di Roberta Castellarin e Paola Valentini
Gli italiani da sempre sono più formiche che cicale e possono contare su un monte risparmi importante. La ricchezza finanziaria delle famiglie supera 4.100 miliardi di euro in base ai dati Banca d’Italia. Ma non sempre questa ricchezza è stata investita in modo efficiente. Spesso in passato è stata dirottata di volta in volta verso diversi tipi di prodotto in base alle esigenze di raccolta o redditività dei grandi gruppi bancari. E non sempre è stato chiaro nemmeno agli investitori stessi se i loro portafogli fossero costruiti per rispondere davvero ai loro futuri obiettivi di spesa.

Se chi investe oggi vuole avere tra 20 anni un tesoretto per integrare la propria pensione avrà bisogno di un’asset allocation diversa di chi invece pianifica di cambiare casa nei prossimi 5 anni. Il primo potrà oggi rischiare di più perché ha davanti a sè un lungo orizzonte temporale, il secondo deve essere più prudente o rischia di doversi accontentare di una stanza in meno. La Mifid 2, che entrà in vigore il prossimo 3 gennaio, può davvero rappresentare l’occasione giusta per migliorare i rapporti con il vostro consulente. E per rendere il vostro portafoglio più allineato ai vostri bisogni. Tanto più che dopo anni di rally dei mercati azionari e obbligazionari si potrà aprire una fase di maggiore volatilità. Scegliere il consulente e i prodotti giusti sarà quindi ancora più importante d’ora in poi.

Certo questa operazione trasparenza arriva dopo un anno d’oro per Piazza Affari, con il Ftse Mib che si è apprezzato di oltre il 30% negli ultimi 12 mesi. Un rally che si potrà tradurre in buoni rendiconti da presentare ai clienti nel momento dell’incontro per presentare le nuove elaborazioni sui loro portafogli. In un contesto di questo tipo ci potrà essere da parte del risparmiatore un atteggiamento più bendisposto nel momento che scoprirà il conto totale commissionale. Ma si tratterà solo dell’avvio di un nuovo tipo di rapporto che d’ora in poi sarà più alla pari.

Infatti a dieci anni dall’avvio della precedente direttiva Mifid 1 (che alla prova sul campo ha mostrato diversi punti deboli dato che l’investimento in singoli titoli per alcuni risparmiatori si è rivelato molto insidioso, nonostante le avvertenze della normativa), le autorità europee si sono decise a potenziare la tutela del risparmio cambiando ottica. Con la Mifid 2 l’impresa che fa da consulente o gestisce il portafoglio sottoporrà all’investitore un questionario orientato soprattutto a individuare la ragione per cui si investe. E a quel punto il consulente stesso dovrà spiegarvi se il portafoglio corrisponde davvero ai vostri bisogni. Se dopo questo check-up emergesse la necessità di apportare modifiche sarà tenuto a spiegarvi le ragioni di questa necessità di cambiamento con uno schema che riassuma costi e benefici dell’operazione. I risparmiatori, compresi quelli con rapporti già in essere, dovranno quindi prepararsi a rispondere ai nuovi questionari. «Con la Mifid 2, l’obiettivo è rafforzare il livello di protezione degli investitori, con impatto su tutte le fasi del ciclo di vita del prodotto o del servizio. La protezione nasce fin dal momento in cui il prodotto è concepito, la cosiddetta product governance, per poi svilupparsi al momento della distribuzione o della prestazione del servizio e nella fase successiva, quella della post vendita», afferma Roberto Lenzi, avvocato patrimonialista dello studio Lenzi e Associati. Non solo. Se «la product governance prevede che un determinato prodotto finanziario sia, fin dalla fase della sua ideazione, strutturato per essere collocato a un determinato target di investitore», il legale evidenzia che «nella distribuzione del prodotto o nella prestazione del servizio e nella post vendita, un particolare impatto sugli investitori è rappresentato dalle nuove disposizioni che riguardano la trasparenza in materia di costi, i modelli di consulenza e la valutazione della cosiddetta adeguatezza». Se la Mifid 1 si basava sui test di autovalutazione per capire se i vari prodotti finanziari erano adatti o meno alla propensione al rischio del singolo risparmiatore con la conseguenza che spesso le risposte erano poco oggettive, con la Mifid 2 il legislatore ha voluto spostare il focus sull’obiettivo di investimento per avere una maggiore oggettività. Non è quindi più sufficiente verificare che l’investimento sia coerente con il grado di tolleranza del rischio del cliente, ma occorre provare che i prodotti siano corrispondenti ai suoi effettivi bisogni per far sì che per raggiungere i propri obiettivi di investimento non incorra in perdite che mettano a repentaglio il suo standard di vita.

