di Duilio Liburdi
La nuova voluntary a regime differente sui contanti italiani o esteri: per i primi, infatti, scatterà la presunzione reddituale in modo automatico pur essendo ammessa, evidentemente, prova contraria. Nessuna presunzione, invece, indipendentemente dalla natura della sanatoria in relazione ai prelievi per i quali in linea di principio potrà essere assunto il mantenimento all’estero. Sono queste alcune delle disposizioni peculiari contenuti nel decreto legge n. 193 del 2016 convertito definitivamente in legge dal senato e che, all’articolo 7 contiene la riapertura della procedura di voluntary disclosure, sia a livello internazionale che nazionale.
La Vd nazionale e i contanti. Con una disposizione ad hoc in materia di collaborazione volontaria nazionale, viene disciplinata la specifica ipotesi in cui la stessa abbia ad oggetto, tra l’altro, contanti o valori al portatore. In questo caso viene sancito come in via presuntiva e fatta salva la prova contraria i predetti elementi siano da considerare come redditi conseguiti in quote costanti e in violazione agli obblighi impositivi, compresa l’Iva, nel 2015 e nei quattro periodi di imposta precedenti. Inoltre, vengono regolate le modalità operative con le quali «sanare» in maniera specifica i contanti e i valori al portatore. Una norma, dunque, molto rigida e innovativa rispetto alla disciplina precedente. Se l’intento è dunque quello, condivisibile, di attrarre a tassazione quello che non ha scontato tassazione in precedenza, si devono comunque formulare alcune osservazioni di natura tecnica. La prima riguarda il termine decadenziale ai fini degli accertamenti in quanto, di fatto, è solo attraverso la procedura di Vd2 che si assiste a una deroga al principio recato ad esempio dall’articolo 43 del dpr n. 600 del 1973. Infatti, con le regole ordinarie, il prossimo 31 dicembre scadrà il termine per l’accertamento del periodo di imposta 2011 mentre, per il 2010 il termine è già spirato alla fine del 2015. Il meccanismo presuntivo in qualche modo simile al redditometro considera dunque un reddito non tassato pro quota nell’orizzonte temporale 2010-2015 soltanto nell’ambito della procedura di Vd2. Una analoga disposizione non è invece prevista nell’ambito della procedura di Vd internazionale. Quindi, in caso di sanatoria del contenuto delle cassette di sicurezza, in linea di principio, non vi è alcuna presunzione automatica di redditività delle somme monitorate in occasione della sanatoria. Questo, naturalmente, non significa che non possa essere effettuata ma senza uno specifico supporto normativo come nella sanatoria nazionale. In altri termini, nel momento in cui si dovesse ricostruire il percorso delle somme depositate all’estero come precedenti prelievi in Italia, non vi sarebbe alcuna conseguenza da un punto di vista reddituale. Tale secondo aspetto, dunque, costituisce un punto di estrema differenza tra le due forme di sanatoria.
La disciplina dei prelievi. Collegata alla presunzione di redditività dei «contanti» nell’ambito della Vd nazionale vi è il tema dei prelievi. In primo luogo si dovrebbe ragionare sulla portata della prova contraria laddove, sempre nel campo della sanatoria nazionale, le somme emerse siano correlate a prelievi precedenti. Quindi, una ipotesi potrebbe essere quella di ricondurre alla evidenziazione del contante precedenti operazioni che hanno generato la disponibilità di quel contante secondo un principio di correlazione che, necessariamente, non dovrà essere trattato in modo «specifico». Infatti, sulla questione, proprio in tema di redditometro la giurisprudenza ha affermato come non sia necessario (in quanto di fatto impossibile da trovare) il nesso specifico tra disponibilità e spesa e, dunque, in questo contesto il legame dovrebbe essere assunto tra prelievo e disponibilità. Più in generale, in tema di prelievi, l’esperienza della prima edizione della sanatoria ha comportato il trattamento di quelli che non sono giustificati come disponibilità ancora esistente all’estero. Nella sostanza, l’Agenzia delle entrate nel momento in cui il contribuente non forniva spiegazioni convincenti in relazione ai prelievi (e quindi giustificandoli con spese di mantenimento di beni o di investimento), considerava le somme prelevate come non «rientrate» e ancora nella disponibilità estera del contribuente stesso. Naturalmente, questo comportamento ha incrementato la base di riferimento per il calcolo delle sanzioni in relazione alle violazioni sul monitoraggio fiscale. Deve essere ritenuto, peraltro, che a fronte di tale presunzione non sussistano obblighi dichiarativi per le somme in questione in relazione ai periodi di imposta successivi in quanto appare evidente la differenza tra la presunzione che opera in Vd e l’effettiva disponibilità che, in concreto, comunque non esiste per effetto dei prelevamenti.
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