Pagine a cura di Luciano De Angelis

Ridefinizione dei criteri di quantificazione del danno a seguito di gestioni societarie che, intervenuta la causa di scioglimento, non preservino il patrimonio della società; necessità di attivare appositi assetti organizzativi finalizzati alla tempestiva rilevazione della crisi; previsione esplicita anche nelle srl dell’azione di responsabilità da parte dei creditori.

Sono queste le principali modifiche che verranno apportate al codice civile a seguito della riforma del diritto fallimentare, prevista dalla delega al governo per la riforma delle discipline della crisi d’impresa e dell’insolvenza.

Incombenze e responsabilità degli amministratori. Presumibilmente mediante uno o più articoli del codice civile verrà prescritto che le imprese si dotino di strutture interne tali da consentire una tempestiva rilevazione dello stato di crisi. Dall’art. 14, peraltro, appare desumibile che tali incombenze non saranno richieste solo alle società ma a tutte le tipologie di imprese, essendo tale previsione contemplata per «l’imprenditore e gli organi sociali». Si tratterà, verosimilmente, di individuare dei modelli organizzativi e attribuire ai soggetti individuati dagli amministratori, o allo stesso imprenditore di monitorare alcuni indicatori (l’art. 4, lett. h), li individua nel rapporto fra mezzi propri e mezzi di terzi, indice di rotazione dei crediti e del magazzino, nonché indice di liquidità) sulla base dei quali consentire la tempestiva individuazione e quindi prognosticare lo stato di crisi. In relazione a quanto sopra i soggetti demandati all’amministrazione dell’impresa (eventualmente anche in base agli input degli organi di controllo se nominati) saranno tenuti all’attivazione degli strumenti previsti dal nuovo ordinamento, procedura di allerta e di composizione assistita della crisi, per il superamento della stessa e il recupero della continuità aziendale.

Azioni di responsabilità. Viene ribadito che, nella procedura di liquidazione giudiziale, il curatore sia legittimato a promuovere e proseguire ogni tipologia di azione giudiziale, dall’azione sociale (artt. 2393 e 2393-bis), all’azione dei creditori (art. 2394) sia per le società di capitali che per le coop, nonché l’azione contro i soci di srl che hanno intenzionalmente deciso o autorizzato il compimento di atti dannosi per le società ex art. 2476, comma 7. c.c. (azione, quest’ultima prevista dall’art. 146 l.f.), nonché nei confronti di società che esercitano attività di direzione e coordinamento (art. 2497 c.c.). Di particolare interesse appare il fatto che l’azione dei creditori venga definitivamente ammessa anche per i creditori di srl, circostanza che, in relazione al mancato richiamo nell’art. 2476 c.c. dell’azione dei creditori sociali prevista nelle spa dall’art. 2394 c.c., aveva indotto una parte della giurisprudenza, seppur minoritaria (es. Trib. Verona 16/4/2012; Trib. Milano 27/2/2008) a ritenere tale azioni inammissibile nelle srl. Invero la giurisprudenza ormai assolutamente prevalente nel merito (Trib. Milano 18/2/2013; Trib. Napoli 11/1/2011) e anche di legittimità (da ultimo Cass. 16/8/2016 n. 17359) ritiene ammissibile l’azione dei creditori anche nelle srl e quindi anche l’esercizio della stessa da parte del curatore. In ogni caso, con la riforma fallimentare ogni dubbio sarà sopito visto che viene espressamente prevista l’applicabilità dell’art. 2394 anche in ambito srl.

Quantificazione del danno. A oggi, gli amministratori (ed eventualmente i sindaci e i revisori) sono responsabili personalmente e solidalmente fra loro per i danni arrecati ai soci, ai creditori sociali e ai terzi per gli atti non finalizzati a una gestione conservativa del patrimonio sociale, compiuti in violazione dell’art. 2486 c.c. Secondo una teoria più tradizionale (definita del deficit fallimentare) il danno sarebbe da quantificare con la mera differenza fra passivo e attivo fallimentare, mentre l’orientamento giurisprudenziale più recente (criterio dei netti patrimoniali di periodo) vorrebbe imputabili agli amministratori (ed eventualmente ai sindaci e ai revisori) solo gli effetti delle nuove operazioni compiute dopo che il capitale sia perduto o comunque sia sceso sotto il minimo legale senza che si sia provveduto alla ricapitalizzazione (in merito alle circostanze in cui sono applicabili le due modalità tecniche di quantificazione del danno si veda Cass. Ss.uu. 6/5/2015 n. 9100). La riforma fallimentare promette di chiarire definitivamente la questione provvedendo a definire (art. 14, lett. e) i criteri di quantificazione del danno risarcibile nei casi in cui gli amministratori abbiano violato l’articolo 2486 c.c., recando danni alla società, ai soci, ai creditori sociali e ai terzi attraverso una gestione della società non limitata alla conservazione patrimoniale.

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