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Ma ci saranno anche nuove informazioni in tema di costi che questi soggetti dovranno dare. Ed è proprio su questo fronte l’altro elemento rivoluzionario della nuova normativa perché gli intermediari dovranno comunicare in euro, e non più in percentuale, il costo totale dell’investimento, inclusi quegli oneri che oggi sono meno trasparenti. Una rivoluzione non di poco conto.

Ma andiamo per ordine, partendo con lo scoprire come saranno i questionari made in Mifid 2.

«La direttiva Mifid 2 in generale non stravolge l’impianto normativo di base della Mifid 1, perché continua a basarsi sulla conoscenza del cliente tramite una serie di domande che vanno a scandagliare le stesse dimensioni, ovvero la propensione al rischio, la conoscenza, l’esperienza finanziaria e i suoi obiettivi di investimento, ossia il periodo temporale in cui si intende conservare l’investimento. Ma ci sono due modifiche di dettaglio che faranno la differenza», afferma Edoardo Guffanti, partner dello studio legale Craca Di Carlo Guffanti Pisapia Tatozzi & Associati (5lex). Innnanzitutto ai risparmiatori sarà chiesta una nuova informazione, quella relativa alla capacità di sostenere le perdite. «Si tratta di un dato oggettivo che misura il grado di perdita che un individuo può sostenere per non compromettere la sua capacità di far fronte ai propri impegni finanziari, al contrario della propensione al rischio che attiene al profilo psicologico dell’investitore», prosegue Guffanti, Un esempio? Il ludopatico ha una propensione al rischio estrema, ma una bassissima capacità di sostenere le perdite. «La classificazione del cliente dovrà obbligatoriamente prevedere il calcolo del margine di tollerabilità alla perdita che si troverà ad affrontare. Noi di Moneyfarm, che già includiamo questo calcolo nel nostro processo, pensiamo che si tratti di uno strumento fondamentale per aiutare il gestore a proporre al cliente un prodotto davvero adatto alle sue esigenze», conferma Paolo Galvani, presidente di Moneyfarm. In sostanza «gli investitori, sia con rapporti già in essere sia in predicato di aprire nuove relazioni, dovranno prepararsi a una nuova profilatura a partire dal 3 gennaio 2018», avverte Lenzi.

I questionari Mifid continueranno a essere organizzati con domande a risposta multipla tra cui scegliere. Ma, questo è il secondo elemento nuovo, «a livello comunitario sono state emanate linee guida per far sì che, nella compilazione dei test, le risposte non siano date dall’investitore basandosi sulla sua autovalutazione ma su base il più possibile oggettiva», aggiunge Guffanti.

