di Giuseppe Mantica*

Il ministero che sbaglia colposamente è condannato a pagare anche i danni non-patrimoniali, quelli che più usualmente vengono definiti morali/esistenziali. Una recente sentenza della sezione lavoro della Corte di Cassazione (n. 24373 depositata il 16 ottobre scorso) ha rigettato il ricorso di legittimità del Ministero dell’istruzione che in secondo grado era stato condannato a pagare circa 50 mila euro per i danni provocati ad un preside a causa di una sanzione disciplinare irrogata irregolarmente: cinque giorni di sospensione dal servizio per presunte irregolarità contabili. Fatto che dopo tanti anni si è rivoltato contro l’amministrazione risanando posizioni e tutele che la legge prevede per il buon andamento degli uffici dello Stato.

La Corte di appello di Palermo, riformando la sentenza di primo grado del tribunale del capoluogo siciliano, aveva assunto una decisione (n. 1136/2011) sfavorevole alla Amministrazione e riconosciuto il diritto del preside al risarcimento a titolo di danni patrimoniali e non-patrimoniali. Ricordiamo che mentre i primi consistono nel decremento subìto, ad esempio la mancata erogazione dello stipendio, l’impossibilità ad accedere a promozioni con maggior retribuzione, o le spese di ripristino e riparazione per i danni alle cose; i secondi sono personalizzanti dell’evento e mirano a raggiungere l’integralità del risarcimento, ossia alla sua completezza con voci che riguardano il danno morale come le sofferenze patite, il danno esistenziale come l’alterazione della vita praticata, il danno biologico come la lesione estetica, seppur non compromettente la capacità reddituale del soggetto leso.

Nel caso specifico, la corte siciliana, dopo aver preso atto della irregolarità del provvedimento disciplinare assunto dall’ufficio scolastico, ha valutato da un lato la privazione di reddito del dipendente, anche considerando l’impossibilità, per la presenza e gli effetti della sospensione, di ottenere l’incarico alla dirigenza per i successivi due anni (con immaginabile contrazione stipendiale), e dall’altro il fatto che la comunicazione del provvedimento disciplinare era stata data all’interessato improvvidamente in sede di convocazione per la determinazione degli incarichi annuali di dirigenza scolastica, ove il dipendente era in possesso dei requisiti pieni per ottenere la nomina. Più significativamente per la rilevanza del danno non-patrimoniale è stato considerato che la sospensione, in quella sede, così irritualmente notificata ha comportato la conoscenza (di fatti, solo dopo, risultati infondati) di tutti gli altri colleghi concorrenti, tanto da provocare disagio, turbamento e discredito dell’aspirante al nuovo incarico.

La Cassazione nel decidere il caso ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto dall’avvocatura e condannato il ministero a pagare le spese di causa anche del grado di legittimità.

*avvocato cassazionista

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