NORMATIVE EUROPEE
tra regolamento priips e direttiva idd
Autori: Avv. Guerino Cipriano – Deloitte Studio legale Associato
ASSINEWS 280 – novembre 2016
Il legislatore italiano è stato, per una volta, precursore, quando, nella legge n. 262 del 28 dicembre 2005 (Legge sul risparmio), seguita a un periodo di scandali finanziari che avevano interessato diverse economie occidentali evolute (tra cui l’Italia), ha introdotto nell’ordinamento la nozione di “prodotti finanziari emessi da imprese di assicurazione”, riconoscendo in tal modo dignità normativa al fenomeno, già vivo in quegli anni, degli investimenti finanziari offerti dalle compagnie assicurative sotto il nomen juris di polizza assicurativa sulla vita. L’intervento legislativo in questione (con una legge – in questi giorni doveroso ricordarlo – promulgata dal Presidente Ciampi) si sarebbe rivelato quanto mai pregnante negli anni a venire, stante, da un lato, l’evoluzione, in termini di ingegneria finanziaria di prodotto, che avrebbero avuto le polizze vita unit e index linked (anche grazie alla spinta propulsiva derivante dall’inclusione di tali contratti nel novero delle operazioni di “assicurazione” ad opera dell’allora nuovo Codice delle assicurazioni), e dall’altro lato, l’avvio di un periodo storico di turbolenze nel rapporto tra investitore e offerente con la conseguente emersione di sempre maggiori istanze sistemiche di tutela e protezione del “contraente debole”. L’introduzione della nozione di “prodotto finanziario emesso da imprese di assicurazione” ha consentito poi di distinguere, sul piano della ricaduta della nozione stessa a livello di normativa primaria e regolamentare di settore (cfr. testo unico della finanza e provvedimenti attuativi delle autorità di vigilanza), due differenti regimi di tutela per il contrante-investitore, a seconda che egli sottoscriva una polizza vita “tradizionale” oppure una polizza vita qualificabile come “prodotto finanziario”. E, laddove nell’invocare l’uno o l’altro assetto di norme a sostegno delle proprie ragioni, siano sorti dei dubbi circa la reale qualificazione del contratto sottoscritto, è intervenuta la giurisprudenza, che, in questi anni, non ha mancato di tracciare un solco tra assicurazione e investimento, fondando le proprie argomentazioni sui caratteri essenziali dell’assicurazione sulla vita, individuati, da ultimo nella sentenza della Corte di Cassazione Civile n. 8412 del 24 aprile 2015, nello “scopo di previdenza, l’alea, l’ancoraggio del premio al rischio demografico, la durata prolungata”.
Nello scenario descritto viene a porsi, in totale sintonia di intenti, il legislatore dell’Unione Europea, il quale ha risposto all’esigenza di una chiara distinzione tra assicurazione sulla vita e investimento finanziario offerto da operatori di assicurazione con un approccio mirato a garantire, sul piano sistematico, l’integrazione reciproca tra i diversi campi normativi interessati. E il primo segnale di ciò è rappresentato dalla circostanza che il legislatore dell’UE ha scelto di tracciare la propria politica legislativa in tema di prodotti assicurativi-finanziari (a cui quindi dovranno ispirarsi i successivi interventi dell’Unione stessa, dei legislatori nazionali e delle European Supervisory Authorities) nella Direttiva 2014/65/UE (la c.d. MIFID II), ossia nel contesto di una disciplina a largo spettro d’azione, che persegue l’obiettivo, per suo stesso enunciato (cfr. considerando n. 13), di introdurre una regolamentazione organica delle operazioni su strumenti finanziari indipendentemente dai metodi di negoziazione utilizzati. In particolare, rileva, a tale fine, il considerando n. 87 della direttiva in parola, ove è affermato il principio secondo cui i requisiti di protezione degli investitori da essa dettati dovrebbero essere applicati in condizioni di parità agli “investimenti preassemblati in contratti assicurativi” in quanto questi ultimi sono messi a disposizione dei consumatori come potenziali “alternative agli strumenti finanziari o in sostituzione degli stessi”.
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