di Teresa Campo
Casa o fondo pensione per assicurarsi una vecchiaia senza pensieri? Il tema è di quelli da perderci il sonno: le pensioni di vecchiaia saranno sempre più esigue rispetto all’ultimo stipendio e le vedremo in età sempre più avanzate, oggi 67 anni, destinati a diventare 69 e forse anche di più nel giro di qualche decennio. Insomma una prospettiva che sa quasi di condanna, e da cui si può essere graziati solo attraverso redditi integrativi. Ma appunto, come orientarsi? L’ultima notizia è che la casa guadagna posizioni rispetto al fondo. E questo grazie alla combinazione di due fattori: i prezzi degli immobili in media sono un po’ scesi rispetto allo scorso anno e lo stesso vale per i canoni d’affitto. Ma questi ultimi sono calati un po’ meno dei valori degli immobili, facendo di conseguenza lievitare i rendimenti. In pratica con 100 mila euro oggi si acquistano più metri quadrati di una stessa abitazione, sufficienti a ottenere un canone di affitto nel complesso maggiore anche se il canone al metro quadro è più basso rispetto a un anno fa.
È quanto emerge dal confronto tra le due tipologie di investimento realizzato dalla società di ricerca Progetica che periodicamente, al mutare appunto di qualche fattore, verifica in che modo ha inciso sui ritorni offerti dai due tipi di investimento. Stavolta appunto la bilancia della convenienza pende un po’ di più verso il mattone, e questo in tutte le ipotesi considerate. Ma naturalmente scegliere per l’uno o per l’altro non è così semplice: dipende dall’età in cui si comincia a risparmiare e investire, da quanto si è disposti a impegnarsi nel seguire l’investimento, e dai propri obiettivi. E peraltro i ritorni dipenderanno da quanto si riesce a sopravvivere, periodo ovviamente non prevedibile né programmabile.
«Prima di qualunque altra considerazione c’è una domanda cui è d’obbligo rispondere per decidere cosa scegliere», spiega Egidio Vacchini, amministratore delegato di Progetica che insieme ad Andrea Carbone, partner esperto in previdenza, ha curato l’analisi. L’obiettivo è massimizzare gli introiti mensili quando si smetterà di lavorare, oppure integrare la pensione un po’ meno ma mantenendo un bene da lasciare un domani ai figli?».
Per riuscire a rispondere Progetica ha effettuato simulazioni su un numero limitato di ipotesi, in modo da evidenziare e valutare i possibili ritorni nelle varie situazioni. L’ipotesi è puntare su entrambe le asset class la stessa cifra (100 mila euro) tutta in una volta e in uno stesso momento, cioè quando l’investitore ha già 30, 40 oppure 50 anni di età. Dopodiché si analizza quale dei due strumenti ha reso di più a determinate scadenze, e cioè quando l’investitore, in pensione dai 67 anni di età, compie 70, 80, 90 o nei casi più fortunati 100 anni. Prezzi e canoni d’affitto delle case nelle varie città (molto bassi perché riferiti ai metri quadri acquistabili con 100 mila euro) sono stati ricavati dai dati dell’Osservatorio immobiliare dell’Agenzia delle Entrate, mentre la rivalutazione degli immobili è calcolata secondo le indicazioni dell’Istat. I rendimenti del fondo previdenziale sono invece quelli di uno strumento bilanciato.
Ebbene, in tali condizioni il fondo pensione riesce a vincere soltanto in caso di lunga vita del risparmiatore, 90 anni di età, meglio ancora se si doppi la soglia dei 100 anni. Solo a fronte di una prolungata sopravvivenza rispetto al momento in cui si cominciano a percepire i ritorni del fondo (67 anni) la somma dei ratei di pensione percepiti mese per mese supera il totale offerto dalla casa, cioè tutti gli affitti percepiti mese per mese dal pensionato più il valore dell’immobile rivalutato (che incasseranno gli eredi). La scommessa di vivere così a lungo può sembrare azzardata, ma in realtà neanche tanto se si considera che secondo le stime attuariali a 67 anni (l’età della pensione) le probabilità di diventare novantenni sono del 50%.
