescita di oltre il 40% nel prossimo anno. In Giappone, dove oggi treni e metropolitane costituiscono le modalità di trasporto dominanti, car e ride sharing rappresentano un’opzione residuale di trasporto, destinata però a crescere del 30-40% nei prossimi 12 mesi. (riproduzione riservata)
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