La connessione a bordo apre nuovi scenari di mercato
di Enrico Sbandi
L’automobile che prevede il guasto imminente e si ripara da sola, o che predispone, in collegamento con l’officina, l’intervento da eseguire, è ormai tecnologia a portata di mano. La vera scommessa del futuro è: come creare valore fuori del ristretto ambito automotive con i dati che potranno raccogliere i circa 1,2 miliardi di autovetture sparse nel mondo? I veicoli in movimento rappresentano infatti una gigantesca antenna potenziale diffusa.
Sempre più connesse, già oggi le automobili costituiscono una fonte importante di big data. In prospettiva, il potenziale è formidabile e si porrà il problema, non tanto di quali dati disporre, ma di come utilizzarli nelle loro straordinarie potenzialità.
«Le auto, al pari degli smartphone, possono essere strumenti preziosi per la cattura di dati», conferma il prof. Paolo Atzeni, direttore del dipartimento di Ingegneria dell’Università Roma Tre. Atzeni e oggi uno dei massimi esperti italiani di big data. «Quasi 40 anni fa, quando ho cominciato a studiare le basi di dati, uno dei primi aspetti che mi fu spiegato è che, spesso, dalla raccolta stessa dei dati, nascono opportunità che non erano ancora immaginate all’atto della scelta di metterli assieme. Per ogni mercato è di primaria importanza rilevare fenomeni, sondare preferenze e comportamenti, per poi prendere decisioni e iniziative». In questo senso i big data raccolti tramite le auto potrebbero servire a diversi scopi, non ultimi quelli legati agli interessi delle assicurazioni. «Le maggiori compagnie vendono già da 10-15 anni sensori che sono utilizzati sulle autovetture e che inizialmente erano una sorta di scatola nera da riutilizzare in caso di incidente o di furto con un rilevatore satellitare», descrive il docente.
UTENTI SOTTO LA LENTE
Molte automobili di nuova produzione dispongono di una serie di sensori paragonabili a quelli di vetture da competizione controllate dai box, che consentono di sapere se il nostro veicolo funziona correttamente o se, con azione proattiva, sta progredendo verso un’avaria, ma, parlando di sensori già in uso su molte vetture, oggi anche il comportamento del consumatore è oggetto continuo di rilevazioni. «Non penso solo ai monitoraggi tecnici», continua Atzeni. «Gli stessi dati possono essere incrociati con le anagrafiche dei clienti permettendo di studiare, in base a stato sociale, età e residenza, quali funzionalità della automobile sfrutta meglio ciascuna categoria di utente, in modo da individuare le caratteristiche ritenute più utili e accattivanti per quel consumatore.
Ma questi stessi dispositivi possono raccogliere anche dati utili alle aziende che fanno monitoraggio del traffico per verificarne i flussi in tempo reale, oppure ai noleggiatori per vedere se le automobili sono adoperate nei luoghi e con le modalità corrette. Ai produttori, integrando i sensori, consentono, per esempio, di gestire la manutenzione, per la diagnostica real time». Dalla gestione della flotta aziendale, alla sicurezza stradale, al rilevamento di traffico e condizioni meteo e rischi, per arrivare, in un futuro che sembra sempre più prossimo, anche a questioni legate alla guida autonoma: l’auto connessa è ormai una realtà, destinata a modificare profondamente non solo le abitudini, ma anche i modelli di consumo.
E PIRELLI METTE UNA SPIA NELLE GOMME
La sinergia fra la ricerca e sviluppo industriale e il mondo universitario (nel caso in specie il Politecnico di Milano e una collaborazione con la facoltà di Ingegneria della Università Federico II di Napoli) sta rivoluzionando persino il settore dei pneumatici attraverso i big data: l’italiana Pirelli ha inventato, per esempio, Connesso, pneumatico che, grazie a sensori inseriti nel battistrada, è in grado di rilevare i parametri caratteristici della sua funzione, trasmetterli in rete e consentire il controllo dell’esercizio, sia da parte dell’automobilista che della rete di assistenza. La strada verso la «servitizzazione», gli pneumatici cioè come servizio di supporto alla mobilità, con relativo noleggio della funzione d’uso e non come acquisto di un prodotto di consumo, è tracciata.
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