di Roberto Miliacca
Il 10 novembre scorso è stato il D-Day assicurativo per tutto il mondo dell’avvocatura: da quasi un mese, infatti, tutti i legali italiani devono aver sottoscritto una polizza Rc obbligatoria per i rischi legati all’esercizio della professione. Rischi che sono quelli legati all’attività tipica, cioè quella di rappresentanza in giudizio o di difesa, ma anche quelli legati all’esercizio di tutte le attività per così dire, collaterali, a quelle canoniche.
A distanza di cinque anni dal varo della legge professionale (legge n. 247/2012), insomma, prende forma uno dei punti cardine di quella «rivoluzione» legale che aveva, tra le altre cose, proprio nella creazione di un sistema di garanzie per i clienti, uno dei propri punti di forza. Questa settimana, su Affari Legali, ne abbiamo parlato con i rappresentanti di alcuni dei maggiori studi legali associati, sia nazionali che internazionali, che operano in Italia. Che già da tempo hanno sentito l’esigenza di anticipare quell’obbligo, anche per mettersi in luce, in senso positivo agli occhi della clientela. Gli studi legali d’affari, soprattutto quelli di matrice anglosassone che operano su più giurisdizioni, hanno già da molti anni sottoscritto strumenti assicurativi per tutelarsi dal rischio professionale. Un onere costoso, indubbiamente, essendo il premio parametrato al fatturato e, come spiegano gli avvocati, anche per importi di gran lunga superiori a quelli previsti dalla legge italiana (il parlamento, in sede di esame della manovra, starebbe per eliminare l’onere per la polizza infortuni). Ma anche negli studi, come nelle aziende, entrerà in gioco la capacità dei professionisti di saper prevenire i rischi, con l’ingresso di best practice organizzative che possono ridurre la rischiosità dell’attività. Ecco, c’è anche questo nel futuro della professione legale.
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