Sono migliaia le imprese che stanno depositando i contratti integrativi per poter accedere ai benefici concessi dalla Legge di Stabilità
Ci sono grandi riforme che producono topolini. Ci sono piccoli interventi legislativi che scardinano vecchie abitudini e determinano novità quasi rivoluzionarie. Tiziano Treu, 77 anni, già ministro, parlamentare, professore universitario, commissario straordinario dell’Inps e da anni partner di Fieldfisher, uno dei più grandi studi di consulenza aziendale e del lavoro, è abituato a misurare le parole e non ama le iperboli.

Eppure non è esagerato tradurre così il suo pensiero. Le piccole novità normative introdotte dalla Legge di Stabilità del 2015 hanno trasformato radicalmente l’orizzonte del sistema di welfare aziendale che è sta diventando un prodotto di massa.

Domanda: Professor Treu, lei è stato tra i primi ad analizzare il fenomeno del secondo welfare, quello integrativo, sviluppatosi soprattutto in alcune aziende pionieristiche. Oggi che cosa sta avvenendo?

Risposta: Siamo passati dalle esperienze prototipali a una diffusione di massa, quindi molto differenziata, di benefit e servizi da offrire, con o senza negoziato sindacale, ai lavoratori in azienda.

D. Come mai?

R. Con le opportunità di detassazione e di decontribuzione per i premi di produzione in azienda sono ormai migliaia le imprese che stanno depositando i loro contratti integrativi per poter accedere ai benefici: e questa è una grande novità indiretta per la conoscenza dei nuovi profili di organizzazione e di motivazione aziendale.

D. Nel suo ultimo libro Welfare aziendale 2.0, uscito in giugno, ha anticipato un fenomeno che sta esplodendo. Che cosa l’aveva convinta?

R. Avevamo intuito che le norme contenute nella Legge di Stabilità del 2016 avrebbero rivoluzionato il sistema del welfare aziendale, perché è stata creata una fiscalità più vantaggiosa e un po’ semplificata, e soprattutto favorevole ai piani di welfare frutto di contrattazione in azienda. Abbiamo monitorato alcune imprese, abbiamo messo a fattor comune le conoscenze di un gruppo di esperti e abbiamo subito rilevato lo spettro ampio delle forme che va assumendo il welfare in azienda.

D. Qual è stato l’elemento scatenante?

R. La legge ha prodotto sensibili vantaggi, detassazione e decontribuzione, anche alle imprese.

D. Quanto è destinato a crescere questo mercato?

R. Alla scadenza di metà luglio i contratti di produttività depositati al ministero del Lavoro erano più di 13 mila. Oggi sfiorano i 20 mila. Lo scorso anno l’osservatorio della Cisl ne censiva poco più di 4 mila. Le aziende hanno visto opportunità positive per i propri bilanci, oltre che per il benessere dei loro dipendenti.

D. Può fare qualche esempio?

R. Abbiamo censito 98 tipologie di servizi di welfare. Si va dai tradizionali piani di previdenza integrativa, ai sempre più diffusi strumenti di integrazione di prestazioni sanitarie, alla marea dei cosiddetti flexible benefits che coprono i servizi a favore del lavoratore sul fronte della mobilità casa-lavoro, quelli della mensa, fino agli asili per i figli e a tutto il loro supporto per lo studio e per la ricreazione estiva e al contributo per i genitori anziani, ma anche la palestra, per sé e per i famigliari.

D. Non c’è il rischio che siano troppi e quindi dispersivi?

R. Il rischio sarà la qualità. Se l’opportunità offerta non sarà ben utilizzata potrebbe essere un problema.

D. Di che tipo?

R. Il welfare aziendale è moneta pesante, sono servizi alleggeriti di tasse e di contribuzione. Se saranno buoni servizi, di qualità, saranno guardati con attenzione e rispetto. Se prevarranno servizi di minore qualità, come le ludoteche per i figli dei dipendenti, l’Agenzia delle Entrate potrebbe essere più occhiuta. Si perde base imponibile.

