Allorché il cliente deduca, come nella specie, la responsabilità civile del professionista, egli è tenuto a provare non solo di aver sofferto un danno, ma anche che questo è stato causato dall’insufficiente o inadeguata attività del professionista.
Pertanto – poiché l’art. 1223 c.c. postula la dimostrazione dell’esistenza concreta di un danno, consistente in una diminuzione patrimoniale – la responsabilità dell’avvocato per l’inesatto o mancato compimento di un’attività difensiva, da cui discenda il verificarsi una decadenza o di una preclusione, quale la mancata proposizione di tempestiva opposizione a un decreto ingiuntivo, può essere affermata solo se il cliente dimostri che l’opposizione, ove proposta, avrebbe avuto concrete possibilità di essere accolta.
La responsabilità risarcitoria dell’avvocato non può, in sostanza, ravvisarsi per il solo fatto del non corretto adempimento della prestazione professionale, occorrendo verificare se l’evento produttivo del pregiudizio lamentato dal cliente
- sia riconducibile alla condotta del primo
- se un danno vi sia stato effettivamente
- e, infine, se, ove questi avesse tenuto il comportamento dovuto, il suo assistito, alla stregua di criteri probabilistici, avrebbe conseguito il riconoscimento delle proprie ragioni
difettando, altrimenti, la prova del necessario nesso eziologico tra la condotta del legale, commissiva od omissiva, e il risultato derivatone.
Corte di Cassazione, sez. II Civile, 15 dicembre 2016 n. 25895