Ogni banca formulerà le sue domande, quindi, seguendo le indicazioni dell’Esma che ha voluto fornire chiarezza ed uniformità applicativa nella raccolta delle informazioni per la profilazione della clientela. «Saranno quindi eliminate le domande che impongono al cliente un’autovalutazione, e al contempo saranno inserite domande di controllo per evitare risposte tra loro incoerenti», sottolinea Guffanti. Ad esempio sono al bando richieste la cui risposta è induttiva (ad esempio: è vero che il rischio è un elemento negativo?). «La profilatura dovrà essere fatta con il cliente in maniera chiara, comprensibile e non fuorviante e tale, comunque, da ottenere dalla clientela risposte attendibili. Si dovranno anche fornire le motivazioni sull’esito della valutazione», rileva Lenzi. «Sarà in pratica un questionario meno discrezionale con nuove domande per capire realmente i bisogni del cliente e misurare per la prima volta la capacità di sostenere le perdite. Ma l’investitore che ha già firmato i moduli della Mifid 1 non percepirà la differenza», sottolinea Guffanti.
A balzare agli occhi dei risparmiatori sarà invece la trasparenza. «La grossa novità della Mifid è che l’informativa che viene data ai clienti prima della conclusione del contratto deve indicare il costo complessivo, sia in euro sia in percentuale, e il loro impatto sul rendimento», afferma ancora Guffanti. «Si tratta di una previsione importante perché oggi gli investitori sono destinatari di numerosi e voluminosi documenti, ma manca una sintesi su quanto costa in realtà l’investimento, aggregando le varie voci di spesa, dalla commissione di gestione, a quella di sottoscrizione fino alle imposte». Ex ante i costi sono stimati, mentre nel corso dell’investimento gli intermediari devono inviare al risparmiatore un dato consuntivo annuale. «L’investitore avrà il diritto di ricevere da parte del gestore delle informazioni fondamentali. Sia in fase di firma del contratto, riguardo per esempio all’ampiezza dell’offerta, alle strategie di investimento offerte e alla periodicità della verifica dell’adeguatezza della proposta. Sia periodicamente; e qui le principali novità riguardano i costi che dovranno essere presentati al cliente in forma aggregata, rendendo più difficili le pratiche di occultamento tuttora diffuse, al fine di offrire all’investitore una chiara visione di quanto le commissioni stiano impattando i suoi rendimenti», fa eco Galvani.

In sostanza, si potrà capire quanto costa veramente il proprio investimento, non soltanto il rendimento ottenuto. Ed è probabile che questi interventi, se applicati con rigore, portino un beneficio ai risparmiatori italiani, cui troppo spesso sono offerti investimenti finanziari con costi e rischi non valutabili, come obbligazioni strutturate, certificates, bond subordinati, fino ai fondi a cedola.

Da questo punto di vista «probabilmente la normativa non stravolgerà i modelli esistenti nell’immediato. Ma attraverso i nuovi obblighi informativi ,che per esempio puntano a far conoscere al cliente quanto del suo investimento sia finito in commissioni , sia in forma percentuale che in forma di controvalore, la speranza è che alcune strutture di costo più complesse e opache siano spazzate via dal mercato», conferma Galvani. «Infine, i clienti dovranno essere finalmente informati se la consulenza che stanno ricevendo è effettivamente indipendente o meno; ovvero se sono presenti retrocessioni sui prodotti offerti».

Infatti Mifid 2 «ridisegna un diverso modello di consulenza che può assumere due connotati: uno, indipendente, realizzato unicamente attraverso il pagamento di una parcella da parte del cliente che, in questo caso, ha a disposizione una gamma potenzialmente illimitata di prodotti finanziari, e uno non indipendente», afferma Lenzi. Il modello di consulenza prestata su base indipendente sarà quello tipico dei cosiddetti consulenti autonomi (in forma individuale o societaria), da comunicare, comunque, in maniera esplicita al cliente. Le imprese di investimento dovranno, invece, indicare se la consulenza viene prestata su base indipendente o meno. «Un particolare rilievo assumono in questo contesto i cosiddetti incentivi (inducement, ndr) in rapporto ai due tipi di consulenza. Nella consulenza indipendente la parcella pagata dal cliente è l’unico compenso previsto», spiega Lenzi. Il professionista, quindi, non può ricevere remunerazioni dalle case prodotto o da terzi. «Nella consulenza non indipendente vengono previste le retrocessioni alle reti delle commissioni pagate dal cliente alla società di gestione», afferma Lenzi. Premesso ciò, «la clientela, soprattutto quella con minore cultura finanziaria, sarà in grado di percepire la differenza?», si chiede Lenzi. Le informazioni non mancheranno e dovrebbe essere responsabilità del distributore rielaborarle. «Una novità chiave è proprio quella della product governance, i prodotti proposti dovranno essere adatti al profilo di rischio, ma anche ai bisogni del cliente. E quest’ultimo avrà a disposizione molte più informazioni su costi, oneri e incentivi relativi ai servizi di consulenza, nonché su tutte le spese che gravano sui prodotti sia ex ante sia nel momento in cui gli venga proposta una modifica del portafoglio. Proprio in riferimento agli incentivi, è da evidenziare che una delle novità assolute della Mifid 2 è il divieto di trattenimento degli stessi in caso di erogazione di consulenza su base indipendente, mentre continuano a essere ammissibili se ricevuti nell’ambito della prestazione di una consulenza non indipendente, ma caratterizzata da un alto valore aggiunto» sottolinea Mauro Panebianco, partner di PwC, che ha condotto proprio uno studio su che impatto potrà avere la Mifid 2 sulla composizione dei portafogli. «Quando viene proposta una modifica dell’asset allocation, deve essere condotta un’analisi dei costi/benefici dell’operazione e deve essere fornita al cliente una dichiarazione di adeguatezza che spieghi perché la proposta in oggetto sia adeguata.

