Ma, a conti fatti, l’interesse potrebbe scemare per molti
di Nicola Mondelli
A decorrere dal 1° maggio 2017 è consentito anche ai dirigenti scolastici, ai docenti, al personale educativo e al personale Ata, che possono fare valere almeno 63 anni di età, siano in possesso del requisito contributivo minimo di 20 anni e non siano titolari di altra pensione diretta o di assegno ordinario di invalidità, di chiedere di anticipare fino a tre anni e sette mesi la maturazione del diritto a pensione per raggiunti limiti di età (per il personale della scuola tale diritto si matura, fino a dicembre 2018, con 66 anni e sette mesi di età), utilizzando l’istituto dell’Ape che consente appunto l’anticipo finanziario a garanzia pensionistica introdotto nella legislazione previdenziale dall’art. 1, comma 166 e seguenti della legge 232/2016.
La disposizione che introduce una nuova modalità di anticipo pensionistico, l’Ape appunto, prevede infatti che nel periodo di cessazione anticipata dal servizio al dipendente della scuola dovrà essere erogata, a titolo di prestito, una somma mensile per 12 mensilità, esclusa la tredicesima, fino alla maturazione del diritto alla pensione di vecchiaia. La somma erogata sarà inversamente proporzionale al numero dei mesi di cessazione anticipata dal servizio. Il prestito dovrà inoltre essere restituito in 260 rate in un periodo di 20 anni. Le rate graveranno sulla pensione che sarà liquidata dall’Inps a partire dalla maturazione dei diritto alla pensione di vecchiaia.
I dirigenti scolastici, i docenti, il personale educativo e quello amministrativo, tecnico e ausiliario in servizio con contratto a tempo indeterminato che avrebbero, secondo una ricerca condotta da Azienda Scuola, i requisiti per chiedere di anticipare il trattamento pensionistico entro il 2018, sarebbero principalmente quelli nati nel 1952 (un centinaio di dirigenti, 11 mila docenti e 600 Ata), nel 1953 (sempre un centinaio di dirigenti, 15 mila docenti e 5 mila Ata), nel 1954 (alcuni dirigenti, 16.500 docenti e 5 mila Ata) e nel 1955 (un paio di centinaia di dirigenti, 19.500 docenti e 6.500 Ata), per un totale nel biennio 2017-2018 di 79.600 unità.
È opportuno precisare che si tratta di un numero per eccesso poiché a tutt’oggi non sono noti i dati sul numero dei dirigenti scolastici e del personale docente o Ata cessati a vario titolo dal servizio dal 1° settembre 2017.
Difficile in ogni caso ipotizzare quanti dei predetti dirigenti, docenti e personale Ata chiederanno nell’arco di tempo di validità dell’Ape e quindi nel periodo compreso tra il 1° maggio 2017 e il 31 dicembre 2018, di accedere all’anticipo pensionistico. L’Ape di cui trattasi, così come allo stato risulta strutturato e definito, non sembra raccogliere molte adesioni tra il personale della scuola, anche se costituito per il 75% da personale femminile
Diversi sono i motivi che rendono perplesso il personale scolastico circa la utilità o solo la convenienza di andare in pensione anticipatamente alle condizioni previste dalla legge 232/2017. Non converrà certamente al 70% del predetto personale che entro il 31 dicembre 2018 avrà presumibilmente maturato l’anzianità contributiva prevista dalla riforma Fornero per accedere a pieno titolo giuridico ed economico alla pensione di anzianità (42 anni e sette mesi per gli uomini e 41 e sette mesi per le donne). Non converrà comunque a tutti, se la voce sarà confermata, che i periodi di anticipazione non saranno utilizzati per calcolare l’ammontare della pensione.
Un altro elemento che potrebbe frenare l’uscita anticipata è quello di dovere accendere un prestito dal valore, per il momento, non quantificato e quantificabile che peserà fino a 20 anni sull’ammontare mensile della pensione.
L’imminente pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto del presidente del consiglio dei ministri citato in premessa e presumibilmente l’emanazione delle circolari applicative da parte sia dell’Inps che del Miur dovrebbero comunque fornire maggiori elementi per una decisione ponderata.
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