S&P continua a credere che la Brexit avrà effetti negativi sulla crescita economica del Regno Unito e dell’Eurozona, almeno fino alla fine del 2018.
E’ quanto si legge in un report dell’agenzia di rating, per cui il deprezzamento della sterlina sta avendo un impatto positivo sulle esportazioni ma peserà sugli acquisti di energia e sui consumi. Al momento S&P ritiene che, nonostante i cali della valuta domestica portino con se un aumento dell’export pari al 7%, il Pil reale britannico salirà soltanto dell’1,2% a metà 2018. La crescita nel 2016 dovrebbe quindi attestarsi all’1,8%, all’1,0% nel 2017 e all’1,1% nel 2018. Per i prossimi due anni le previsioni sono state ampiamente riviste al ribasso dall’ultima analisi di luglio. Le ripercussioni sull’economia dell’Eurozona si manifesteranno con un calo della crescita del Pil dello 0,7% nel periodo 2017-2018.
“In breve, non è crollato il mondo da nessun lato della Manica, contrariamente ai timori che il Regno Unito sarebbe entrato in recessione rallentando nettamente l’Eurozona”, ha detto Jean-Michel Six, capo economista di S&P per l’Europa, il Medio Oriente e l’Africa.
S&P scrive che, da luglio, ha più chiari i fattori che probabilmente influenzeranno l’outlook di lungo termine del Regno Unito e Eurozona, in positivo e negativo.
La reattività della Bank of England ha evitato con successo l’irripidimento della curva dei rendimenti e ha calmato il mercato dei gilt. Ma per S&P i fattori che influenzeranno l’economia reale britannica nel lungo termine sono altri due, nello specifico il mercato immobiliare e le esportazioni. Per il primo si prevede una soft landing nei prossimi 12 mesi, grazie a condizioni finanziarie ancora favorevoli. Un eventuale calo più netto sarà una conseguenza di una contrazione dei consumi e degli investimenti residenziali.
In generale, spiegano dall’agenzia, a rimanere incerto è come si bilanceranno tra loro condizioni finanziarie migliori e incertezze politiche.