Questo vale in tutti i casi considerati, ma il fondo pensione vince più nettamente se si comincia a investire fin da giovani, mentre la casa non teme rivali se si investe da cinquantenni. In realtà in passato i fondi avevano qualche freccia in più al loro arco, ma poi la tassazione delle rendite incassate, innalzata prima dall’11 all’11,5%, dal 1° gennaio 2015 è stata portata addirittura al 20%. Nel frattempo la casa, oltre a un miglioramento dei rendimenti a causa della flessione dei prezzi, ha visto anche una riduzione del prelievo fiscale sugli affitti con l’introduzione della cedolare secca. Invece dell’aliquota marginale oggi si può pagare il 21%, che crolla addirittura al 10% in caso di affitto a canone concordato. Nessun impatto invece dall’eliminazione di Imu e Tasi dal gennaio 2016 perché riferita solo alle abitazioni principali e non alle case locate.
«Queste novità hanno solo polarizzato il risultato, ovvero con investimento da giovani e sopravvivenza lunga meglio il fondo pensione, e viceversa», spiega Egidio Vacchini di Progetica. «Ma oggi più che mai i risultati devono partire dalle finalità, e cioè rendita o bene da trasmettere».
Ma anche se vincenti in termini reddituali, le rendite immobiliari presentano più di un’incognita. Il rischio è di esporsi a periodi di sfitto oppure incappare in inquilini morosi, fattori che per un certo periodo ridurrebbero a zero la redditività. Senza contare l’impegno che richiede occuparsi di un immobile. Certo, in un caso come nell’altro si può ovviare ai problemi attraverso cauzioni, polizze assicurative e affidandosi a un’agenzia che gestisca il bene, tutte cose che però hanno un costo, che quindi inciderà sulla redditività. Nel frattempo chi ha optato per il fondo pensione si gode il suo assegno mese per mese, senza fare nulla, anche se dovesse segnare un nuovo record di longevità.
Anche lui però non è immune da fregature. Più che improvvise bizze dei mercati finanziari (azionari, obbligazionari ecc.), il rischio maggiore è quello di premorienza. In questo caso godrà solo in minima parte dell’investimento nel fondo pensione (solo 20-30 mila euro percepiti se non si superano i 70 anni). E se non arriva nemmeno all’età della pensione avrà risparmiato per niente. In cifre si ha che, a fronte dello stesso investimento effettuato a 30 anni, se il fine vita è a 70 anni, chi ha puntato sul fondo a quella data avrà incassato solo 28.829 euro contro i 222 mila che spettano a chi ha optato per una casa, di cui circa 100 mila già incassati sotto forma di canoni e il resto da distribuire agli eredi. Tra l’altro rispetto a un anno fa la rendita del fondo è rimasta costante, mentre quella della casa è migliorata del 5-6% nella componente canoni. A 90 anni però il rapporto tra i due è alla pari, 259.600 euro contro 263 mila, mentre a 100 diventa di 407 mila contro 280 mila in favore del fondo. Ancora più sbilanciata la situazione in favore delle casa per chi effettua l’investimento a 50 anni. In caso di premorienza a 70 anni, avrà percepito col fondo poco meno di 19 mila euro rispetto ai 170 mila che avrebbe reso la casa, rapporto che a 90 anni diventa di 170 mila a 222 mila (quindi la casa continua a stracciare il fondo), per arrivare vicino alla parità solo a 100 anni: 267 mila contro 243 mila euro.
«La scelta del fondo è senz’altro vincente se non si vogliono preoccupazioni e soprattutto se l’investitore non ha eredi cui tiene o che hanno bisogno», conclude Vacchini. Peraltro l’allungamento della vita media fa sì che la famosa eredità arrivi al più ai nipoti. Non a caso, per sfruttare l’immobile mentre si è in vita, si stanno affermando formule come il prestito vitalizio. Meglio sarebbe poter fare tutti e due gli investimenti, ma in alternativa si può almeno cercare di migliorare i risultati indicati. «Per esempio, un trentenne che sceglie il fondo pensione può partire con il comparto azionario, in genere più redditizio anche se più rischioso, e optare solo nell’ultimo decennio per scelte più prudenti», conclude Vacchini. «Sul fronte casa invece a dimostrarsi più redditizi sono i piccoli appartamenti o quelli in provincia: i prezzi sono più bassi che nelle grandi città. Lo sono anche i canoni, ma il divario rispetto ai grandi centri è minore, con impatto positivo sulla redditività». (riproduzione riservata)
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