di Francesca Vercellesi
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I Lloyd’s, mercato assicurativo e riassicurativo mondiale per i rischi speciali sostenuto da forti rating finanziari e licenze internazionali, festeggiano i 30 anni in Italia e si preparano alla Brexit, ovvero all’uscita della Gran Bretagna dall’Ue che avverrà una volta conclusi i negoziati, non ancora partiti, con l’Unione Europea. «Avremmo preferito rimanere in Europa ma la democrazia è la democrazia e bisogna adeguarsi. Ora però dobbiamo riconsiderare gli aspetti logistici del nostro business europeo, e all’inizio dell’anno decideremo come muoverci. Bisogna stare attenti e muoversi prima che sia troppo tardi. Ma quando sarà il momento saremo pronti».
Chi parla è il presidente dei britannici Lloyd’s dal 2011, John Nelson, che ieri ha incontrato a porte chiuse un ristretto numero di giornalisti a Milano. Nelson ha precisato: «Stiamo valutando la costituzione di una filiale nell’Unione Europea per continuare nel business così come lo abbiamo impostato, ovvero mantenendo lo stesso accesso al mercato Ue anche una volta che il Regno Unito sarà uscito. Non sappiamo ancora se sarà un vero e proprio quartier generale o una piccola sussidiaria». Voci intorno alla questione fanno trapelare che la piazza potrebbe essere quella tedesca, peraltro primo mercato in Europa per il colosso delle assicurazioni. Il secondo è l’Italia e il terzo la Francia.
Nel 2015 il totale della raccolta premi italiana (attività diretta e di riassicurazione) si è attestata a 514 milioni di euro. I Lloyd’s in Italia assicurano quasi l’80% delle aziende dell’indice Fortune 500 e le più importanti collezioni e mostre d’arte come ad esempio la Biennale di Venezia. Mentre i numeri, a livello mondiale, parlano di 37 miliardi di euro in premi lordi sottoscritti nel 2015 e 87 miliardi di euro di sinistri liquidati dai Lloyd’s negli ultimi cinque anni. Il rating di S&P è A+, quello di Fitch AA- è A.
I Lloyd’s sono a favore del mantenimento dei passporting rights, ovvero la possibilità per le istituzioni finanziarie di avere accesso in blocco al mercato unico Ue senza dover chiedere singole licenze. «Una simile reciprocità andrebbe a favore anche delle istituzioni finanziarie Ue che operano a Londra, destinata a restare un centro finanziario importante anche dopo la Brexit», ha precisato Nelson. E ha aggiunto: «per il momento abbiamo un piccolo vantaggio dalla svalutazione della sterlina ma questa è una storia di breve periodo. Non c’è certo da esultare per l’uscita della Gran Bretagna dalla Ue. Sta di fatto che il nostro è un mercato in dollari ma la maggior parte delle spese è in sterline, quindi nel breve si registra un po’ di beneficio».
Ha precisato: «Siamo presenti in 200 Paesi, il 40% del nostro business è negli Stati Uniti, mercato che si mantiene forte e, speriamo, continui a fare da traino per l’Europa. Ma ora ci sono nuovi mercati molto interessanti per noi. L’America Latina sta crescendo, lo stesso dicasi per il Medio Oriente (i Lloyds sono a Dubai da un paio di anni, ndr) e in India stiamo mettendo in piedi il business della riassicurazione in collaborazione con l’Indian Parliamentary Commission. Dovremmo farcela per il 2017.
Anche Singapore, l’hub più grande fuori Londra, ci sta dando molte soddisfazioni. Così come la Cina e il Giappone. Abbiamo un forte ingresso di capitali da tutte queste piazze». Ha concluso Nelson: «Stiamo infine innovando la gamma di prodotti. Vi faccio un esempio: quasi il 70% della perdita del pil di un Paese deriverebbe da rischi legati alle attività dell’uomo, quali il crollo dei mercati, lo shock del prezzo del petrolio e attacchi informatici. Per quanto riguarda l’Italia, Milano, Roma, Torino e Napoli messe insieme dovrebbero produrre nel corso del prossimo decennio un pil annuale di 500 miliardi di dollari. Ma circa il 9% di questa crescita economica sarebbe a rischio da un mix di 18 minacce, sia naturali che legate all’attività dell’uomo». Non resta che attrezzarsi. (riproduzione riservata)
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