Tra i nuovi requisiti di profilatura, vale a dire gli elementi da tenere in considerazione al fine della dichiarazione di adeguatezza, si annoverano la capacità a sostenere le perdite legata alla situazione finanziaria/patrimoniale del cliente e la tolleranza al rischio legata agli obiettivi di investimento e alle preferenze di rischio del cliente» aggiunge il partner di PwC. Dall’analisi condotta dalla società di consulenza emerge che si aprirà una nuova fase nell’offerta prodotti con un maggiore ricorso ai certificate con protezione incondizionata dei capitali, che hanno costi bassi e permettono una certa flessibilità. «Ci sarà un portafoglio fondi di base cui si assoceranno prodotti come i certificate che daranno di volta in volta la possibilità di dare protezione o di aumentare le opportunità di rendimento del portafoglio», dice Panebianco. I consulenti dovranno quindi disporre di un bagaglio di conoscenze che permetta loro di ricorrere di più a questi prodotti ancora poco diffusi in Italia. Un altro aspetto riguarda l’effetto che avrà questa operazione trasparenza sulle commissioni. In Gran Bretagna, con l’introduzione di una normativa che aumentava la trasparenza per i risparmiatori, si è assistito a una discesa sia delle commissioni di consulenza sia di quelle di gestione. Le prime sono passate da 150 punti base a meno di 100 punti base, le seconde da 120 punti a 85. Nel complesso, quindi, il cliente si è trovato un taglio di circa 100 punti base. «In Italia il calo probabilmente non sarà immediato, ma ci sarà nel tempo», aggiunge Panebianco.

Intanto le sgr hanno iniziato ad attrezzarsi non solo classificando i fondi in base alle diverse tipologie di investitore al quale potranno essere collocati, ma anche decidendo come muoversi sul fronte dei costi di ricerca. La normativa prevede infatti che gli operatori finanziari rendano noti al cliente i costi sostenuti per le proprie attività di ricerca e decidano come finanziarli. Alcuni asset manager hanno stabilito di non riaddebitare ai clienti i costi per i servizi di ricerca relativi a tutti i fondi e i mandati cliente che rientrano nella direttiva Mifid 2 (vedere tabella in pagina). Il tema delle commissioni naturalmente riguarda non solo chi produce fondi, ma anche chi li distribuisce. E la Mifid 2 alzerà un velo su entrambi gli aspetti. Uno studio di Mediobanca pubblicato a giugno sottolineava come «i costi nel settore del private banking italiano sono generalmente troppo alti per prodotti standardizzati». E sempre lo studio aggiungeva che «la situazione è ancora più preoccupante per i clienti di massa e affluent. In particolare crediamo che l’investitore non sia consapevole che circa il 50% della sua performance lorda sia erosa dai costi o che questi vengano applicati anche quando la performance è negativa». Da questo punto di vista anche le reti di vendita si stanno preparando. Uno studio di Equita su Banca Generali sottolinea che la società ha le carte in regola per affrontare questa situazione. «La Mifid 2 in arrivo e i bassi rendimenti attesi, metteranno sotto pressione i margini di tutto il settore. La società ritiene di poter compensare questa pressione attraverso i servizi di trading, fee di consulenza e vendita di strutturati. Inoltre rispetto a chi ha la fabbrica prodotti ha il vantaggio di poter chiedere una riduzione dei costi ai gestori esterni», sottolinea infine Equita. (riproduzione riservata)

