di Leonardo Comegna

Ormai è ufficiale: dal 2019 l’età pensionabile salirà a 67 anni, per tutti uomini e donne. La speranza di vita, e cioè il tempo che in media resta da vivere superata la boa dei 65 anni, è stata nel 2016 di 20,7 anni. Rispetto al 2013 l’aumento è di 5 mesi. Lo dice l’Istat nella pubblicazione, diffusa ieri, sulla mortalità della popolazione residente in Italia. Il dato è importante perché proprio alla speranza di vita a 65 anni è legata, per legge, l’età in cui diventa possibile andare in pensione. Proprio sulla base di questi numeri il governo, con un decreto direttoriale da emanare entro la fine dell’anno e che non passa per il parlamento, deve fissare la nuova soglia che dal 2019 potrebbe appunta salire a 67 anni. Anche se restano ancora in campo altre soluzioni, sulle quali sono da tempo in pressing soprattutto i sindacati, come un aumento più contenuto dell’età, non 5 ma 3 o 4 mesi. Oppure, lo stop all’incremento solo i lavoratori che svolgono attività gravose.

L’adeguamento automatico. Dal momento che si vive più a lungo, occorre andare in pensione più tardi. È questa la filosofia di base che ha ispirato la legge (n. 122 del 2010), con la quale è stato deciso che i requisiti anagrafici dovranno nel tempo fare riferimento all’incremento della speranza di vita. La manovra economica dell’estate 2011 ha anticipato al 2013 (doveva partire dal 2015) tale adeguamento, che a partire dal 2019 avverrà con cadenza biennale. L’età della pensione è legata alla speranza di vita a 65 anni. E a parlare chiaro sono i numeri forniti dall’Istat dove si dice che la speranza di vita dopo i 65 anni si sta allungando: nel 2016 è stata di 20,7 anni. Una differenza non da poco, che spingerebbe ancora più in alto quei requisiti previdenziali che già adesso fanno dell’Italia uno dei paesi dove si va in pensione più tardi.

Primi in Europa. L’età per l’accesso alla pensione di vecchiaia sarà dunque la più alta in Europa. In Germania è previsto il passaggio a 67 anni per l’uscita nel 2029, in Francia dopo il 2022 e nel Regno Unito nel 2028. Nella gran parte dei paesi europei l’età per la pensione di vecchiaia è fissata intorno ai 65 anni con aumenti verso i 67 anni dopo il 2020 (in Danimarca nel 2022, in Spagna nel 2027, in Croazia nel 2038, in Austria 65 anni per le donne nel 2033). Nel confronto aperto con i sindacati, il governo ritiene impraticabile la possibilità che si torni indietro sugli aumenti dei requisiti di uscita dal 2019. Lo spostamento dell’adeguamento produrrebbe infatti un pesante passivo per l’Inps. Tuttavia, come accennato, la via d’uscita potrebbe essere trovata nell’allargamento delle categorie che necessitino di anticipare il pensionamento, alle quali è riconosciuta un’uscita anticipata attraverso l’Ape sociale, meccanismo che non va ad incidere direttamente sui canali previdenziali essendo configurato, dal punto di vita della contabilità, agli ammortizzatori sociali.
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