Il danno da perdita reddituale futura costituisce un danno-conseguenza e non un danno in re ipsa, come tale onerando la parte che lo richiede ad assolvere agli oneri di allegazione e di prova, laddove la presunzione logica presuppone la certezza degli indizi da cui trarre l’inferenza probatoria del fatto ignorato, e nella specie la Corte d’appello proprio di tali indizi ha rilevato la carenza nel giudizio, non avendo il danneggiato prodotto i cedolini della retribuzione o le dichiarazioni fiscali dalle quali rilevare il decremento reddituale da proiettare nel futuro, considerato che, dopo il sinistro, aveva mantenuto il lavoro e lo stesso trattamento retributivo e non erano stati allegati elementi circostanziali specifici dai quali risalire per via induttiva alla certezza probabilistica di un danno patrimoniale futuro.
E infatti se il danno patrimoniale futuro, derivante da lesioni personali, è da valutare su base prognostica e il danneggiato può avvalersi anche di presunzioni semplici e se, pertanto, provata la riduzione della capacità di lavoro specifica – se essa è di una certa entità e non rientra tra i postumi permanenti di piccola entità – è possibile presumere che anche la capacità di guadagno risulti ridotta nella sua proiezione futura – non necessariamente in modo proporzionale – qualora la vittima già svolga un’attività o presumibilmente la svolgerà, tuttavia, l’aggravio in concreto nello svolgimento dell’attività già svolta o in procinto di essere svolta deve pur sempre essere dedotto e provato dal danneggiato, non sussistendo alcuna correlazione univoca tra accertamento della riduzione della capacità lavorativa specifica, oggetto di indagine medico-legale, e danno patrimoniale futuro, ben potendo verificarsi che, nonostante la riduzione della capacità di lavoro specifico, non vi è stata alcuna riduzione della capacità di guadagno e che, quindi, non è venuto a configurarsi in concreto alcun danno patrimoniale.
Corte di Cassazione, sez. III Civile, 8 marzo 2017 n. 5807