di Marino Longoni
A chi conviene l’Ape volontario? La risposta è che, salvo non ci si trovi in condizioni particolari, conviene soprattutto a banche e assicurazioni. L’Anticipo pensionistico è in rampa di lancio, dopo che l’Inps ha reso disponibile sul suo sito il software che permette di calcolare il costo di questo meccanismo che in realtà non è molto diverso da un prestito al consumo. Il sito dell’Inps è stato preso d’assalto dagli aspiranti pensionati: 65 mila le simulazioni effettuate solo il primo giorno. Ma non è detto che tutto questo interesse si trasformi poi realmente in una richiesta di finanziamento. Il motivo è che si è messo in piedi uno strumento ipergarantito per chi eroga il finanziamento, ma piuttosto pesante per chi lo richiede. Vediamo, con l’aiuto di qualche esempio, gli effetti economici di un anticipo pensionistico volontario. Facciamo l’ipotesi di un futuro pensionato che, una volta maturato il proprio diritto, incasserà un assegno pensionistico di 2 mila euro netti. Se volesse richiedere un anticipo di tre anni otterrebbe un assegno mensile di 1.560 euro. Cioè poco più di 60 mila euro in tre anni. Per saldare il suo debito dovrà restituire in 20 anni più di 87 mila euro, perdendo 335 euro al mese di pensione. Se invece dell’Ape si fosse rivolto a una banca chiedendo un mutuo immobiliare con rimborso ventennale, dello stesso importo dell’anticipo pensionistico (60 mila euro) avrebbe potuto facilmente spuntare condizioni migliori. Molte banche in questi casi, a fronte di un’ipoteca immobiliare, concedono rate ventennali anche inferiori ai 300 euro (per 12 mesi invece che 13 mensilità), con un esborso complessivo di poco inferiore ai 70 mila (contro 87 mila dell’Ape).
Va tenuto presente inoltre che l’Ape consente la deducibilità di metà del costo del finanziamento (nel nostro caso 87 mila meno 60 mila, diviso due), mentre la deducibilità degli interessi del mutui è consentita in alcuni casi ma non in tutti.
Altro esempio. Facciamo il caso di un lavoratore che andrà in pensione con 1.200 euro netti al mese. Chiede l’anticipo pensionistico di tre anni e ottiene 980 euro al mese, per un totale di 38 mila euro. Li dovrà restituire, sempre in 20 anni, con una decurtazione dell’assegno pensionistico di 210 euro, per un totale di 54.600 euro. In banca avrebbe potuto certamente spuntare condizioni migliori, con rimborsi quasi sempre inferiori ai 200 euro.
Naturalmente il presupposto del mutuo bancario è la proprietà di un immobile e la disponibilità a darlo in garanzia. Il confronto è comunque utile a dimostrare che l’Ape non è certamente un regalo per cittadini che dovessero trovarsi bisognosi di liquidità. Ciò non toglie che di fronte a certe esigenze potrebbe essere non solo utile, ma anche conveniente.
La stessa norma che ha introdotto l’Ape volontario ha previsto anche altri strumenti che potrebbero essere utili al lavoratore, per esempio l’Ape aziendale, che è di fatto un incentivo all’esodo, coperto solo parzialmente dall’azienda, la quale paga la copertura previdenziale per il periodo dell’anticipo, ma non paga lo stipendio. Per ridurre il costo del finanziamento, l’Ape volontario può essere abbinato alla Rita, che è di fatto un anticipo erogato da un fondo pensione: non costa nulla al risparmiatore, ma può essere richiesto solo in presenza di determinati requisiti.
Si tratta in definitiva di strumenti utili a garantire in alcuni casi la flessibilità in uscita del lavoratore o a coprire esigenze particolari. Ma non sono previsti regali, il prezzo da pagare infatti non è di poco conto. Facile prevedere che, così come l’anticipo del Tfr in busta paga, alla fine non ci sarà una richiesta in massa di questi nuovi strumenti. (riproduzione riservata)
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