di Paola Valentini
L e società di raccolta e gestione del risparmio quotate stanno per chiudere un semestre positivo sul fronte della raccolta. E questo si rifletterà, come si è visto nei primi tre mesi, anche sui numeri di bilancio. Un andamento migliore dei mercati rispetto ai travagliati sei mesi del 2016, culminati con lo shock della Brexit, e il passo della raccolta netta che continua a viaggiare su ritmi elevati (grazie ai Pir ma anche alla ripresa del risparmio gestito in generale) sono i due elementi che daranno lustro ai conti del periodo che saranno pubblicati tra circa un mese. Intanto la borsa ha premiato i titoli con rialzi anche a doppia cifra da inizio anno. Proprio in vista della fine del semestre, MF-Milano Finanza ha chiesto ai numeri uno delle quattro reti quotate un anticipazione di come si chiuderanno questi sei mesi e i programmi per il secondo semestre. Che si apre con alcune incognite (prima fra tutte la Mifid II che partirà a inizio 2018 e che darà ai risparmiatori piena visibilità dei costi perché le commissioni pagate dal cliente non saranno più espresse in percentuale ma in euro) ma anche con diverse opportunità. A partire dai Pir, i piani di risparmio a lungo termime che hanno visto debuttare diverse sgr, mentre per ora le reti sono rimaste in stand by, a parte Banca Mediolanum che ha scelto di partire subito. Ma adesso sono quasi pronte a scendere in campo anche le concorrenti: Azimut e Banca Generali lo faranno tra fine estate e inizio autunno. Mentre, sempre restando tra le quotate del settore, Anima , che non è una società di raccolta ma solo di gestione del risparmio (non avendo una rete propria) è stata la prima a lanciare un fondo Pir, già a inizio gennaio subito dopo l’entrata in vigore della relativa normativa. Che il governo ha varato perché punta a coinvolgere il risparmio privato per finanziarie le pmi che hanno un ruolo importante nel sistema Paese, in una fase in l’economia italiana ha bisogno di risorse ma il sistema bancario, come noto, fa fatica a erogare. «In base alla classificazione della Commissione europea, ci sono in Italia 136 mila pmi, che producono un valore aggiunto pari al 12% del pil. Le pmi, d’altra parte, sono spesso società più reattive nel cogliere nuove opportunità di business, a livello nazionale e anche internazionale», spiega Filippo Di Naro, vice direttore generale di Anima Sgr. I Pir rappresentano proprio quel canale che dovrebbe far affluire le risorse dalle famiglie alle imprese, visto che la relativa normativa impone che il 70% dell’investimento sia destinato alle aziende italiane e di questo importo il 30% deve andare a società non presenti nel Ftse Mib, ovvero le pmi.
Il problema è che «il segmento delle small cap in Italia è a oggi costituito da poche decine di società quotate e non riflette in modo adeguato questo contributo delle pmi all’economia italiana. Small e mid cap valgono infatti, in termini di rapporto tra capitalizzazione totale e pil, solo il 5,2% in Italia, contro il 7,9% in Europa e il 17,3% negli Usa», sottolinea Di Naro osservando che «una prova empirica dello scarso peso delle small e mid cap in borsa arriva da Morningstar, la quale dedica una categoria ai fondi specializzati in small e mid cap in Francia, in Germania e nel Regno Unito, ma non in Italia». In ogni caso, pur con questa carenza di materia prima, a sei mesi dall’avvio della normativa dei Pir sul mercato sono nati oltre 40 fondi più qualche gestione patrimoniale e polizza vita a norma con i piani di risparmio. E i loro flussi in totale, secondo le stime, hanno superato gli 1,5 miliardi di euro. «Gli importanti risultati di raccolta dei fondi comuni Pir compliant in questi primi primi mesi del 2017 hanno fatto spostare verso l’alto le attese per l’intero 2017, fino a 10 miliardi di euro di sottoscrizioni. Si sta dunque creando quella domanda istituzionale che finora mancava e che è un presupposto fondamentale per lo sviluppo di un mercato dei capitali più efficace, florido, ampio e profondo», prosegue Di Naro. Proprio Anima , come si diceva, è stata la prima sgr a debuttare fondi riservati ai Pir «con il fondo bilanciato obbligazionario Anima Crescita Italia, lanciato a gennaio, cui si è affiancato, ad aprile, l’azionario Italia Anima Iniziativa Italia», ricorda Di Naro. D’altra parte la sfida per tutti è trovare opportunità di performance in una fase di tassi ai minimi. Questo vale anche per i patrimoni più facoltosi che sui Pir vanno meno data la bassa soglia massima di accesso (150 mila euro).
E allora in questo caso, sempre restando le soluzioni legate all’economia reale, le opportunità proposte dalla reti riguardano investimenti nei fondi chiusi come, ad esempio sta facendo Azimut con Ipo Club che ha l’obiettivo di investire in una decina di imprese italiane con un valore fino a 300 milioni ciascuna per condurle alla quotazione in borsa. Si tratta di un veicolo simile a una Spac (si veda altro articolo a pagina 25) ma, a differenza di quest’ultima che investe in un’unica azienda, Ipo Club avrà in pancia più società target, in pratica si tratta di un fondo che ha in portafoglio più veicoli destinati alla quotazione.
Intanto sul fronte normativo, le società del settore si preparano alla rivoluzione Mifid II, alla pressione regolamentare in atto sulle commissioni retrocesse ai collocatori e all’aumento della complessità degli accordi distributivi per la richiesta maggiore trasparenza. Tutti fattori che cambieranno le carte in tavola, come sanno bene gli operatori che stanno sperimentando nuovi modelli di business per adeguarsi alle novità. (riproduzione riservata)
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