I consulenti? Saranno preziosi per esaminare i prospetti
Il risparmio è una delle più importanti risorse dell’Italia, come dimostrano le mire dei gestori esteri (Amundi con Pioneer è l’ultimo esempio). E la Mifid 2 costruisce un nuovo impianto per proteggere queste ricchezze introducendo una maggiore trasparenza che punta a rendere gli investitori più consapevoli di fronte ai mercati finanziari. Ma non è detto che questa normativa da sola funzioni e faccia evolvere i risparmiatori verso una maggior presa di coscienza. Perché ciò accada, occorre uno sforzo comune, in primis da parte dei consulenti che devono conquistare la fiducia degli investitori, ma anche di questi ultimi che devono fare la loro parte per migliorare il rapporto con il proprio consulente per avere una relazione costruttiva. E qui emerge il tema dell’educazione finanziaria. Come spiega Germana Martano, direttore generale dell’Anasf, l’associazione nazionale dei consulenti finanziari.

Domanda. I clienti riceveranno nuove informazioni e, soprattutto, sui costi la trasparenza sarà massima. Secondo lei ciò basta a tutelare il risparmiatore?
R. Un conto è imporre un obbligo, ad esempio quello di rendere noto il costo totale dell’investimento, altro conto è che questo obbligo si traduca in una trasparenza effettiva. Occorre fare lo sforzo di leggere i prospetti informativi dove le varie informazioni sono contenute. Con l’ausilio del consulente finanziario, l’investitore può elaborare tutti questi dati nuovi e ciò ha un impatto positivo sull’educazione finanziaria.

D. In che senso?
R. Se il consulente legge il prospetto dei costi insieme al cliente lo aiuta a capire il valore di tutta la catena degli operatori che intervengono nella gestione del risparmio. Tutte queste informazioni si aggiungono a quelle di base del risparmiatore contribuendo ad aumentare l’educazione finanziaria. Essere messo di fronte ai costi obbliga il risparmiatore a fare una riflessione sulle scelte fatte. Come quando si compra un’auto ci si informa del prezzo della vettura e quello dei vari optional. Con la Mifid 2, quindi, il risparmiatore, preoccupato o incuriosito, si farà delle domande e dell’altro lato ci sarà il consulente che dovrà spiegare e dare delle risposte. Tutto ciò si traduce in un’occasione in più di contatto e quindi di educazione finanziaria.

D. I risparmiatori si chiederanno se il costo che pagano vale il servizio…
R. Per i consulenti la Mifid è sicuramente anche un modo per mettersi in sana concorrenza, sapendo che la normativa indurrà i risparmiatori ad avvalersi dei loro servizi. Sarà quindi un’occasione per far emergere il valore della consulenza. Le ultime indagini Consob rilevano ancora che non c’è disponibilità a pagare per la consulenza perché finora siamo vissuti in un mondo in cui non era chiaro il valore dei vari servizi. D’altra parte, se hai un problema con la legge vai da un avvocato, allo stesso modo la gestione del risparmio necessità interlocutori specializzati. Alla fine però oggi soltanto il 15% della popolazione si avvale di un consulente.

D. Mifid 2 spaventa i banker?
R. La Mifid non spaventa più di tanto chi questo mestiere l’ha finora sempre fatto seguendo da vicino il risparmiatore. Se ci si limita all’invio delle documentazioni alle scadenze prefissate, sono soltanto carte in più da accantonare. Mentre se queste carte sono un’occasione di confronto allora sì che si fa un passo in avanti nell’aumentare la cultura finanziaria. Ma c’è un’evoluzione che è necessario avvenga: un risparmiatore non reticente ad aprirsi con il proprio consulente. Un salto culturale non da poco. Noi in Anasf lavoriamo in particolare sui giovani a cui dedichiamo anche quest’anno la nuova edizione di Economicamente, un progetto di educazione finanziaria attivo dal 2009 nelle scuole superiori di secondo grado di tutta Italia.

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