La scorsa settimana Luigi Di Falco, responsabile Vita e Welfare di ANIA, è interventuo alla Camera per un’audizione riguardante la Risoluzione 7-01191 Fregolent “Interventi in materia fiscale, assicurativa e finanziaria sulle tematiche ambientali”.
La Risoluzione dedica infatti particolare attenzione all’esigenza di garantire il ripristino ambientale, facendo riferimento a un “sistema di assicurabilità del rischio ambientale che vada al di là del meccanismo di responsabilità civile verso terzi e che veda le compagnie assicurative direttamente impegnate nell’attività di ripristino ambientale…”, sollecitando il Governo, nel promuovere detta assicurabilità, a rendere consequenziale “il ristoro del danno ambientale, consentendo la bonifica e il ripristino dei siti inquinati da parte di chi ha prodotto l’inquinamento attraverso l’intervento di un terzo garante”.
“Il settore assicurativo – ha detto Di Falco – condivide appieno l’esigenza di perseguire il ripristino ambientale e la possibilità che le imprese di assicurazione mettano a disposizione dell’assicurato, secondo le proprie scelte commerciali, unitamente al servizio assicurativo di risarcimento del danno, anche servizi accessori, prestati da aziende specializzate convenzionate.
Peraltro, esistono già nel mercato assicurativo italiano esempi virtuosi di coperture specifiche per rischi ambientali che, in aggiunta alla copertura assicurativa, prevedono la possibilità per l’assicurato di contattare società partner dell’assicuratore per la fornitura di una serie di servizi, quali documentazione informativa sui servizi accessibili, supporto telefonico e sopralluogo tecnico in loco, effettuazione di comunicazioni d’urgenza agli Enti preposti, identificazione, proposta di attuazione e la stima preventiva dei costi degli interventi per la messa in sicurezza e bonifica.
Tuttavia, la possibilità di erogare servizi e attività volti a supportare l’assicurato al momento del verificarsi di un danno ambientale è, e deve rimanere, una scelta imprenditoriale propria dell’impresa di assicurazione che, in un’ottica competitiva e nell’ambito della libera concorrenza, decide se e quanto arricchire la propria offerta di prodotti e servizi”.
La funzione protettiva dell’assicuratore, infatti, non può secondo l’ANIA, spingersi fino ad includere attività che per loro natura richiedono competenze molto specifiche e che solo operatori/enti estremamente specializzati sono in grado di realizzare.
“Qualora l’indicazione della Risoluzione, fosse da interpretare come obbligo delle imprese di garantire la completa esecuzione delle attività di ripristino ambientale, la risposta del settore assicurativo sarebbe fortemente critica, proprio perché equivarrebbe ad imporre un modello garantistico che mal si concilia con la natura dell’attività assicurativa”.
La garanzia in questione comporterebbe per gli assicuratori l’assunzione di rischi che non hanno natura tipicamente finanziaria e assicurativa e sono del tutto indeterminati, viste le difficoltà legate alla quantificazione dei danni ambientali.
La stessa Direttiva 2004/35/CE in materia di danno ambientale, a cui la Risoluzione fa espresso riferimento, pur considerando l’attività di ripristino fondamentale per la riparazione di questa tipologia di danni, non prevede alcun obbligo per le imprese di assicurazione di far fronte alla stessa attività, limitandosi all’art. 14 ad incoraggiare l’utilizzo e la promozione di garanzie finanziarie.
“In Italia al momento non esiste un sistema di garanzie finanziarie tipiche per i danni ambientali, essendo il nostro paese tra quelli che hanno optato per l’attuazione di tale sistema solo in via facoltativa.
Nell’attuale assetto normativo non sarebbe neppure possibile individuare il ramo nel quale inserire la suddetta garanzia. Sarebbe, altresì, difficoltoso, sempre in astratto, individuare un valore di esposizione effettiva della stessa, inteso come risarcimento massimo possibile a fronte delle spese per completare l’opera e per liquidare ogni eventuale danno in favore dell’assicurato.
Ciò comporterebbe, peraltro, l’obbligo dell’impresa di assicurazione di detenere, a fronte del rischio assunto, un capitale potenzialmente illimitato. I presupposti appena richiamati costringerebbero in definitiva le imprese di assicurazione, anche per questioni di rispetto di norme sulla tenuta delle tariffe praticate nell’ottica della stabilità dell’impresa, a individuare nei premi rilevanti misure di cautela.
In definitiva, l’atipicità della garanzia rispetto alle coperture praticabili dal settore assicurativo e le incertezze che riguardano le attività di ripristino appaiono elementi incompatibili con l’assicurazione e con le regole imposte alle imprese di assicurazione”.
L’arma vincente contro questa tipologia di rischio deve rimanere la prevenzione da realizzarsi attraverso la messa in atto di azioni specifiche quali procedure di monitoraggio e tecniche di loss prevention in grado di minimizzare la probabilità del verificarsi dell’evento avverso.
La Risoluzione richiama anche l’esigenza di “un’adeguata rivisitazione delle aliquote dell’imposta sulle polizze assicurative in materia…” e sollecita il Governo “ad assumere iniziative per prevedere l’assicurabilità del rischio ambientale per tutte le attività produttive”.
A tal riguardo, dice Di Falco, “il settore assicurativo non può che esprimere pieno apprezzamento e condivisione della proposta, tenuto anche conto che l’imposta sui premi vigente, pari al 22,25% dei premi, oltre a costituire un disincentivo ad assicurarsi, risulta anche una tra le misure più elevate nel panorama europeo. Sarebbe fortemente auspicabile non solo ridurre o eliminare detta imposta, ma riconoscere specifici incentivi fiscali a favore della scelta responsabile di assicurarsi, eventualmente nell’ambito di un più ampio riconoscimento di benefici fiscali per spese destinate a strumenti di prevenzione e mitigazione del rischio”.
Dal 2004 è in vigore un accordo tra ANIA e Confindustria per riconoscere uno sconto sul premio assicurativo alle aziende che si impegnano nel miglioramento delle proprie performance ambientali attraverso la Certificazione ISO 14001 o la Registrazione EMAS dei propri stabilimenti.
“Sarebbe opportuno che tali comportamenti virtuosi e tutte le attività di prevenzione, sicurezza e protezione dai danni fossero riconosciute e incentivate di diritto”, sottolinea Di Falco, che ha anche toccato l’argomento dei rischi a carico della pubblica amministrazione, in quanto proprietaria o gestore di insediamenti o attività potenzialmente molto inquinanti (discariche, centri di stoccaggio rifiuti, depuratori, depositi di automezzi, immobili a uso civile o uffici con cisterne interrate di gasolio, ecc.), di cui pochi sono assicurati o assicurati in maniera adeguata. Ania ritiene opportuno che in caso di appalti o autorizzazioni concessi da enti pubblici la presenza di una specifica copertura per i rischi da inquinamento sia considerata un requisito necessario, considerando altresì il rispetto di criteri di sostenibilità ambientale, sociale e di governance da parte della società un ulteriore requisito di preferenza.