di Enrico Marro
ROMA Nonostante i tecnici del governo si siano impegnati a presentare oggi una proposta sulle categorie (saranno 14) da esentare dall’aumento dell’età pensionabile a 67 anni, quello che è emerso ieri dall’incontro fra gli stessi tecnici e quelli dei sindacati è che non sono disponibili dati pronti all’uso sulle aspettative di vita in base al lavoro svolto.
Questo ovviamente rende più difficile tradurre in legge l’affermazione sulla quale anche il governo concorda, cioè che non tutti i lavori sono uguali e che quindi quelli che accorciano di più la speranza di vita dovrebbero essere esclusi dall’aumento dei requisiti per la pensione.
Per ora lo sono solo quelli che rientrano nelle categorie del lavoro usurante. Il governo sarebbe disponibile a estendere l’esenzione anche ad altre 14 categorie: le 11 categorie che hanno accesso all’Ape social (che però scade alla fine del 2018), alle quali si aggiunge-rebbero i marittimi, i siderurgici e gli agricoli.
Per essere esentati, bisognerebbe però aver svolto queste attività almeno negli ultimi sei anni su sette di lavoro. Con questa proposta, secondo il governo, potrebbero salvarsi dallo scatto dei requisiti per la pensione circa il 10% dei lavoratori interessati.
Molto insoddisfatta la Cgil. Secondo Susanna Camusso, se Palazzo Chigi non concederà di più, è meglio rinviare la partita al prossimo governo, visto che l’aumento a 67 anni dell’età per la pensione dovrà scattare, secondo la legge, dal primo gennaio 2019.
La Cisl è invece contraria al rinvio e vuole sfruttare tutta questa settimana di trattativa per tentare nel vertice di lunedì col premier Paolo Gentiloni di raggiungere l’intesa.
La Uil dice che bisognerebbe formare una commissione di esperti sull’aspettativa di vita. Difficile che se ne esca bene.
Intanto, sul fronte della riduzione del debito pubblico, il Tesoro sta studiando la cessione entro l’anno a Cassa depositi e prestiti dell’intera quota in Enav e di una parte, da definire, della partecipazione del 4,3% detenuta in Eni.
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