di Stefania Ballauco

La sfida e al contempo il punto di forza dei consulenti finanziari è il rapporto con il risparmiatore. Ma quali saranno gli effetti degli obblighi
di trasparenza imposti dalla Mifid II a gestori, intermediari e quindi ai cf? Tutti gli anelli della catena del valore sono coinvolti
in questo processo di incremento della chiarezza ma saranno i consulenti, interfaccia tra l’industria e i risparmiatori, a dover spiegare i costi dei prodotti e servizi.
Con quali conseguenze?La posizione di Anasf su questo tema è nota: la Mifid II dà compimento a un’istanza da sempre condivisa dall’Associazione, ovvero la necessità di trasparenza riferita a tutti gli aspetti rilevanti, come contenuto del servizio, caratteristiche degli strumenti finanziari e costi. Al tempo stesso, bisognerà fare attenzione affinché l’informativa per la clientela non sia un mero adempimento fine a se stesso, ma sia
un elemento fondamentale per l’assunzione di decisioni di investimento consapevoli, rispetto al quale emerge l’importanza del contributo professionale del consulente finanziario nel suo ruolo di assistenza ai risparmiatori nel processo di investimento.
Già la Direttiva Mifid II di primo livello stabilisce la regola secondo cui ai clienti devono essere fornite tempestivamente le informazioni sull’intermediario, sui servizi e sugli strumenti finanziari e su tutti i costi. Per questi ultimi, in particolare, la forma di comunicazione indicata è quella aggregata, che consente all’investitore di conoscere il costo totale della sua scelta finanziaria e il suo effetto complessivo sul rendimento.
È anche prevista – se il cliente lo richiede – una comunicazione in forma analitica, che tuttavia non fa riferimento a nessun modello predefinito. Quale che sia il caso, la periodicità deve essere comunque regolare e almeno annuale per tutto il periodo dell’investimento. Il dettaglio viene poi dato dagli atti delegati della Mifid II che stabiliscono che il dato aggregato va distinto tra costi riferiti ai servizi e quelli relativi agli
strumenti finanziari.
Tra i costi e gli oneri connessi addebitati al cliente in relazione a servizi di investimento e/o accessori che dovranno essere inseriti nell’importo da comunicare rientrano: le spese una tantum per la prestazione di un servizio di investimento (pagati dall’impresa di investimento all’inizio o alla fine della prestazione del servizio di investimento), come commissioni di deposito, di cessazione (uscita), di switch;
le spese ricorrenti relative alla prestazione di un servizio di investimento (è il caso di commissioni di gestione, le cosiddette management fee, di consulenza, di custodia); tutti i costi per operazioni avviate dall’impresa di investimento o da terze parti nel corso della prestazione di
un servizio di investimento (commissioni di intermediazione per l’esecuzione degli ordini, spese di entrata e di uscita pagate al gestore del fondo, commissioni della piattaforma, mark up, ovvero maggiorazioni integrate nel prezzo della transazione, imposte di bollo, imposte sulle operazioni,
commissioni di cambio su valute straniere); spese per servizi accessori, come i costi di ricerca e i costi di custodia; infine le commissioni di performance, intese come costi accessori.
Per quanto riguarda invece i costi e gli oneri connessi relativi allo strumento finanziario che dovranno essere inseriti nell’importo da comunicare al cliente, anche qui si ritrovano le spese una tantum, quindi tutti i costi e gli oneri (inclusi nel prezzo o in aggiunta al prezzo dello strumento finanziario) pagati ai fornitori dei prodotti all’inizio o alla fine dell’investimento nello strumento finanziario. Alcuni esempi? Gli anticipi della commissione di gestione (front-loaded), le commissioni di strutturazione (ossia i costi applicati dal produttore per la strutturazione dei prodotti strutturati), e le commissioni di distribuzione. Sempre in riferimento agli strumenti finanziari, tra le spese ricorrenti relative
alla gestione del prodotto finanziario, che sono dedotte dal valore dello strumento finanziario durante il periodo di investimento, si possono citare le commissioni di gestione (management fee), i costi del servizio, le commissioni di swap, i costi e le imposte relative alle operazioni di prestito titoli, come anche i costi di finanziamento. Altre voci di costo da comunicare sono quelle riferite alle operazioni e sostenute per
effetto dell’acquisto dell’investimento e del disinvestimento: è il caso delle commissioni di intermediazione/brokeraggio, delle spese di
entrata e di uscita pagate dal fondo, di mark up, le imposte di bollo, quelle sulle operazioni, o ancora le commissioni di cambio su va-
lute straniere. Infine tra i costi accessori degli strumenti finanziari andranno indicati anche i costi di performance.
Per alcuni prodotti, come i fondi comuni e le polizze unit-linked, un utile supporto nel sostenere questo onere è il Kid (Key Investor Document), documento già in uso e in cui sono riportati i costi del prodotto a cui l’intermediario deve aggiungere quelli riferibili a ulteriori servizi
prestati. In particolare qui sono esplicitati i costi totali cumulati, espressi come valore sia monetario che percentuale, per tre diversi periodi di tempo, ricomprendendo anche le commissioni di performance. Inoltre nel Kid è possibile ritrovare i costi totali scomposti in termini percentua-
li, che rappresentano l’impatto nell’anno delle voci di costo sul rendimento dell’investimento, tenendo conto del periodo di detenzione racco
mandato.
«Il dettaglio è di evidente consistenza», ha commentato il presidente Anasf Maurizio Bufi.
«Il ruolo più difficile e più importante ancora una volta lo svolgerà il consulente finanziario, che dovrà spiegare tutti questi costi a
un cliente abituato alla trasparenza ma a volte non sempre pronto a riceverne i dettagli. Di nuovo, il consulente finanziario sarà chiamato a vestire i panni dell’educatore finanziario. Quali timori abbiamo? Il carico comunicativo del cf nei confronti degli investitori sicuramente crescerà
e questo comporterà un incremento del tempo da dedicare a ciascun cliente, ma ancora una volta ci confermeremo l’interlocutore fondamentale di una
catena del valore che senza di noi si scioglierebbe. Certo, le sfide non mancheranno; i margini delle società e degli intermediari
potrebbero ridursi, ma dobbiamo mettere l’accento sul fine, che non può essere non condiviso, quello appunto della trasparenza. Una trasparenza a
tutti i costi».
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