D. La nuova legge di bilancio è alle porte e c’è chi assicura che i temi del welfare aziendale non saranno trascurati. C’è il rischio che il fisco faccia già sentire il fiato sul collo di questa grande riforma inavvertita?

R. Tutto fa credere che la fase di espansione dello strumento welfare aziendale sia incrementato. I pericoli che paventavo potranno riguardare gli anni a venire, dopo aver capitalizzato le esperienze che si stanno avviando. L’orientamento dell’amministrazione è ancora espansivo.

D. Che cosa può significare in concreto?

R. Oggi possono fruire dei vantaggi solo i dipendenti che hanno un reddito da lavoro inferiore ai 50 mila euro l’anno. La soglia sarà alzata, per assicurare anche a quadri e dirigenti intermedi le opportunità degli altri dipendenti. Non solo, è stata più volte dichiarata la volontà di alzare anche la quota di premio di produzione utilizzabile. Oggi è ferma a 2.000-2.500 euro, potrebbe quasi raddoppiare, arrivando a 4 mila euro. Ma lo vedremo a metà ottobre quando sarà disponibile il testo della nuova legge di bilancio.

D. Da questo punto di vista come è messa l’Italia rispetto agli altri Paesi europei?

R. L’Ocse stila il valore dei servizi/prodotti di welfare integrativo in Italia all’1,6% del Pil, un terzo e addirittura un quarto del valore di altri Paesi europei. Quindi c’è un grande spazio per crescere non solo sul fronte dei flexible benefit, ma soprattutto sul fronte della salute. Già oggi i piani sanitari integrativi coinvolgono 8-9 milioni di lavoratori dipendenti.

D. La sanità integrativa, a differenza della previdenza integrativa non ha norme, non ha autorità di controllo. Può essere un problema?

R. È certamente un rischio. I fondi sanitari integrativi devono acquisire cultura attuariale, non solo finanziaria, hanno bisogno di fare prognosi sull’andamento di morbilità e longevità per essere sostenibili. Il legislatore, dopo anni di attenzione sul fronte della previdenza, dovrà occuparsi di salute.

D. Il welfare aziendale è una grossa opportunità per le compagnie di assicurazione?

R. Sì, ma mi sembrano un po’ lente. C’è il mondo dei broker, molto attivo, quello di nuovi e dinamici provider, ma anche le grandi banche potrebbero cogliere l’opportunità di utilizzare la loro rete, per anche servizi di welfare ai clienti. Migliorerebbe la loro reputazione avrebbero una opportunità aggiuntiva di remunerazione.

D. Come sta reagendo il mondo della consulenza a questa sollecitazione del mercato?

R. C’è un livello alto di strategia e di consulenza fiscale, legale e organizzativa. Poi c’è la delivery, la distribuzione finale di servizi. Se acquisisci rapporti con una rete di punti vendita, dai farmaci ai pannolini, puoi fare tesoreria e controllare tutto il sistema che produce servizi alle aziende. Ci sono grandi firme della consulenza aziendale che utilizzano i fornitori di servizi, altre che stanno immaginando forme di partnership più stabile con chi offre alle imprese il pacchetto per assicurare piani di welfare ai dipendenti.

10 benefit per una vita migliore
u Rimborso delle spese per l’iscrizione e la frequenza di scuole, dall’asilo nido fino ai master universitari

v Rimborso spese per campus estivi, vacanze studio, gite scolastiche, ludoteche

w Rimborso degli interessi pagati sui prestiti e sui mutui

x Rimborso-spese-mediche, odontoiatria, farmaci e ticket ospedalieri a integrazione dei fondi di categoria

y Versamenti integrativi al Fondo Pensione di categoria o a Fondi Pensione aperti

z Rimborso di spese per assistenza agli anziani e per servizi di baby sitting

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~ Spese ricreative: palestre cinema, teatri, corsi di formazione extra-professionale, abbonamenti a giornali e riviste
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