di Maria Elisa Scipioni.
In Italia le maggiori tutele contro il rischio di invalidità e inabilità sono certamente riferite all’insieme di prestazioni garantite dallo stato sociale. Per i soggetti inseriti nel mondo del lavoro, iscritti a forme di assicurazione obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti, oppure a una delle gestioni speciali previste per i lavoratori autonomi, che nel corso della vita lavorativa sono divenuti invalidi o inabili al lavoro, l’ordinamento previdenziale eroga delle prestazioni economiche, con la finalità di rimuovere lo stato di bisogno e disagio economico in cui viene a trovarsi il lavoratore che non è più in grado di esplicare o di esplicare solo parzialmente la propria attività di lavoro.
E’ la stessa Costituzione all’art. 38, a includere espressamente tra gli eventi tutelati l’invalidità. Pertanto, al pari della vecchiaia, l’invalidità è un evento costituzionalmente tutelato, costitutivo per l’insorgenza del diritto alla prestazione pensionistica.
Conoscere il regime pubblico di garanzia delle prestazioni per i rischi di invalidità professionale ed extra professionale così come le garanzie fornite in caso di premorienza per Autonomi, Dipendenti e Casse Professionali è fondamentale per possedere gli strumenti operativi e per fornire risposte quantitative e conseguentemente risolvere le necessità assicurative dei soggetti analizzati.
Il pericolo di rimanere invalido, cioè di non poter più svolgere le proprie attività e quindi produrre reddito, si annida ovunque: in casa, in auto, nelle varie occasioni del tempo libero, oppure durante l’attività lavorativa. Questo rischio è circa 3 volte superiore al rischio di premorienza, in quasi tutte le età. Non va sottovalutato anche il progresso incessante delle terapie mediche che favorisce il decorso invalidante di situazioni che anni fa erano non recuperabili e in genere il prolungamento della speranza di vita degli invalidi. Spesso le conseguenze economiche per la famiglia sono decisamente più gravi della premorienza, dato che al mancato reddito da lavoro si somma l’onere delle cure e l’assistenza all’invalido. La caratteristica peculiare dell’invalidità è che l’evento può compromettere totalmente la capacità di lavoro (la cosiddetta Inabilità) oppure la può intaccare solo parzialmente (la vera e propria invalidità). Se da un lato la percentuale di capacità di lavoro teorica residua determina le prestazioni delle pensioni pubbliche, dall’altro va sottolineato che essa è una misura convenzionale, che compromette in modo ben diverso da soggetto a soggetto le opportunità di reimpiego e incide in misura non proporzionale sull’eventuale reddito da lavoro. Sul tema invalidità inoltre è opportuno rilevare che non si ha correttamente solo uno scenario da esaminare, ma un intervallo ampio di situazioni che possono differire di molto l’una dall’altra per la stima corretta del bisogno invalidità. E’ più corretto quindi parlare di livelli di rischio invalidità ed è per questo motivo che l’analisi del rischio invalidità non deve prendere in esame solo una combinazione di decorrenza e percentuale di invalidità, ma deve necessariamente spaziare su un numero sufficientemente rappresentativo di ipotesi.
Nello specifico la previdenza pubblica obbligatoria interviene in caso di premorienza e per livelli elevati di invalidità permanente. Tali tutele sono estese ormai a tutte le categorie professionali, anche se alcune hanno redditività peggiori delle altre a parità di anzianità contributiva.
La determinazione del grado d’invalidità verte principalmente su considerazioni di natura sanitaria. Unico elemento non strettamente biologico è il riferimento a occupazioni confacenti alle attitudini e alla formazione professionale, per evitare di sopravvalutare le possibilità di reimpiego in attività che il soggetto non sa svolgere o che comportino un declassamento morale ed economico.
La norma dell’assicurazione generale obbligatoria ha abolito da tempo (Legge 222/84) il concetto di riduzione delle capacità di guadagno nel quadro socio economico, che storicamente aveva trasformato la pensione d’invalidità in una sorta di sussidio alla disoccupazione.
I gradi quindi di invalidità riconosciuti dall’INPS per la percezione di una pensione sono:
- il 66,6% (pari a 2/3) – che rappresenta il livello minimo necessario per la concessione delle pensioni;
- il 100% – che rappresenta la perdita totale di qualsiasi capacità lavorativa, ovvero il soggetto non è più in grado di svolgere alcuna attività retribuita.
Sulla base del suddetto livello d’invalidità, nel gergo della previdenza pubblica si parla conseguentemente di:
- Invalidità in presenza di capacità lavorative residue (pertanto si tratta di situazioni compatibili con redditi da lavoro) con percentuali d’invalidità inferiori al 100%;
- Inabilità in assenza di capacità lavorative residue (pertanto si tratta di situazioni incompatibili con qualsiasi reddito da lavoro) con percentuali d’invalidità pari al 100%.
Dal grado di riduzione della capacità di lavoro derivano le seguenti prestazioni:
- L’assegno ordinario di invalidità – la capacità lavorativa è ridotta a meno di un terzo;
- La pensione ordinaria di inabilità – la capacità lavorativa è compromessa al 100%.
Infine, vale la pena ribadirlo, il danno biologico che procura l’invalidità deve avere natura permanente. Per confermare nel tempo questo requisito, l’ente previdenziale dispone controlli periodici dello stato di salute con cadenza triennale. Dopo tre riconoscimenti la pensione è confermata automaticamente. Le pensioni d’invalidità e d’inabilità sono condizionate anche dalle cause che hanno portato all’insorgere del danno biologico. Sono di particolare importanza le seguenti cause:
- Il nesso causale tra il danno biologico e l’attività lavorativa, che per il lavoro dipendente, in particolare, prevede riduzioni dei limiti d’accesso alle prestazioni. Si parla in questi casi di trattamenti privilegiati. Per il mondo del lavoro autonomo in genere non è previsto l’istituto delle pensioni privilegiate e non si applica alcuna riduzione dei requisiti.
- L’invalidità permanente può scaturire da incidente o malattia. Per i liberi professionisti, se l’invalidità è riconducibile a malattia, solitamente i requisiti minimi di contribuzione diventano più restrittivi rispetto alle cause da incidente. Al contrario, per il lavoro dipendente o autonomo, le due cause sono equiparate e non vengono applicate penalizzazioni di sorta.